Maestri BurattinaiS


Cult

L'Arabia Saudita ha assassinato lo Sceicco sciita Nimr al-Nimr

Martyr Nimr


L'agenzia stampa ufficiale di Riyadh, la 'SPA' (Saudi Press Agency) ha annunciato che nelle scorse ore sono state eseguite 47 condanne a morte, tra cui quella che era stata emessa nei confronti dello Sceicco Nimr al-Nimr, leader spirituale e carismatico della numerosa comunità sciita stanziata sulle rive orientali del reame saudita.


Rapito nel luglio 2012 dopo essere stato aggredito e ferito da uomini armati di pistola, lo Sceicco venne gettato in una galera del regime wahabita di Riyadh e tenuto in stato di 'incommunicado' per mesi, durante i quali la sua famiglia non sapeva nemmeno se fosse ancora in vita. Per i patimenti e il dolore la sua anziana e malata moglie spirò l'agosto seguente.

Lo Sceicco Al-Nimr non aveva mai incitato alla violenza, né aveva istigato i suoi correligionari alla ribellione contro le autorità del paese; nelle sue prediche si limitava a denunciare la violenza e la corruzione degli apparati dello Stato e ad ammonire che la persecuzione di milioni di cittadini su base settaria non avrebbe potuto durare in eterno.

Pure nel processo-farsa istituito contro di lui nella primavera del 2013 gli inquisitori sauditi lo accusarono di avere "istigato rivolte" e di aver "tentato di provocare l'intervento straniero", formula fumosa e insincera con cui Riyadh cerca di mascherare la sua ossessione iranofoba, vedendo dietro la legittima protesta degli Sciiti locali la mano (inesistente) di Teheran.

Nell'autunno 2014 la condanna a morte é stata confermata, ed é stata eseguita poco più di un anno più tardi. Nel frattempo anche il nipote dello Sceicco, Ali Baqir al-Nimr, é stato arrestato, processato e condannato a morte. Per ora non é noto se anche lui fosse incluso nel novero degli altri 46 prigionieri assassinati ieri.

Ancora una volta appare chiaro e lampante come i regimi reazionari del Golfo Persico possano tranquillamente indulgere in violazioni palesi dei più elementari Diritti Umani senza alcuna interferenza da parte delle potenze occidentali che anzi, come ha fatto pochi mesi fa il nostrano "genio fiorentino", fanno la fila fuori dai loro dorati palazzi con la mano tesa a chiedere contratti e investimenti.

Dominoes

Russia avvia azione legale contro l'Ucraina per il default su prestito obbligazionario

dollaro
© flickr.com/ Chris Potter


Kiev non ha provveduto al rimborso del debito pari a 3,075 miliardi di dollari a seguito di un prestito sottoscritto da Mosca con l'acquisto obbligazioni. L'Ucraina si trova attualmente in default.


Il ministero delle Finanze russo ha avviato una vertenza legale con l'Ucraina sul suo debito verso Mosca pari a 3 miliardi di dollari, si legge in un comunicato del ministero.

"Il ministero delle Finanze russo segnala che l'Ucraina non ha effettuato il pagamento per un importo complessivo di 3,075 miliardi di dollari a titolo di rimborso per il prestito obbligazionario sottoscritto da Mosca durante il periodo di grazia, scaduto il 31 dicembre 2015. Pertanto l'Ucraina è ora in default su questo debito," — si legge nel comunicato.

Gli eurobond dell'Ucraina, sottoscritti dalla Russia alla fine del 2013 a spese del Fondo Nazionale di Previdenza, avrebbero dovuto essere rimborsati il 20 dicembre. Il pagamento corrispondente sarebbe dovuto avvenire il giorno lavorativo successivo, il 21 dicembre, ma il denaro non è stato versato. Secondo il prospetto delle obbligazioni, il default sarebbe iniziato formalmente al termine del periodo di grazia di 10 giorni a decorrere dalla scadenza, vale a dire il 31 dicembre. L'Ucraina avrebbe dovuto pagare l'ultimo coupon da 75 milioni $ e rimborsare l'intero importo del debito.

Kiev è convinta che la Russia debba partecipare alla ristrutturazione del debito alle stesse condizioni concordate con i creditori privati stranieri. L'accordo era stato raggiunto la scorsa estate e oltre alla dilazione dei pagamenti prevede la cancellazione di parte del debito. Inoltre in precedenza Kiev aveva imposto una moratoria sul pagamento del debito verso la Federazione Russa, misura valida anche per le società che avevano contratto debiti con le banche commerciali russe.

"Dato quanto sopra indicato, il ministero delle Finanze russo si è rivolto alla società "The Law Debenture Corporation plc", conformemente alla documentazione di emissione sulle obbligazioni da parte dell'ente creditore, ed ha avviato le procedure necessarie per l'immediato avvio di una vertenza legale con l'Ucraina. L'esposto sarà depositato presso un tribunale inglese," — si legge nel comunicato del ministero.

Newspaper

Petrolio sopra 50 $, Assad resta e Merkel lascia: previsioni del Financial Times per 2016

babushka Merkel
© AFP 2015/ Thomas Kienzle


Gli esperti del "Financial Times" Germania hanno previsto una rivolta delle amministrazioni locali contro le politiche di Angela Merkel
sullo sfondo della crisi migratoria, hanno commentato l'accordo tra Mosca e Washington sulla Siria ed hanno analizzato le condizioni del mercato petrolifero.

I giornalisti del "Financial Times" hanno condiviso con i lettori le loro previsioni sullo sviluppo degli eventi economici e politici più importanti nel 2016.

Alla domanda se "il presidente siriano Bashar Assad resterà al potere", l'editorialista del giornale Roula Khalaf ha risposto affermativamente, tuttavia ha rilevato che i poteri del discusso capo di Stato siriano saranno solo nominali. Il piano concordato tra Mosca e Washington per una soluzione politico-diplomatica della crisi presuppone un periodo di 18 mesi entro cui in Siria verrà implementata la transizione del potere. La Khalaf ritiene che il processo non scorrerà senza intoppi e Bashar Assad resterà al potere fino all'ultimo.

In Germania, che lo scorso anno ha accolto circa 1 milione di profughi dal Medio Oriente, si sta sviluppando una difficile situazione politica, aggiunge il commentatore di politica estera del "Financial Times" Gideon Rachman. I sostenitori di Angela Merkel dell'Unione Cristiano Democratica (CDU) hanno apprezzato con ovazioni l'intervento del cancelliere al congresso di partito, ma il supporto dei suoi compagni di partito non è sufficiente per salvare la poltrona: Angela Merkel ha promesso di ridurre i flussi migratori in entrata, ma per lei sarà molto difficile mantenere la promessa.

"Il fattore decisivo potrebbe essere una rivolta delle autorità regionali, che si sono dichiarate impotenti nel far fronte al flusso migratorio. La minaccia interna (dalla CDU), dimostra la mancanza di solidità della Merkel," — suppone Rachman.

Il 2015 è stato un anno difficile per coloro che credevano nel rimbalzo imminente del mercato del petrolio alle posizioni precedenti, ritiene il redattore del giornale Ed Crooks. Anche il nuovo anno promette di essere complicato: nel mercato saturo potrebbe entrare l'Iran dopo la cancellazione delle sanzioni per il suo programma nucleare. Tuttavia i produttori mondiali di idrocarburi continueranno a patire l'instabilità finanziaria, a seguito della quale le imprese dovranno limitare gli impianti di perforazione ed annullare i progetti d'investimento, fatti che certamente influenzeranno il mercato.

"Il prezzo inferiore ai 50 $ per un barile di petrolio Brent è troppo basso per attirare gli investimenti industriali necessari per supportare la crescente domanda globale. Se l'economia mondiale non scivolerà nella recessione, il prezzo del petrolio potrebbe tornare a livelli più consoni," — ipotizza l'editorialista del "Financial Times".

Stormtrooper

Turchia, serie raid militari uccidono centinaia di ribelli curdi

soldati su carro armato
© Sputnik. Andrey Stenin


Quasi 300 militanti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) sono stati uccisi in Turchia durante una serie di raid militari.
Lo ha riferito lo Stato Maggiore turco. L'operazione militare ha riguardato tre distretti lungo le province di Sirnak e Diyarbakir nella Turchia sud-orientale, zone dove la maggioranza della popolazione è curda.

L'esercito turco ha dichiarato di aver disinnescato decine di ordigni esplosivi improvvisati, di aver rimosso blocchi stradali eretti dai combattenti del PKK nei distretti di Cizre e Silope e di aver distrutto una scuola utilizzata presumibilmente dai militanti per la formazione.

Il gruppo PKK, fuorilegge in Turchia, sta lottando per l'indipendenza delle regioni curde nel sud-est. I ribelli curdi stanno cercando di creare uno stato sovrano nei territori appartenenti a Turchia, Iraq e Siria.

V

Nuova dottrina Putin: "La Nato è il nemico"

putin addressing russia on new years 2016
Il presidente russo aggiorna la strategia di sicurezza nazionale con la graduatoria delle minacce alla Russia. Al primo posto gli Stati Uniti e i loro alleati. "Il terrorismo? La nascita e il consolidamento dell'Isis sono il frutto della politica dei doppi standard di alcuni Paesi"

Anno nuovo, idee nuove. Vladimir Putin ha accompagnato i russi nel 2016, con il tradizionale messaggio sullo sfondo del Cremlino che precede i rintocchi di mezzanotte, facendo gli auguri ai militari che "combattono il terrorismo internazionale". E il suo decreto n. 683 del 31 dicembre dichiara entrata in vigore la nuova Strategia della sicurezza nazionale russa. Il documento stabilisce la graduatoria delle minacce principali alla Russia per i prossimi sei anni. Al primo posto si trova la Nato, in particolare la sua espansione verso i confini russi. E il nemico principale sono gli Stati Uniti e i loro alleati.

La Svolta dello "Zar"

Il terrorismo internazionale, che Mosca dichiara di combattere in Siria, è visto come una subordinata di questo confronto: il documento strategico afferma che "la nascita e il consolidamento dell'Isis sono il frutto della politica dei doppi standard di alcuni Paesi". Una conferma nero su bianco di quello che era già stata la politica e la retorica del Cremlino nell'ultimo anno, ma con la revisione della Strategia ordinata da Putin nel luglio dell'anno scorso, diventa ufficiale. La minaccia principale è l'Occidente, in primo luogo gli Usa, che "insieme ai loro alleati vogliono conservare un ruolo dominante nelle vicende internazionali" e cercano perciò di "contrastare la politica interna ed internazionale autonoma della Federazione Russa".

MIB

Il caso Abu Omar e la sovranità dimenticata

Abu Omar


Milano, 17 Febbraio 2003. L'imam Abu Omar si sta recando in moschea, quando viene improvvisamente rapito da dieci agenti della C.I.A. viene chiuso in un furgone, pestato a sangue e trasferito in Egitto con uno dei voli segreti dei servizi americani; si tratta di un vero e proprio caso di extraordinary rendition, strumento utilizzato dagli Stati Uniti negli anni di lotta internazionale al terrorismo, consistente nel rapimento di un sospetto in un paese straniero, conducendolo poi in un paese terzo senza leggi anti-tortura.


Omar era tenuto sotto stretta sorveglianza dal SISMI (Servizio Informazioni e Sicurezza Militare), per presunti collegamenti con le organizzazioni del fondamentalismo islamico. L'imam veniva subito trasferito in Egitto, dove subisce torture e soprusi da parte degli agenti dei servizi segreti americani. Il Corriere della Sera, il 27 giugno 2005, scrive:
"È Abdelhamid Shari, direttore laico dell'Istituto islamico di viale Jenner a Milano, a confermare che l'imam rapito dalla Cia nel febbraio 2003 è detenuto in una prigione egiziana. Quella di Al Tora sulla Corniche del Cairo, come il Corriere ha rivelato due giorni fa. I familiari di Abu Omar - aggiunge Shari - hanno la possibilità di visitarlo ogni sette-dieci giorni: l'ultima volta pochi giorni fa. L'imam è provato per quanto ha patito in cella e le tracce delle sevizie «sono visibili sulla sua pelle»."
Lo stesso Corriere della Sera fa notare come sia strano il comportamento dell'Egitto. Dopo aver accettato di ricevere l'imam, nel febbraio 2003, appena un anno dopo Abu Omar viene rilasciato. La condizione per la libertà era però il silenzio, condizione espressamente non rispettata, in quanto non solo a pochi mesi dal rilascio c'è stato un nuovo internamento, ma fu lo stesso Abu Omar a denunciare le torture subite dagli agenti egiziani e americani. Scrive infatti il Sole 24 ore l'8 Gennaio 2007:
Sono stato appeso a testa in giù come un bue al macello, con le mani legate dietro la schiena e i piedi legati, sono stato sottoposto a scosse elettriche su tutto il corpo, specialmente alla testa per indebolirmi il cervello». Legato a un materasso sarebbe stato inondato da un getto d'acqua gelida collegato a una fonte di elettricità. «Ero vicino alle camere della tortura per lunghi periodi. Udivo i lamenti e le grida degli altri, volevano farmi crollare psicologicamente». Secondo El Zayat, Abu Omar ha tentato di togliersi la vita almeno una volta. Sempre secondo il legale, un uomo, apparentemente americano, sarebbe stato presente agli interrogatori. I sospetti ricadono su Robert Seldon Lady, il capo della Cia a Milano, che ha raggiunto il Cairo quattro giorni dopo l'arrivo di Abu Omar e vi sarebbe rimasto per due settimane."

Newspaper

Il Meglio del Web: Anno difficile

war in the middle east
© AP Photo/ Manu Brabo


Sarà un anno estremamente difficile. Quello che è appena finito è stato il secondo anno di guerra: di una guerra per molti aspetti inedita, che non può più essere definita come una guerra fredda.


Sono ormai numerosi gli osservatori politici che colgono i segni di uno scivolamento verso una guerra assai più vasta, con implicazioni nucleari e di altro genere non meno pericoloso. Il Papa di Roma è stato in testa a questi che i laudatores temporis acti chiamano"profeti di sventura" e che, invece, sono i più attenti osservatori del tempo presente.

Sono accadute molte cose in questo 2015. In primo luogo è diventato evidente l'attacco che l'Occidente ha scatenato contro la Russia. Offensiva iniziata il 22 febbraio 2014, con il colpo di stato di Kiev. L'Ucraina (il popolo ucraino) usata come bastone per colpire la Russia. Come risultato temporaneo, gli Stati Uniti — che sono gli ispiratori di questa svolta strategica — si sono presi l'Ucraina, dopo avere convinto l'Occidente che era la Russia ad avere aggredito l'Ucraina. E ora tocca all'Unione Europea pagare il prezzo di questa operazione, per evitare che la bomba messa nel cuore dell'Europa esploda.

2 + 2 = 4

"Razzismo" occidentale e Stato Islamico sono gemelli siamesi

jihadisti
© REUTERS/ Stringer
Lo Stato Islamico è una conseguenza. Il motivo della sua comparsa è stato il monopolio americano sul mondo, cresciuto dopo la fine dell'URSS e continuato per gli ultimi 25 anni.

Il controllo unico e privato di Washington sull'arena internazionale ha trasformato il vecchio zio Sam in un moccioso urlante che fa la prima cosa che gli passa per la testa e solo dopo pensa alle conseguenze. E' un monopolio che ha trascinato gli Stati Uniti fuori dalla logica, dentro un mondo di cinismo e improvvisazione. I risultati sono chiari: il Medio Oriente è in fiamme, attentati senza precedenti infuriano in tutto il mondo, con tragedie umane, genocidi, e orde di rifugiati in fuga.

L'Occidente afferma di difendere i valori democratici, ma se li tiene ben stretti, solo per sé stesso. "Il diritto alla vita è sacro", ma solo per gli occidentali.. e cosi via. Il comportamento dell'Occidente oggigiorno è a suo modo una forma di razzismo. Gli "ariani" dei giorni nostri sono i cittadini dell'Occidente politico, mentre ai loro occhi chiunque altro è spazzatura e può essere trattato senza alcun riguardo. Le vite degli altri non valgono un centesimo. Per il loro unico interesse geopolitico ed economico gli USA hanno saccheggiato l'intero Medio Oriente ed ora sono impegnati in una penosa offensiva contro le attività dello Stato Islamico, con le stesse possibilità di riuscire nell'impresa di rimettere il genio nella lampada.

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Trentatrè motivi per lasciare la Turchia fuori dall'Europa

Erdogan e Merkel
© AFP 2015/ TOLGA BOZOĞLU
Ogni Paese candidato a diventare membro dell'Unione Europea ha dovuto rispettare determinate condizioni per essere ammesso e in tutto sono trentatré i "capitoli" che vanno approfonditi e negoziati tra i Governi e i rappresentanti della Commissione.

Tra questi, un'importanza basilare è sempre stata data alla libertà di stampa, all'indipendenza della magistratura e al rispetto delle minoranze.

La Turchia è stata ammessa a questa "osservazione" nel 2005 e, da allora, solo 14 "capitoli" sono stati aperti ma solo uno è stato completato e cioè giudicato soddisfacente. Certamente, nessuno dei tre "acquis" sopra menzionati corrisponde a quanto l'Europa ritiene indispensabile. Al contrario, essi sono andati nettamente peggiorando e anche così si spiega la stasi in cui le negoziazioni sono piombate almeno dal 2013.

Purtroppo, dopo la visita della Cancelliera Merkel, recatasi ad Ankara per implorare il Sultano affinché fermi l'afflusso in Europa dei profughi, l'Unione, sotto ricatto, è stata obbligata a far ripartire il processo di adesione.

erdogan
© AP Photo/ Basin Bulbul, Presidential Press Service PoolIl presidente turco Recep Tayyip Erdogan.

Chess

Il "Pivot to Asia" della Russia

basketball game
© Sputnik. Alexey Filippov
Appare sempre più chiaro che la risposta della Russia alle sanzioni occidentali si sta rivelando non come una strategia di contenimento del danno ma come un'occasione di sviluppo delle regioni del profondo est della Russia e del partenariato con le nazioni asiatiche.

Questa politica può essere definita come una strategia multilivello che coinvolge vari settori:

1) Politica energetica con la costruzione di gasdotti e oleodotti che orienteranno il flusso delle materie prime energetiche dai paesi europei ai paesi asiatici. L'ultimo step di questa politica è stata la firma — avvenuta a Pechino il 17 dicembre durante la visita di stato del primo ministro Dmitrij Medvedev — per la costruzione dell'anello di congiunzione tra il tratto in territorio russo e quello in territorio cinese del gasdotto "Power of Siberia";

2) Politica monetaria tendente a favorire l'abbandono del dollaro come mezzo di pagamento degli scambi commerciali tra Russia e paesi asiatici;

3) Adesione in qualità di fondatore alla Asian Infrastructure Investment Bank, istituzione finanziaria nata per sostituire il FMI come finanziatore di progetti di sviluppo nell'aerea asiatica;