Maestri BurattinaiS


War Whore

Il grido di guerra di Hillary

hillary
© controinformazione.info
Se siete uno dei milioni di Americani che ritengono Hillary Clinton un pessimo futuro Presidente, allora congratulatevi con voi stessi, perché questo è esattamente ciò che ha dimostrato ieri [ormai alcuni giorni fa, NdT]. In un discorso al Consiglio per gli Affari Esteri (CFR), la Clinton ha detto senza mezzi termini che, se nel 2016 verrà eletta, trascinerà la nazione direttamente in guerra. Ricorrendo allo stesso immaginario del suo gemello ideologico, George W. Bush, la Clinton ha tuonato per un'ora e mezzo su Siria, guerra, terrorismo, no-fly zones, guerra, Jihadismo radicale, guerra e "minacce metastatizzate", qualunque cosa esse siano. Oh, ho parlato di guerra per caso?

Seriamente, anche se i Democratici si rammaricano e sostengono di non aver mai pensato che Obama sarebbe diventato la delusione che è stata, la stessa cosa non si può dire della Clinton. Madama Segretaria ha un pedigree bello lungo e gli avvertimenti sull'etichetta sono scritti a caratteri nitidi e facili da leggere. Non c'è proprio nessuna scusa per chi voglia votare un elemento ormai ben noto come Hillary, e poi lamentarsi di non aver capito che razza di incallita, calcolatrice, vecchia bisbetica fosse veramente questa donna.

La belligeranza della Clinton è ormai cosa ben nota. E' davanti a noi, e possiamo vederla tutti. Ha votato per l'intervento in Iraq, ha sostenuto il fiasco in Libia e ora si sta caricando per la Siria. La sua politica estera assetata di sangue è solo un po' più a sinistra di quella di John McCain e del suo socio, scappato dal manicomio, Lindsey Graham. Detto in parole semplici: un voto per la Clinton è un voto, volente o nolente, per diffondere sempre più la stessa morte e distruzione in tutto il pianeta, alla eterna ricerca del dominio imperiale. E' così semplice. Ecco un estratto del suo discorso:
"...dobbiamo essere chiari su ciò che abbiamo di fronte. Dopo (i fatti di) Parigi, abbiamo visto attacchi terroristici letali in Nigeria, Libano, Iraq e un aereo civile russo distrutto sopra il Sinai. Al centro del panorama odierno del terrore c'è l'ISIS. Questi perseguitano minoranze etniche e religiose, rapiscono e decapitano i civili, uccidono i bambini. In continuazione schiavizzano, torturano e stuprano donne e bambine. L'ISIS opera su tre livelli che si autosostengono: una enclave fisica in Iraq e Siria, una rete terroristica internazionale che comprende affiliati sia in regione che altrove e una connotazione ideologica di Jihadismo radicale. Dobbiamo colpirle e distruggerle tutte e tre. E il tempo è quello che conta. L'ISIS sta dando prova di nuove ambizioni, portata e capacità. Dobbiamo fermare lo slancio di questo gruppo e poi spezzarlo"... (Una conversazione con Hillary Clinton, Consiglio per le Relazioni Estere)
Vi siete fatti il quadro? L'ISIS è dappertutto, in Siria, in Iraq, in Europa, negli Stati Uniti, nell'armadio, sotto il tappeto...., ovunque. E allora dobbiamo darci da fare e ammazzarli tutti subito, prima che stuprino le nostre donne, taglino la testa ai nostri figli e ci facciano diventare tutti loro schiavi sessuali.

Aveta già udito questo mantra prima d'ora? Magari anche solo una volta o due?

Naturalmente questa è musica alle orecchie dei fabbricanti di armi, dei banchieri tronfi e dei buoni a nulla che affollano queste pompose riunioni. A loro piace proprio l'idea di una guerra senza fine, una guerra eterna, una guerra che si allunga in tutte le direzioni, per tutti i continenti, eterna e perenne. Questo è sempre stato il sogno delle élites, vero? Essere certi che ci si scanni in continuazione, in modo che possano prestarci i soldi per comprare le armi che ci permetteranno poi di eliminarci a vicenda il più efficientemente possibile? Questa per certa gente è la ninnananna di Brahms, ma per tutti gli altri è puro inferno.

Vader

Tutti gli inganni del Sultano Erdogan

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© AP Photo/ Petros Karadjias
Quando la Cancelliera Merkel annunciò che la Germania era pronta ad accogliere tutti i siriani in quel momento presenti in Ungheria, o in fuga dalla Turchia, la cosa suscitò scalpore.

Si speculò sui motivi di quella decisione: un tentativo di recuperare l'immagine negativa del Paese, la volontà di scegliere i più istruiti e facilmente integrabili tra milioni di emigranti che si precipitavano verso l'Europa, la volontà di porre rimedio al calo demografico tedesco grazie ad una nazionalità ritenuta un po' meno "diversa".

L'accoglienza dei tedeschi, inizialmente dimostratasi calorosa, ben presto si mutò in esplicito rifiuto quando, invece delle poche centinaia di migliaia di profughi previsti, ci si accorse che l'ondata di arrivi avrebbe facilmente superato in poco tempo il milione di persone. Non fu difficile capire come fosse la stessa Turchia a incoraggiare, e perfino aiutare a partire, coloro che, residenti da mesi nei suoi inospitali campi di accoglienza, sognavano per se e per i propri famigliari migliori condizioni d vita.

Sommersa dalle critiche provenienti dai suoi stessi connazionali e da molti esponenti del suo partito, la Cancelliera organizzò, in fretta e furia, una missione ad Ankara per chiedere a Erdogan di fermare il flusso. Era proprio quello che il "sultano" voleva. Sornione e formalmente collaborativo, il turco attuò il suo ricatto. L'esodo dalle coste turche poteva essere fermato ma c'erano due condizioni cui i tedeschi, e quindi l'Europa, dovevano attenersi: un'elargizione immediata di almeno tre miliardi di euro per la gestione dei campi e, soprattutto, nessuna ulteriore opposizione all'ingresso in Europa. Al contrario, la Germania doveva facilitare la ripresa delle negoziazioni ormai "in sonno" da molti mesi.

Fino a ora, tedeschi e francesi avevano posto ostacoli all'ipotesi di un'adesione della Turchia all'Unione Europea e fu proprio contando sull'altrui contrarietà che Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, poté permettersi di giocare il ruolo di sponsor di Ankara. Eravamo sicuri che, nonostante il nostro formale appoggio, l'ipotesi sarebbe rimasta irrealizzata. Detto per inciso, l'atteggiamento del nostro Governo favorì le imprese e le esportazioni italiane che triplicarono in soli due anni.

Come mai, verrebbe da domandarci, tutta questa voglia della Turchia di voler diventare membro dell'Unione Europea? Come si concilia ciò con un Paese ove, durante il minuto di silenzio richiesto in uno stadio per commemorare la strage di Parigi, una gran parte dei presenti si è messa a fischiare e a urlare "Allah è grande" per solidarietà con i terroristi? Come si può dialogare con chi abbatte con scuse fasulle un aereo che si trova in volo per bombardare coloro che tutti gli europei (e il mondo intero) giudicano spregevoli criminali? Oramai è evidente: la politica estera della Turchia è tutt'altro che omogenea a quella dei Paesi del nostro continente e la politica interna niente ha a che fare con gli "acquis" comunitari in merito a democrazia, libertà di espressione, indipendenza della magistratura e tutela delle minoranze.

E allora, Ankara vuole davvero diventare un membro dell'Unione? E perché?

Pistol

Turchia, assassinato l'avvocato dei curdi

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© Foto: Twitter
L'opposizione scende in piazza gridando all'omicidio di regime e il Partito democratico del popolo, per la prima volta in parlamento, denuncia «l'assassinio premeditato".

La Turchia, già attraversata dalla crisi con la Russia, è un calderone in ebollizione.

Tahir Elçi, conosciuto come l'avvocato filocurdo, a metà ottobre aveva dichiarato alla CNN:
«Il Pkk non è un'organizzazione terroristica, anche se alcune sue azioni sono atti di terrorismo: è un gruppo politico, che rivendica i diritti dei curdi. Io condanno la violenza, ma le richieste politiche sono politiche».
Immediatamente fu arrestato e poi rilasciato su cauzione per «apologia di terrorismo a mezzo stampa», un reato che in Turchia prevede fino a 7 anni di reclusione.

Sabato mattina, prima di una conferenza stampa a Diyarbakir, città curda situata nel sud est della Turchia, ecco pronta l'imboscata, un taxi arriva all'improvviso, alcuni poliziotti sparano e l'avvocato Elci viene uccciso.

Per il presidente Erdogan si tratta di «un incidente che mostra quanto sia nel giusto la Turchia nella sua lotta determinata contro il terrorismo» curdo. Ma nessuno ha dubbi: l'opposizione scende in piazza gridando all'omicidio di regime e il Partito democratico del popolo, per la prima volta in parlamento, denuncia «l'assassinio premeditato".

Erdogan aveva fatto saltare il negoziato di pace con i curdi pochi mesi fa, per rinnovare lo scontro, creare allarme nel Paese e raccogliere più voti a destra.

Elci era noto in Turchia per la sua difesa dei diritti umani, soprattutto per la denuncia delle condizioni in cui vive la minoranza curda. Era stato proprio lui a richiamare l'attenzione su episodi di cronaca gravi, come la lotta a Cizre, sempre nel Sud-Est della Turchia, fra Pkk e polizia e il coprifuoco imposto dallo Stato in altre località della stessa regione.

Intanto, dal carcere di Istanbul è stata spedita una "lettera aperta" all'Unione europea. Dundar ed Erdem Gul, i due giornalisti arrestati per aver pubblicato le foto del traffico di armi con Daesh al confine siriano chiedono all'Europa di «non chiudere gli occhi sulle pratiche che violano i diritti umani e la libertà di stampa».

Eiffel Tower

La Guerre en Rose

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© Tobias Schwarz / AFP / Getty ImagesBerlino, 15 novembre 2015.
"E' la guerra": Il Presidente François Hollande nel 2015 fa eco a George W. Bush nel 2001. La Francia è entrata nella propria personale "guerra al terrore", comprensiva di un mini-Patriot Act ("état d'urgence") contro l'ISIS/ISIL/Daesh.

Esce La vie en rose, ecco La guerre en rose. La guerra, nella definizione di Hollande, sarà "senza pietà". C'è voluta una carneficina per risvegliare l'establishment francese dal torpore. Fino al 13 novembre - giorno della tragedia di Parigi - per l'Eliseo Bashar al-Assad coincideva con Daesh. Più o meno come Petro Poroshenko in Ucraina era il buono che si opponeva all' "aggressione russa".

Infatti l' "aggressione russa" ha finito per essere aggredita - per mezzo dell' esplosione del Metrojet A321 dovuta ad un attentato, come stabilito dall'FSB - ancora prima degli attacchi suicidi e delle sparatorie di Parigi.

L' "aggressione russa" ha già lanciato una seria offensiva contro Daesh, come parte della coalizione "4+1" (Russia, Siria, Iran, Iraq ed Hezbollah). La Francia, invece, sosteneva lo strano e disinteressato attacco da parte dell'inefficiente coalizione guidata dagli Stati Uniti, la quale comprende, tra gli altri, jihadisti salafiti sostenuti, finanziati e armati da Arabia Saudita e Turchia.

La carneficina di Parigi ha cambiato tutto. Al G20 di Antalya, durante un faccia a faccia di 20 minuti con il Presidente Putin, il Presidente Obama sembra abbia finalmente capito il messaggio: sì, sarà guerra. Il nemico, però, non sarà l' "aggressione russa", ma Daesh.

Non si dorme fino a Raqqa

La Francia marziale è trafelata. Jean-Yves Le Drian, Ministro della Difesa francese, "ha appena invocato l'articolo 42.7", come ha tweettato da Bruxelles. Ciò significa che ha chiesto l'aiuto ai partner dell'UE. Secondo il Trattato di Lisbona, in caso di "aggressione armata", le nazioni dell'UE hanno "un obbligo di aiuto ed assistenza con tutti i mezzi a loro disposizione".

Questa è la prima volta in assoluto che questo articolo viene invocato. Quindi l' "aggressione armata" viene da Daesh, un non-stato che si atteggia a "Califfato" con un indirizzo presso Raqqa, Siria orientale, la capitale del "Califfato". Ancora prima di chiedere l'aiuto dell'UE, la Francia stava già bombardando Raqqa, seguendo l'esempio che la Russia stava dando da settimane. Ora il plat du jour geopolitico sono i bombardamenti su Raqqa. Gli esperti di diritto internazionale storceranno il naso riguardo la legalità di tutto questo - considerato che gli attacchi delle forze aeree russe almeno erano formalmente autorizzati da Damasco.

Eufemisticamente, la Francia vuole "maggiore partecipazione militare" dalle altre nazioni dell'UE in "scenari bellici" selezionati. Nella neolingua di Bruxelles, significa bombardare Daesh ovunque in "Siraq" come se non ci fosse un domani. Dato che la logica di guerra è già stata innescata, il prossimo passo sarebbe l'invocazione dell'articolo 5 della NATO da parte della Francia - il quale afferma che un' "aggressione armata" ai danni di un alleato è rivolta a tutti - e poi il diritto di dichiarare guerra come "autodifesa", secondo la Carta dell'ONU.

L'articolo 5 è stato invocato una sola volta: dopo l'11 settembre. Il Pentagono, che gestisce la NATO, è entusiasta. Il capo Ash Carter si è lasciato scappare "Cercheremo di fare di più, stiamo cercando ogni opportunità per intervenire e attaccare [Daesh], ma abbiamo bisogno che altri entrino in gioco con noi".
"Entrare in gioco" può significare qualsiasi cosa, Ash del resto non vedeva l'ora che ci fosse guerra. La Russia? Troppo pericolosa. È dotata di tutti quei missili e altre cose nocive. Un mucchio di pazzi in mezzo al deserto? Molto meglio. Dammi un po' di Shock and Awe, baby. Per cui ora i veri uomini vanno a Raqqa. Attenzione: uno Shock and Awe remix da parte della NATO ovviamente sarebbe perfetto se portasse con sé conseguenze esplosive e non volute.

Pirates

Jet russo abbattuto dai turchi per difendere il traffico di petrolio con l'Isis

Bilal Erdogan ISIS
Bilal Erdogan in compagnia di... ISIS?
I jihadisti vendono petrolio e gas alla Turchia al mercato nero. In cambio Ankara fornisce armi e supporto logistico. Ma i raid di Putin interferiscono questo business criminale. Per questo Erdogan ha fatto abbattere un caccia russo

Negli ultimi otti mesi i tagliagole dello Stato islamico hanno venduto al mercato nero turco petrolio e gas iracheno.

Un business che, grazie alla complicità di Recep Tayyp Erdogan, ha fatto fruttare al Califfato 800 milioni di dollari. I raid russi in Siria stanno, però, mettendo i bastoni tra le ruote ai turchi che, comprando l'oro nero a metà prezzo, finanziano indirettamente l'Isis contro Bashar al Assad. "Ankara - ha accusato Vladimir Putin - ha abbattuto un aereo russo per difendere i propri traffici petroliferi con l'Isis".
"Negli ultimi 8 mesi sono stati venduti al mercato nero della Turchia il petrolio e il gas iracheno per un importo di 800 milioni di dollari, in aggiunta il prezzo era la metà rispetto a quello del mercato mondiale - ha spiegato a Sputnik Mowaffak al-Rubaie, ex consigliere per la sicurezza nazionale dell'Iraq e uno dei leader della coalizione parlamentare Stato della Legge - questo è ciò che chiamiamo l'ossigeno che alimenta l'ISIS, se noi fermeremo il flusso d'ossigeno, riusciremo a soffocarlo".
Mercoledì scorso il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov aveva già accusato Ankara di aver dato l'ordine di abbattere il bombardiere russo Su-24 dopo gli attacchi dell'aviazione russa contro le infrastrutture petrolifere e le autocisterne del Califfato. Secondo i servizi segreti russi, infatti, Bilal Erdogan, figlio del premier turco, sarebbe azionista della Bmz Ltd, una compagnia di trasporti marittimi che caricherebbe greggio dell'Isis nel porto di Ceyhan e lo venderebbe su mercati asiatici. "Le aziende logistiche di Bilal Erdogan nei porti di Ceyhan (Turchia) e di Beirut (Libano) - si legge su Rossiyskaya Gazeta - hanno dei moli speciali dove le navi cisterna consegnano il petrolio di contrabbando". In rete girano, infatti, diverse foto che ritraggono Bilal Erdogan con alcuni esponenti del Califfato a Istanbul. Tanto che il ministro degli Esteri siriano Walid Muallem ha accusato apertamente Ankara di aver abbattuto l'aereo russo per difendere gli interessi delle società petrolifere del figlio del premier.

Stormtrooper

Kiev cerca di sfruttare il conflitto tra Russia e Turchia per riprendersi la Crimea

Donbass - distruzione
© REUTERS/ Stringer
Nella speranza che Mosca sia distratta dal conflitto con la Turchia, l'Ucraina sta dando vita al blocco della Crimea. Tuttavia utilizza metodi che fanno rischiare una crisi umanitaria nella penisola e mettono in gioco le fornitura di gas e di carbone della Russia verso Kiev.

Nel momento in cui l'attenzione di Mosca è rivolta soprattutto verso la Turchia, l'Ucraina intensifica le azioni aggressive contro la Crimea, ha scritto il giornalista Maxim Tucker in un articolo per la rivista Politico.
Un funzionario ucraino di alto livello rimasto nell'anonimato ha raccontato che Kiev si accinge a sfruttare l'occasione "per riprendersi la penisola."
Tuttavia, secondo l'autore, Kiev rischia molto organizzando il blocco della Crimea. La posta in gioco è alta, in particolare sono a rischio le forniture di gas e carbone dalla Russia.
Tramite il blocco della Crimea le autorità ucraine apparentemente cercano di trasformare la penisola in un "fardello costoso" per Mosca, si rileva nell'articolo. Inoltre Kiev teme che se la questione della Crimea non sarà più all'ordine del giorno nella politica internazionale, l'Occidente potrebbe col tempo riconoscere l'annessione della penisola alla Russia.
Davanti a Bruxelles le autorità ucraine fingono di essere sotto la pressione dei nazionalisti, anche se in realtà al blocco della Crimea hanno preso parte le forze dell'ordine locali. Lunedì scorso l'azione è stata ufficialmente approvata dal governo.
In merito alle esplosioni delle linee elettriche che alimentano la Crimea, ammesso e concesso che Kiev non sia l'organizzatore del taglio delle forniture elettriche, concretamente non ha fatto nulla per impedire questo scenario.
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Jet5

Chi l'ha detto? "Un breve sconfinamento non può mai essere un pretesto per un attacco"

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Un indizio? Era il 2012 ...

"La Turchia ha il diritto di difendere se stessa e il suo spazio aereo", ha detto il presidente Obama martedì dopo che gli F-16 di Ankara avevano abbattuto un Su-24 russo che, secondo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, si era avventurato nello spazio aereo turco per un totale di 17 secondi.

Allo stesso modo, Erdogan ha detto che la Turchia stava semplicemente agendo per difendere la sua sicurezza.

Quando si tratta di NATO e Occidente è facile imbattersi in una contraddizione o due (o cinque) quando si tratta di retorica sulla politica estera, che è il motivo per cui non c'è da sorprendersi per quello che il blog americano ZeroHedge ha trovato quando ha deciso di andare a riprendere quello che Erdogan ha detto nel 2012 dopo che l'aviazione di Assad ha abbattuto un F-4 turco che aveva violato lo spazio aereo siriano.

Ecco una mappa che mostra il percorso di volo dell'F-4 e dove scomparve (via BBC):

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Megaphone

"Un'eredità dall'ambasciatore", ecco i finanziamenti USA per la propaganda all'estero

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© flickr.com/ fliegender
Come fa la propaganda americana ad infiltrarsi nei paesi stranieri? Un'inchiesta serba rivela come l'ambasciata USA supporta i media locali ed usa la sua propaganda per influenzare l'opinione pubblica e preparare gli elettori USA e l'opinione pubblica a future azioni militari e conflitti internazionali.

Cosa significa "Non sono interessato a distruggere il vostro governo"?
"Sono uno difensore della libertà di stampa fin dalla mia infanzia, perché mia madre ha un diploma in giornalismo e mio nonno era un editore. Quindi io è tutta la vita che sono circondato da giornalisti" — ha detto l'ambasciatore americano in Serbia Michael Kirby in un'intervista ai giornali serbi.
Se è stato citato correttamente viene da chiedersi come faccia a dirsi un difensore della libertà di stampa fin da bambino. Forse si sente un bambino prodigio perché sua madre era giornalista e suo nonno editore, oppure l'amore per la libertà di stampa si eredita nel patrimonio genetico. Non ci sono esempi certi, ma magari in America succede anche questo.

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© AP PHOTO/ KHALID MOHAMMEDLa tomba distrutta di Saddam Hussein a Tikrit
Kirby aggiunge che il "problema dei finanziamenti dei media serbi deve essere risolto. Ci sono troppi media che si fanno la lotta per troppi pochi soldi". Di recente sono state pubblicate le somme che le ambasciate americana e britannica donano al centro di giornalismo investigativo di Belgrado. Queste cifre sono alquanto sbalorditive e per qualche ragione vengono messe al bilancio sotto la voce "omaggi e lasciti". Lasciti? Come fanno le ONG, ed in particolare i centri di giornalismo investigativo, ad ereditare qualcosa dall'ambasciata USA o dallo stesso Kirby? Dopotutto l'Ambasciata lavora a pieno regime e l'ambasciatore stesso è sano come un pesce.

È sconcertante vedere come il cosiddetto giornalismo indipendente occidentale non abbia niente a che fare con la realtà. Prendiamo ad esempio gli articoli sulle presunte armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, che non sono mai state trovate in Iraq. Gli iracheni hanno pagato un prezzo molto alto a causa di questo esempio di "giornalismo d'inchiesta" dei media americani: 350 mila morti ed un paese distrutto e diviso. Le perdite militari degli USA ammontano a 5 mila unità.

Георгиевская ленточка

Putin: Ankara spinge ad un punto morto i rapporti tra Russia e Turchia

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© Sputnik. Alexei Druzhinin
Il presidente russo Vladimir Putin ha detto di aver l'impressione che la leadership turca stia spingendo in un vicolo cieco le relazioni russo-turche.

"Sembra che il governo turco deliberatamente stia conducendo le relazioni russo-turche ad un punto morto, ci dispiace", ha detto Putin durante il conferimento delle credenziali al Cremlino.

Secondo Putin, l'abbattimento dell'Aviazione turca del bombardiere russo Su-24 è assolutamente inspiegabile se non come una "pugnalata a tradimento alla schiena".
"Non posso non dire che riteniamo assolutamente inspiegabili i colpi alle spalle a tradimento di coloro che vedevamo partner e alleati nella lotta contro il terrorismo. Mi riferisco all'incidente con l'abbattimento del bombardiere russo da parte dell'Aviazione turca", — ha detto Putin.
Ha inoltre osservato che l'espansione dello "Stato Islamico" è frutto della passività di alcuni Paesi che hanno direttamente favorito i terroristi.
"E' la passività di alcuni Paesi, che spesso aiutano direttamente il terrorismo, ad aver portato alla ribalta lo "Stato Islamico", — ha detto il capo di Stato russo.
"Noi continueremo con perseveranza i nostri sforzi per negoziare con tutti i partner coinvolti nei negoziati di Vienna", — ha detto Putin.
Ha sottolineato che la Russia si basa sull'interesse di tutti i Paesi per un lavoro di squadra coordinato.

Blackbox

Il petrolio e l'amicizia con ISIS: segreti e conflitti d'interesse della famiglia Erdogan

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© Foto: DHA
La principale fonte di denaro di cui beneficia lo "Stato Islamico" proviene dalla vendita di petrolio. Secondo i media turchi e siriani, gestisce il trasporto e le importazioni di petrolio dai territori controllati dall'ISIS Bilal Erdogan, figlio del presidente turco.

Bilal Erdogan è il proprietario di diverse compagnie di navigazione. Secondo alcune indiscrezioni, avrebbe firmato un contratto di esclusiva per trasportare il petrolio dello "Stato Islamico" nei mercati asiatici. Le aziende logistiche di Bilal Erdogan nei porti di Ceyhan (Turchia) e di Beirut (Libano) hanno dei moli speciali dove le navi cisterna consegnano il petrolio di contrabbando, scrive "Rossiyskaya Gazeta".

In una recente intervista con i media turchi Gürsel Tekin, vicepresidente del "Partito Popolare Repubblicano", aveva dichiarato:
"il presidente Erdogan non vede alcun illecito nelle attività di suo figlio".
Secondo il capo di Stato, Bilal conduce semplicemente affari con le società giapponesi.
"Ma in realtà Bilal Erdogan è impelagato in attività terroristiche, ma fino a quando suo padre sarà alla presidenza, Bilal godrà dell'immunità," — afferma il politico turco.
Tekin ha aggiunto che la compagnia di navigazione di Bilal "BMZ ltd.", che cura gli interessi commerciali del petrolio dell'ISIS, è a conduzione familiare e le azioni della società appartengono alla famiglia e ai parenti stretti del capo di Stato. Sumeyye Erdogan, la figlia del presidente turco, gestisce un ospedale segreto che si trova in Turchia, vicino al confine siriano. Ogni giorno i camion dell'esercito turco vi portano decine di combattenti feriti dell'ISIS, che vengono curati e rispediti in Siria. Ha segnalato questo fatto un'infermiera che lavorava nella struttura ospedaliera.

Il politologo e attivista sociale siriano Ali Salem al-Assad è sicuro: i terroristi spesso trovano riparo dall'esercito siriano e dai raid dell'Aviazione russa nel territorio turco, dove liberamente vengono fatti passare dalle guardie di frontiera.