Dalla Groenlandia al Sud America
Qualche mese fa è stata definitivamente confermata l'origine meteorica di un cratere di una trentina di chilometri di diametro, in Groenlandia, scoperto nel 2015 nel corso di un progetto di mappatura satellitare: situato a un chilometro di profondità sotto un ghiacciaio continentale, il cratere è il risultato di un impatto così imponente da avere avuto effetti evidenti sul clima dell'emisfero nord del pianeta.
Altre prove a sostegno di questa versione dei fatti sono presentate adesso in uno studio, pubblicato su Nature Scientific Reports, condotto dal paleontologo cileno Mario Pino e da un team internazionale di ricercatori.
La ricerca ha preso il via qualche anno fa, quando il paleontologo scoprì, nei sedimenti in una località del Cile, uno strato "nero opaco" datato a 12.800 anni fa, coincidente con la scomparsa della megafauna del Pleistocene e con mutamenti quasi improvvisi della vegetazione.

Lo studio della stratificazione ha rivelato la presenza di microsferule (che si formano a temperature molto elevate), concentrazioni insolite (per il nostro pianeta) di oro e di platino e particelle di ferro nativo, un minerale del ferro piuttosto raro sulla Terra - oltre che pollini e semi indicatori di una mutazione climatica veloce.
Secondo i ricercatori, una parte dell'oggetto caduto in Groenlandia - o comunque nel nord del pianeta - impattò in Sud America innescando analoghe alterazioni del clima, anche se forse con effetti più evidenti. Perché a differenza di ciò che accadde nel nord del pianeta, dove la vita non sembra aver subito ricadute fortemente negative (o non si sono ancora scoperte), in Sud America l'impatto e il successivo cambiamento climatico causarono l'estinzione della megafauna (gli animali di grandi dimensioni) e furono la ragione principale del rapido declino della cultura Clovis.
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