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di Antonio Tombolini Di tanto in tanto qualcuno prova a spiegare come mai in Italia, paese in cui tutti si lamentano del fatto che si leggono pochi libri e che ci sono pochi lettori, poi si pubblichino ogni anno così tanti libri nuovi.
Ci ha provato di recente Andrea Coccia, con questo
articolo su Linkiesta, ma sbaglia anche lui: è vero il contrario di quello che scrive l'autore dell'articolo, non è la sovrapproduzione ad alimentare il vortice delle rese, è invece il meccanismo delle rese ad alimentare la proliferazione dei nuovi titoli. E il digitale non c'entra niente (se aumento l'offerta digitale non faccio del male a nessuno: non distruggo carta, non inquino, non butto via soldi inutilmente eccetera).
E non c'entrano niente neanche "l'industrializzazione" né "le grandi concentrazioni editoriali" (ridicolo, su scala mondiale Mondazzoli è un microbo).
C'entrano invece, e molto, gli usi consolidati della filiera tradizionale del libro, che gli operatori dominanti (grandi editori e distributori, che in Italia sono poi la stessa cosa) non solo faticano a superare, ma tentano disperatamente (e dissennatamente) di difendere, con una distribuzione fatta di una miriade di librerie sparse ovunque, e ora in crisi profonda, abituate come sono a un mercato drogato dal "tanto se non lo vendo lo rendo".
Ecco come funzionaIo sono un piccolo editore. Pubblico un libro perché ci credo, mi piace, lo ritengo bello e utile. Lo pubblico di carta, perché sono un "vero" editore "tradizionale". Bene. Vado in tipografia, dove mi dicono che ne devo stampare almeno mille copie, ché farne di meno tanto costa uguale. Parlo col distributore (lì sì c'è non la concentrazione, ma il monopolio ormai: Messaggerie), che mi dice che "
Ehi, se non mi dai almeno duemila copie per coprire significativamente le librerie io non posso impegnarmi a distribuire il tuo titolo".
Commenta: Aggiornamento 23 Novembre 2016 - Siamo venuti a sapere che il bolide avvistato nei cieli del Galles del Sud al minuto 15:14 è probabilmente opera di qualche artista liberale.