manuel noriega

I necrologi dei media tradizionali per il Generale Manuel Noriega non hanno raccontato la vera storia: l'ipocrisia del governo statunitense nel giustificare un'invasione sanguinosa che ha approfondito il ruolo di Panama nel traffico di droga, spiega Jonathan Marshall.


La morte dell'ex uomo forte panamense Manuel Noriega il 29 maggio ha suscitato poche lacrime, se non nessuna. Ma avrebbe dovuto innescare più riflessioni negli Stati Uniti sul suo brutto stato di servizio per la CIA, sull'ipocrisia dell'improvvisa scoperta di Washington dei suoi abusi [in Inglese] una volta che Noriega divenne un alleato non affidabile contro i Sandinisti nicaraguensi, e sull'invasione sanguinosa e illegale [in Inglese] di Panama nel dicembre 1989 ad opera dell'amministrazione George H.W. Bush.

In tutta onestà, molti giornalisti progressisti e mainstream hanno richiamato l'attenzione su questa storia inquietante nel corso degli anni. Ma pochi hanno osato mettere in dubbio il biasimo quasi universale di Noriega come protettore di trafficanti internazionali di droga. Questa accusa incendiaria - fatta per la prima volta in pubblico dall'improbabile trio composto dal senatore di destra Jesse Helms, Repubblicano del North Carolina; dal senatore Liberale John Kerry, Democratico del Massachusetts; e dal giornalista investigativo Seymour Hersh [in Inglese] - incitò il pubblico americano a sostenere la sua cacciata.

noriega e bush
Il Vicepresidente George H.W. Bush incontra il generale panamense Manuel Noriega a metà anni ’80, quando Noriega veniva considerato un alleato chiave per aiutare i Contras nicaraguensi a muovere una brutale guerriglia per rovesciare il governo Sandinista
Dopo l'invasione americana, che provocò la morte di centinaia di Panamensi e 23 soldati USA, Noriega venne arrestato il 3 gennaio 1990 da agenti dell'antidroga statunitense. Il Presidente George H.W. Bush dichiarò che
"l'arresto e il ritorno negli Stati Uniti di Noriega dovrebbero inviare un segnale chiaro che gli Stati Uniti sono seri nella loro determinazione che coloro che sono accusati di promuovere la distribuzione delle droghe non possono sfuggire alla giustizia".
L'Ambasciatore degli Stati Uniti Deane Hinton definì l'invasione "la più grande retata antidroga della storia". Dichiarato colpevole nel 1992 per otto capi d'accusa, dopo quello che i funzionari hanno definito "il processo del secolo", Noriega è stato condannato a 40 anni di carcere. Anche se rilasciato in anticipo dalle carceri statunitensi, ha trascorso il resto della sua vita nelle prigioni francesi e panamensi.

La pubblicità risultante ha creato miti duraturi su Noriega e sulle droghe. I giornalisti in teoria più informati hanno descritto Noriega come "uno dei più grandi signori della droga del mondo", per citare Time Magazine [in Inglese]. In realtà, Louis Kellner, avvocato americano che ha seguito la sua accusa e il processo di Miami, ha ammesso: "Noriega non è mai stato un attore importante nelle guerra di droga".

Infatti, nel peggiore dei casi, era un pesce piccolo rispetto ai dittatori militari dell'Honduras, la cui epica protezione del traffico di cocaina è stata tollerata da Washington in cambio dell'utilizzo del paese come base per le operazioni dei Contras contro il governo Sandinista del Nicaragua negli anni '80.

Un processo profondamente errato

Alcuni osservatori del lungo, costoso e controverso processo pensano che non abbia affatto dimostrato la colpevolezza di Noriega.

David Adams, che ne ha ampiamente parlato per il quotidiano londinese Independent, ha affermato che le ragioni del governo sono state "guastate da testimoni bugiardi e incompetenti e da una presentazione scadente".

Peter Eisner di Newsday ha affermato che il Giudice William Hoeveler, che presiedeva il processo, avrebbe detto che "il risultato avrebbe potuto essere diverso" se Noriega fosse stato rappresentato meglio.

Anche se il governo ha chiamato al banco dei testimoni più di due dozzine di persone, la loro testimonianza non è stata sempre rilevante o credibile.

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Il generale panamense Manuel Noriega viene scortato su un aereo della U.S. Air Force da agenti della Drug Enforcement Administration dopo il suo arresto nel gennaio 1990. (Foto delle forze armate americane)
Paul Rothstein, professore di diritto all'Università di Georgetown ed ex presidente della commissione giudiziaria penale della American Bar Association, disse riguardo ai testimoni del governo, "quello che venne fatto passare per il barrito degli elefanti si rivelò essere lo squittio dei topi". I grandi signori della droga godettero di grandi ricompense per raccontare alla giuria quello che voleva il governo. Il giornalista Glenn Garvin osservò, "Per condannare Noriega, l'accusa dovette fare una raffica di accordi con altri narcotrafficanti sotto accusa, riducendo un totale di 1.435 anni di prigione ad 81". Il feroce critico di Noriega, R. M. Kostner, dichiarò:
"L'accusa non si fece scrupoli a corrompere i testimoni. Quello che hanno ottenuto i co-imputati per declamare le loro filippiche mi ha fatto desiderare talvolta di venire accusato. I procedimenti erano quasi totalmente politicizzati. Era chiaro fin dall'inizio che, indipendentemente dalle prove, Noriega non poteva essere assolto - una cosa molto triste per gli Stati Uniti".
Anni dopo, altri testimoni che non sono mai stati chiamati in causa hanno contraddetto il governo. L'ex signore della cocaina di Medellín, Juan David Ochoa Vásquez, ha affermato in un'intervista a Frontline [in Inglese] che "[Noriega] non ci ha mai protetto... Per quanto ne so non aveva niente a che fare col traffico di droga".

Greg Passic, ex capo delle operazioni finanziarie della DEA, ha dichiarato: "I Colombiani nel settore del trasporto della droga con cui ho parlato hanno affermato di non aver mai avuto a che fare con Noriega. Per trattare con lui bisognava solo pagargli più soldi, ma non ne avevano bisogno, sarebbe stato costoso".

Infatti, i funzionari della DEA hanno ripetutamente lodato la collaborazione di Noriega alle loro indagini antidroga, sia con lettere di sostegno pubbliche che in privato. Ricorda Duane Clarridge, ex capo delle operazioni in America Latina della CIA: "La DEA ci disse che stava ottenendo un grande sostegno da Panama e, in particolare, da Noriega, riguardo al contrasto del traffico di droga".

Più di un anno dopo l'invasione statunitense, quando era assolutamente inopportuno dire cose simili, una "fonte dell'antidroga federale" disse ad un giornalista:
"Noriega ci ha aiutato, non il dieci per cento, non il venti per cento delle volte, ma ogni volta che gli abbiamo chiesto di farlo, il cento per cento delle volte... Queste erano operazioni chiave... Che prendevano di mira i cartelli sia di Cali che di Medellín".
Perfino l'ambasciatore statunitense a Panama negli ultimi anni di governo di Noriega, Arthur H. Davis Jr., disse in un'intervista:
"tutto quello che so è che, per tutto il tempo che sono rimasto lì, Noriega... Ha collaborato al cento per cento col nostro popolo. Ogni volta che volevamo bloccare una nave in alto mare e gli abbiamo chiesto il permesso, lui ci ha dato il permesso... Ogni volta che sapevamo dell'arrivo di un trafficante importante, Noriega ci aiutava. E quando scoprivamo qualcosa, le [Forze di Difesa panamense] andavano là, la sequestravano e la cedevano a noi".
Rivoltandosi contro Noriega

Uno dei punti più alti della collaborazione di Noriega fu l'Operazione Pisces, un'indagine triennale sotto copertura che culminò nel 1987. Il Procuratore Generale Edwin Meese la definì "la più grande e più efficace indagine sotto copertura nella storia dell'applicazione delle leggi federali sulla droga".

Tra coloro che vennero denunciati ci furono i signori del Cartello di Medellín Pablo Escobar e Fabio Ochoa Restrepo. Panama arrestò 40 persone e sequestrò 12 milioni di dollari dai conti di 18 banche locali. Disse un procuratore statunitense che aiutò a dirigere il caso: "I funzionari panamensi con cui avevamo a che fare collaborarono con sincerità... Avrebbero potuto violare la sicurezza, e non lo hanno fatto".

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L’allora Vicepresidente George H.W. Bush col Direttore dell CIA William Casey alla Casa Bianca l’11 febbraio 1981. (Foto della Ronald Reagan Presidential Library)
L'operazione può aver soddisfatto la DEA, ma fece arrabbiare l'élite finanziaria del paese, che traeva profitti diretti dal riciclaggio di denaro. Un banchiere locale avvertì "questo potrebbe porre fine al sistema bancario panamense, perché la gente non crederà più di poter contare sul segreto bancario". Nel giro di due mesi, gli investitori spaventati ritirarono 4 miliardi di dollari sui 39 miliardi presenti nei depositi bancari, innescando la più grave crisi bancaria nella storia di Panama. Un diplomatico occidentale disse di Noriega: "I banchieri possono abbatterlo. Si stanno lamentando a Washington e hanno un grande peso". Le manifestazioni organizzate quell'estate dall'elite finanziaria di Panama - e la dura risposta di Noriega - innescarono la sua cacciata finale dal potere.

Ai banchieri si unirono i furiosi capi dei cartelli, che vedevano Noriega come un "ostacolo" alle loro operazioni di riciclaggio di denaro a Panama, secondo le parole dell'esperto di politiche antidroga Rensellaer Lee.

Un avvocato dei capi del Cartello di Cali si lamentò del fatto che i suoi clienti erano "frustrati dai problemi" che Noriega gli creava a Panama.

In seguito i capi del Cartello di Cali si vendicarono, e pagarono 1,25 milioni di dollari per corrompere un trafficante di droga perché diventasse un testimone chiave contro Noriega nel suo processo a Miami. In cambio della testimonianza, gli avidi procuratori statunitensi decisero di togliere nove anni alla sentenza di un trafficante di Cali, il fratello di uno dei principali leader del cartello, che non aveva nulla a che fare col processo a Noriega.

Quando la difesa di Noriega denunciò irregolarità, un tribunale d'appello federale si rifiutò di ordinare un nuovo processo, ma criticò il governo per essere sembrato "vicino al confine della cecità intenzionale" nella sua smania di ottenere un'incarcerazione.

I leader di Medellín erano scontenti di Noriega tanto quanto quelli di Cali. Un pilota di uno dei più grandi contrabbandieri di Medellín descrisse la reazione di Pablo Escobar dopo che Noriega approvò un'incursione su uno dei suoi laboratori della cocaina nel maggio del 1984: "Era davvero furioso con Noriega, continuava a dire "Questo tizio è morto, non me ne importa niente, è morto"".

Sarebbe sciocco affermare che Noriega, unico tra tutti i leader dell'America Centrale, si sia tenuto lontano dalla droga. Ma gran parte della sua fortuna personale è facilmente spiegabile tramite altre fonti, come la vendita di passaporti panamensi sul mercato nero.

Qualunque sia il coinvolgimento di Noriega con i trafficanti di droga, come ho già mostrato altrove, l'amministrazione Bush mostrò un cinismo incredibile quando, anche prima della sua cattura, fece giurare un nuovo Presidente di Panama che aveva fatto parte del consiglio d'amministrazione di una delle banche del paese più famose per il riciclaggio del denaro proveniente dal traffico di droga. Il Procuratore Generale di quell'amministrazione, che scongelò i conti bancari dei trafficanti di Cali, divenne poi consulente legale del principale contrabbandiere del Cartello di Cali a Panama.

Non sorprende che dopo la cacciata di Noriega il traffico di cocaina nel paese sia iniziato a crescere. Un anno e mezzo dopo il suo arresto, ignoti "esperti americani" hanno detto a Time Magazine [in Inglese] che "il risultato inaspettato... è che il cartello di Cali ha stabilito una base a Panama, e da allora ha inondato il paese, insieme al Messico, al Guatemala e ai Caraibi, di grandi quantità di cocaina destinate agli Stati Uniti e all'Europa".

Oggi, però, tutto questo è stato dimenticato, insieme al discutibile corso della giustizia durante il processo a Noriega. Noriega, anche da morto, non merita alcuna elogio, ma merita un giudizio storico più equilibrato.

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Articolo di Jonathan Marshall pubblicato su Consortium News l'1 giugno 2017.

Traduzione in Italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

[Le note in questo formato sono del traduttore]