Monumento simbolo della Regione Piemonte e luogo che ha ispirato lo scrittore Umberto Eco per il best-seller Il nome della Rosa.
«Io per la Sacra sono disposto a morire». I bagliori gli illuminano il volto mentre guarda lassù, sul tetto che brucia come il monastero descritto da Umberto Eco del Nome della Rosa. Padre Giuseppe Bagatini, 82 anni, rettore del monastero, indossa un cappotto blu per coprire la vestaglia, sulla testa e un berretto di lana scura. «Vivo qui da quindici anni. Avevamo appena finito di cenare quando abbiamo visto il fumo». Ha lasciato il monastero insieme agli altri due padri rosminiani che abitano l'Abbazia, Joseph Vinod e Camillo Modesto. «Ero andato a preparare le cose per la messa di domani e mi sarei andato a dormire - racconta - Avevo acceso il computer che a un tratto si è spento. Era saltata la corrente. Ho guardato fuori dalla finestra e ho visto che eravamo avvolti da una nebbia. Quando ho capito che invece era fumo, abbiamo subito dato l'allarme».
Poco prima di mezzanotte, la Sacra di San Michele sembra essere salva. Il fuoco che i primi pompieri hanno trovato infuriare feroce, lassù sul tetto del monastero vecchio, proiettando uno spettacolo spettrale su tutta la valle, tanto da stringere il cuore a chilometri di distanza, è stato domato in un paio d'ore. Ma che fatica portare l'acqua in cima a quello sperone di roccia, tra le vie strette della storia di quest'Abbazia, monumento simbolo del Piemonte. I pompieri combattono con l'incendio e con il luogo, che non aiuta. Lungo la scalinata che sale alla Sacra è tutto un correre e trascinare manichette. Arrivano da Giaveno, Avigliana, da Rivalta, da Torino. Con autoscale e autobotti. Carabinieri che sorvegliano la strada, volontari della Croce Rossa pronti a intervenire in caso di emergenza. I padri si sono subito messi in salvo, lasciandosi alle spalle il fumo che avvolgeva la Sacra come una nebbia.
Le fiamme si sono sviluppate dal tetto in corso di ristrutturazione, da parte di una ditta di Volvera. «Lo stavamo rimettendo a nuovo perché quello vecchio - spiega il rettore - scricchiolava con il vento e quando pioveva l'acqua s'infiltrava nei piani sottostanti». Ai bordi della murata si vedono le impalcature del cantiere. Il lavoro per la sostituzione del intelaiatura di legno e delle lose, per conservare la copertura medievale, era quasi finito. Spento il fuoco vivo, è iniziata l'opera di bonifica, in mezzo al fumo denso e appiccicoso. L'intervento più insidioso, contro le fiamme latenti, tra i pezzi di legno che bruciano, che possono ridare vita all'incendio e riprendersi la rivincita. Il tetto è crollato sull'ufficio amministrativo del monastero. La prima a dare l'allarme, è stata l'impiegata, Elisa Bollea, avvisata dai padri. «Si sente puzza di fumo, cosa dobbiamo fare? Siamo preoccupati». Così, senza perdere tempo prezioso, ha messo in moto la macchina dell'emergenza, con un tam tam di telefonate, cui a sua volta a contributo la consigliera regionale Daniela Ruffino, che vive a Giaveno.
«I pompieri hanno fatto un lavoro esemplare. Hanno protetto la Sacra, impedendo all'incendio di propagarsi al resto della struttura» dice. È stato recuperato il salvabile. Computer, archivi, arredi. «Nessun bene artistico è stato compromesso dalle fiamme» assicurano i carabinieri.
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