Maestri BurattinaiS


Light Sabers

Nella casa dei Saud volano i coltelli (non è una metafora)

principe arabia saudita
© AFP 2016/ ALAIN JOCARD

Il principe della Corona Mohammed bin Nayef, attualmente ministro dell'interno, ha tenuto colloqui segreti con i capi tribali del paese per prevenire la salita al trono del principino "impulsivo" Mohammed bin Salman, il favorito figlioletto del regnante Salman, 29 anni.


E' quanto ha rivelato "un importante attivista dei media saudita" all'agenzia persiana Fars. Bin Nayef, 56 anni, ha cominciato a prendere i contatti con i capi delle kabile avendo saputo che il re saudita avrebbe deciso di lasciare il trono al suo viziatissimo Bin Salman.
Già il paparino — che soffre di demenza — ha nominato costui vice-primo ministro nonché ministro della difesa; il favorito giovanotto, per diventare principe ereditario al posto dell'odiato zio Bin Nayef, ha messo in atto uno sfrenato attivismo politico: ha scatenato la guerra in Yemen, ha decapitato il rispettato sceicco Nimr al-Nimr insieme ad altri 46 per rompere di brutto con Teheran (la bestia nera della Casa), ha intrapreso il ribasso del greggio per distruggere l'Iran e Putin (e gli americani) in quanto concorrenti, profonde mezzi per i jihadisti dell'ISIS (Daesh) per distruggere Assad e l'Iraq; in queste imprese ha rovinato le finanze della monarchia wahabita, ma — pare acquistato un certo favore popolare.
E' sempre stato lui che, secondo credibili voci, il 25 settembre scorso provocò l'immane calca con strage di La Mecca, avendo deciso di passare con il suo convoglio di centinaia di limousines e la sua modesta scorta di 200 soldati e 150 poliziotti, ordinò di chiudere due delle tre corsie in uso ai pellegrini per la cerimonia della lapidazione di Satana: da 700 a 4 mila morti, secondo le stime variabili, della folla spinta di lato e accalcata in uno spazio minimo, senza via d'uscita.

Insomma, un tipo da far sembrare il dittatore nord-coreano Kim Jong Un, al confronto, un posato statista. Non è dunque strano che i principe ereditario Bin Nayef, 56 anni, avendo deciso di sbarrare il passo alle ambizioni del nipote, abbia preso accurate precauzioni: cambia d'improvviso percorsi e incontri programmati, metodi e composizione delle sue guardie del corpo; di rado visita la reggia; ancor più di rado dorme nei suoi (numerosi) palazzi, ma sta piuttosto nella magione del padre, situata in un'isola del Mar rosso, debitamente fortificata e molto munita di personale. Si sposta per lo più in elicottero e senza preavviso; se deve spostarsi su strada, si fa' accompagnare da autoblindo e un'ottantina di fedelissimi armati. Passa il tempo ad ascoltare e telefonate della reggia, che gli vengono debitamente intercettate (è ministro dell'Interno, dopotutto). E fa' bene, perché i principi rivali che aspirano a occupare il suo posto sono più d'uno. E'una bella famiglia, casa Saud; volano i coltelli, e non è una metafora.

Bin Nayef del resto è principe ereditario solo da aprile, quando il re Salman, appena salito al trono, ha licenziato il principe ereditario del precedente re, Muqrin bin 'Abd al-'Aziz Al Sa'ud (70 anni), suo mezzo fratello (ma figlio di una yemenita), nominando suo successore (quando Allah vorrà) appunto Mohamed bin Nayef, nipote diretto del fondatore della dinastia, Ibn Saud.

USA

Il Meglio del Web: Il Governo USA: La più completa organizzazione criminale mai apparsa nella Storia

us government

di Paul Craig Roberts


Unico tra le Nazioni della terra, il Governo degli Stati Uniti insiste nel sostenere che le proprie leggi e le proprie direttive debbano avere un carattere prioritario rispetto alla sovranità delle altre Nazioni. Washington sostiene il potere dei tribunali degli Stati Uniti nei confronti dei cittadini stranieri e rivendica la giurisdizione extraterritoriale dei tribunali USA su attività estere che Washington o gruppi di interesse americani non approvano. Forse la peggiore dimostrazione del disprezzo che Washington ostenta per la sovranità degli altri Paesi è quella di aver dimostrato il potere degli USA su cittadini stranieri basato esclusivamente su accuse pretestuose di terrorismo, prive di qualsiasi evidenza.

Vediamo alcuni esempi.

Washington prima costrinse il governo svizzero a violare le proprie leggi bancarie, poi costrinse la Svizzera ad abrogare le proprie leggi sul segreto bancario. Si presume che la Svizzera sia un paese democratico, ma le leggi di quel Paese sono decise a Washington da persone non elette dai cittadini svizzeri per rappresentare i loro interessi.

Consideriamo lo "scandalo del calcio" che Washington ha architettato, a quanto pare, allo scopo di imbarazzare la Russia. La sede del calcio internazionale è la Svizzera, ma questo non ha impedito a Washington di inviare agenti dell'FBI in Svizzera per arrestare alcuni cittadini svizzeri. Provate ad immaginare la Svizzera che invia i propri agenti federali negli Stati Uniti per arrestare cittadini americani.

Si consideri poi la multa di 9 miliardi di dollari che Washington ha appioppato ad una banca francese per non aver ottemperato pienamente alle sanzioni USA contro l'Iran. Questa asserzione del controllo di Washington su un istituto finanziario estero è ancor più incredibilmente illegale in considerazione del fatto che le sanzioni imposte all'Iran da parte di Washington, con la richiesta che altri paesi sovrani vi aderiscano, sono esse stesse totalmente illegali. Infatti, questo è un caso di triplice illegalità, dato che le sanzioni sono state imposte sulla base di accuse inventate e menzognere.

Oppure consideriamo quando Washington impose la sua autorità facendo pressione sul contratto tra un costruttore navale francese ed il governo russo, costringendo la società francese a violare il contratto con perdite di miliardi di dollari per la società stessa e di un gran numero di posti di lavoro per l'economia francese. Questo è stato parte di un piano con cui Washington voleva dare ai russi una lezione per non aver seguito i suoi ordini in Crimea.

Provate ad immaginare un mondo in cui ogni paese imponga l'extraterritorialità delle proprie leggi. Il pianeta sarebbe nel caos permanente con il PIL mondiale sospeso in battaglie legali e militari. I neocon di Washington sostengono che la Storia ha prescelto l'America per esercitare la sua egemonia sul mondo (il paese "eccezionale"), di conseguenza nessun'altra legge è rilevante. Conta solamente la volontà di Washington.

Better Earth

Il Giappone apre al ritorno della Russia nel G8. Chi è isolato ora?

abe e putin

Un dialogo appropriato con la Rusisa e con il presidente Putin è importantissimo. Il premier giapponese Abe


Una delle grandi ironie della politica estera dell'amministrazione Obama è che Washington ha iniziato il 2009 con l'idea di normalizzare i rapporti gelidi con la Russia e ha concluso il 2015 con la peggiore dinamica USA-Russia dai tempi della guerra fredda.

A dire il vero, non è tutta colpa di Washington - ma la maggior parte.

Naturalmente la comunità internazionale, probabilmente avrebbe dovuto frenare il suo entusiasmo sin dall'inizio, dal momento in cui l'intero sforzo ha preso il via con un inizio piuttosto infausto quando l'allora segretario di Stato Hillary Clinton ha regalato a Sergei Lavrov un grosso pulsante rosso che avrebbe dovuto simboleggiare il "reset" (un cenno al "reset" dei rapporti tra Washington e Mosca).in realtà, la traduzione russa di «reset» stampata sul bottone, «peregruzka», era sbagliata e in russo significa "sovraccarico".

reset

Dominoes

La Russia risponde alla NATO con il dispiegamento di forze nel Mar Nero

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L'iniziativa NATO (proposta Romania) di creare una flotta sul Mar Nero obbliga Mosca alle contromisure militari. Escalation senza fine?


Nel 2016, la Russia aumenterà la sua presenza militare nella parte occidentale del paese, nella regione artica, nel Distretto dell'Estremo Oriente, nelle acque del Mar Nero e del Mar Caspio. Ma le manovre più importanti per le Forze Armate e la Marina Militare si svilupperanno nel sud e sud-est della Russia nel settembre di quest'anno. Lo ha rivelato una fonte del ministero della Difesa russo intervistato dal quotidiano 'Novaja Gazeta' .

L'obiettivo principale di queste manovre è quello di migliorare le capacità di combattimento delle truppe nelle province russe di Krasnodar e Rostov, e formare la flotta del Mar Caspio e del Mar Nero, che sarà integrata con nuove navi da combattimento. Solo nel 2015, la Flotta del Mar Nero ha avuto 15 navi da guerra moderne in dotazione in più.

L'intensa attività della Difesa russa nel sud è motivata dalle azioni e dichiarazioni della NATO e, in particolare, di alcuni dei suoi membri. L'iniziativa è la risposta alla volontà di creare una alleanza 'Fleet Partners' nel Mar Nero da parte della Nato, la presenza permanente nei pressi della frontiera marittima russa di navi da guerra turche, romene, bulgare e, in un prossimo futuro, ucraine e georgiane, ha detto il capitano e esperto militare Oleg Shvedkov sempre al quotidiano russo.

L'esperto ha sottolineato che le forze della NATO potrebbero includere anche le navi da guerra degli Stati Uniti, Francia e Regno Unito. In ogni caso, creando una stabile unità militare nell'area, la NATO aumenterà la tensione con la Russia. In questo caso, secondo le stime degli esperti, le forze NATO nel Mar Nero potrebbero superare le capacità del russo Flotta del Mar Nero. "Ma la Russia ha abbastanza forze e gli strumenti in mare e terra (aerei, missili, ecc), per contrastare qualsiasi minaccia", ha concluso.

Le Buyan-M, Zeliony Dol e Serpukhov, dotate dei sistemi missilistici Kalibr-NK, un'innovazione della Marina russa all'operazione antiterrorismo in Siria, sono in grado di raggiungere qualsiasi obiettivo a una distanza fino a 3.000 chilometri.

Oltre alle forze della Marina Militare, la Russia ha attualmente due brigate di missili tattici Iskander-M dispiegati nelle province di Rostov e Krasnodar. Queste unità, a loro volta, controllano le acque attorno al Mar Nero e potrà cancellare qualunque destinazione nel raggio di 500 chilometri.

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Vi rendete conto cosa sta rischiando l'Italia per continuare a far parte di un'alleanza militare, strumento di aggressione degli Stati Uniti? Le parole di Sergio Romano - "Sulla Nato occorre fare un passo indietro" - sono di estrema attualità.

Stock Down

Nouriel Roubini. "I prezzi petroliferi causeranno nel 2016 una crisi come quella del 2008"

nouriel roubini
"È in corso una massiccia svendita di corporate bond legati appunto al settore energetico che rischia di destabilizzare il sistema"
Nouriel Roubini, da molti ribattezzato come il "profeta della crisi del 2008", in un'intervista a Repubblica di Eugenio Occorsio torna a parlare di un rischio immediato e concreto che i mercati tornino a crollare. "Non si può restare fermi. Le autorità fiscali e monetarie dei principali Paesi dovrebbero subito assumere un'iniziativa forte e proattiva".

La differenza tra la crisi del 2008 e quella potenziale del 2016 sta nella causa scatenante. Otto anni fa il domino è partito dai mutui subprime: "ora potrebbe essere la catena di fallimenti delle società dello shale oil, messe in larga parte fuori mercato dai prezzi del greggio e della sovraproduzione Opec".

Il segnale c'è: i strani movimenti sulle obbligazioni Usa: "È in corso una massiccia svendita di corporate bond legati appunto al settore energetico che rischia di destabilizzare il sistema", sottolinea Roubini.

E poi c'è il fermento all'interno dell'Unione europea: "L'incombente referendum sulla Brexit, la confusa situazione politica in Spagna, le persistenti tensioni nell'area euro anche se la morsa dell'austerity sembra rallentata".

La ricetta di Roubini? Ulteriore quantitative easing da parte di Mario Draghi. Diagnosi corretta, ma cura fallita e fallimentare?

Clipboard

Famiglia Cristiana. La lezione della strage di Deir Ezzor: senza Assad la Siria è dell'Isis

isis militants

di Fulvio Scaglione*

La strage di Deir Ezzor, dove le milizie dell'Isis, secondo le diverse fonti, hanno ucciso tra 200 e 400 civili, molti dei quali donne e bambini, e hanno rapito altre centinaia di persone, si candida fin d'ora a diventare una delle pagine più orrende della già orrenda guerra civile che da cinque anni dilania la Siria. I seguaci del Califfato hanno voluto, con questo raid, rispondere ai colpi ricevuti di recente, sia per opera dell'esercito regolare siriano appoggiato dai russi, che lentamente ottiene risultati sul fronte Ovest del conflitto, sia per opera di quello iracheno, appoggiato a terra dagli iraniani e dall'aria dagli aerei americani e inglesi.

Su questo lato della battaglia contro l'Isis, l'episodio più eclatante degli ultimi tempi è stata la riconquista di Ramadi, uno dei centri più importanti del cosiddetto triangolo sunnita dell'Iraq, quello che ha ai vertici appunto Ramadi, Baghdad e Tikrit. Poco prima di Ramadi era stata riconquistata Baijii, a poca distanza da Tikrit, sede di una delle più importanti raffinerie irachene. Perché questa è una delle aree petrolifere dell'Iraq e il sanguinoso attacco contro Deir Ezzor porta il segno anche di questa matrice: oltre a servire da risposta alla perdita di Ramadi, per mostrare al mondo che l'Isis non è finito, serve anche a garantire al Califfato l'approvvigionamento di greggio che è una delle principali fonti di finanziamento delle milizie. Reazione militare, petrolio e anche la necessità di mantenere aperto il collegamento tra tra la parte occupata della Siria e la parte occupata dell'Iraq, ovvero mantenere in vita il cosiddetto Siraq: ecco le tre motivazioni di questa ennesima strage dell'Isis.

Ma nella vicenda di Dei Ezzor ci sono anche due lezioni: una militare e l'altra politica. Da quasi due anni, analisti, generali, esperti di questioni della difesa, oltre che personalità di vario genere del Medio oriente, sottolineano che senza l'impiego di un esercito di terra il cancro dell'Isis non può essere estirpato. E infatti a Deir Ezzor è arrivata la solita carovana di automezzi che nessun aereo o drone, a quanto pare, è riuscito a notare.

Chess

I passi successivi della Russia in Medio Oriente

riunione
© Sputnik. Alexei Druzhinin

Le operazioni di Mosca sono orientate verso un ottimo risultato non solo negli obiettivi regionali ma anche globali. Lo ha scritto il National Interest. Già l'anno scorso la Russia è riuscita a risolvere due importanti problemi.


Lo scorso anno la campagna siriana ha chiamato Mosca a raggiungere due importanti obiettivi, scrive nel suo articolo per il National Interest Maxim Sukhov, ricercatore del Consiglio russo per gli affari internazionali e columnist di Al-Monitor.
In primo luogo, la Russia non può più essere considerata "isolata", perché costretta a collaborare con tutti i giocatori interessati. Alcuni di loro, come ad esempio l'opposizione siriana e dei paesi del Golfo, criticano pubblicamente Mosca, ma dietro le quinte continuano a condurre il dialogo. L'autore prevede che questa tendenza è destinata a continuare nel 2016.
In secondo luogo, Mosca ha fatto in modo che le élite occidentali modificassero la propria posizione per quanto riguarda il destino del presidente siriano. Il compito principale per l'Occidente non era il rovesciamento di Bashar al-Assad, ma la lotta contro il Daesh. "L'operazione militare in Siria ha confermato a Mosca il ruolo di leader nella campagna contro il Daesh. E' diventato chiaro che sia dal punto di vista politico sia da quello operativo, collaborare con la Russia è molto più redditizio che ignorarla," sottolinea l'articolo.
Mosca calcola di trasferire il conflitto siriano nella sfera politica il più presto possibile, che è abbastanza difficile. Molto probabilmente, osserva l'analista, il Cremlino cercherà una soluzione politica in Siria, in cui avrà il diritto di voto alla pari con Washington, e saranno ascoltate le sue proposte.
La strategia russa potrebbe comportare rischi imprevisti, come il deterioramento delle relazioni tra Arabia Saudita e Iran. A questo proposito, l'autore ritiene che la Russia ricoprirà una posizione neutrale.
Sukhov prevede che le relazioni della Russia con la Turchia si aggraveranno ulteriormente. Proprio questa questione potrebbe diventare un ostacolo tra Mosca e gli Stati Uniti sulla strada della regolarizzazione siriana. Russia e Iran, secondo lui, resteranno "avversari forzati e pragmatici alleati." Inoltre, se Teheran, dopo la revoca delle sanzioni, condurrà una rigida strategia nel mercato energetico, è possibile che nei rapporti con Mosca "la rivalità sarà superiore all'amicizia."
Mosca tenterà di ripristinare le relazioni con l'Egitto, raffreddatesi dopo l'attacco terroristico ad un aereo passeggeri russo. L'Egitto rimane un importante partner regionale, il cui sostegno è necessario alla Russia per le sue iniziative nella regione.

L'autore evidenzia che la natura del conflitto in Medio Oriente è tale che la promozione e l'attuazione delle proposte russe è estremamente difficile.

Dominoes

"La Polonia sta facendo impazzire le autorità UE"

manifestanti polacchi
© AP Photo/ Alik Keplicz

Il governo polacco ha iniziato a preoccupare i burocrati di Bruxelles subito dopo la vittoria alle elezioni. Le leggi adottate sono scandalose e vergognose. E' sorprendente perché la UE non abbia prestato attenzione in precedenza allo stato d'animo del Paese, scrive "Business Insider".


Il nuovo governo polacco mostra un comportamento irrequieto. Tutto fa pensare che presto per Varsavia sorgeranno seri problemi con il Consiglio d'Europa, scrive "Business Insider".

Il partito "Legge e Giustizia" aveva introdotto precedentemente delle modifiche alla legge sui media, che assicura al governo un maggiore controllo sui media pubblici.Questi cambiamenti sono così ambigui, che per la prima volta è condotta una verifica sulla legge di un Paese dell'Europa per controllare se vengono rispettati "i valori fondamentali dell'Unione Europea", ricorda la rivista.

Nessuno poteva immaginarsi che la Polonia, che con successo si è convertita dai principi del comunismo ai valori liberali europei, si sarebbe trovata in una situazione del genere, si afferma nell'articolo.

La situazione attuale ha portato al fatto che la Polonia si scambia taglienti osservazioni con vari Paesi e le istituzioni europee. Varsavia accusa di ingerenza nei suoi affari interni, mentre la Commissione Europea dichiara di fare il suo lavoro, scrive il giornale.

Il governo della destra conservatrice polacca ha iniziato a preoccupare i funzionari europei non appena è entrato in carica. Oltre alle modifiche alla legge sui media, ha approvato la riforma alla legge sulla Corte Costituzionale, ritenuta ostile, limitando l'indipendenza della magistratura. Ai burocrati europei non piace che tutte queste riforme del partito "Legge e Giustizia" si realizzino così velocemente.
"In qualche modo l'Unione Europea e la Germania sono riuscite ad ignorare i sentimenti antidemocratici in Polonia, che si trovavano in superficie. La vittoria di "Legge e Giustizia" li ha colti di sorpresa. Ora la Commissione europea è costretta a comportarsi in modo antidemocratico, controllando le azioni di un governo legittimo eletto. La situazione è molto complicata, "- sottolinea "Business Insider".
Ciò che preoccupa di più è che le divergenze tra le istituzioni europee e i singoli Stati membri della UE possano diffondersi. In molti paesi della UE crescono i sentimenti radicali e populisti, i partiti estremisti godono del sostegno degli elettori, riassume la rivista.

Hourglass

Il Meglio del Web: Dollaro, Petrolio e Caos: La fine del Vecchio Ordine Mondiale

petrodollar
Il disastro militare in Iraq e in Afghanistan ha segnato l’inizio di una ritirata strategica senza precedenti degli Stati Uniti dal Medio Oriente. Scelte errate, eccessiva confidenza nelle proprie capacità e l’emergere di un mondo multi-polare i fattori chiave. La perdita di influenza da parte americana nella regione ha generato circostanze più o meno volute. Per quanto possa sembrare incredibile, il post-Iraq e il post-Afghanistan sono diventati quasi un modello da esportare.


La regola base per i policymakers americani è semplice quanto diabolica: se non puoi controllare un paese, tanto vale lasciarlo in bancarotta e in una situazione di perenne instabilità interna.
Con il ritiro delle truppe americane da Iraq e buona parte dall'Afghanistan, il caos ha continuato a regnare minando il progresso di due nazioni strategiche nello scacchiere di Washington. La dottrina dopo l'abbandono dell'Iraq si basa sul tentativo maldestro di generare caos per poi controllarlo a proprio vantaggio. I precedenti di Iraq e Afghanistan hanno di fatto obbligato gli Stati Uniti a cercare nuovi metodi per inseguire i propri interessi (geo)politici. Meno appariscenti (drone-war), meno dispendiosi economicamente e senza un intervento diretto. In Medio Oriente e in Nord Africa, l'estremismo Wahabita di Al Qaeda/Daesh e tutte le sue declinazioni sono da sempre l'alleato chiave in questa missione, per Washington.


Il Caos come strumento (geo)politico


Modellare il caos potendo sempre contare sul plausibile diniego da riversare su altri paesi come Israele, Turchia, Arabia Saudita e Qatar. E' a loro che viene delegata gestione e coordinamento delle cellule locali di Daesh, Al Qaeda, Al Shabaab, Boko Haram e tutti i gruppi di natura terroristica. E' in linea con questa nuova concezione che si sono potute manipolare e trasformare primavere arabe in rivolte violente contro stati sovrani.

La famigerata tattica di 'guidare-da-dietro' nel corso degli anni ha causato problemi persino tra Washington e i propri associati. Insicurezza, sfiducia e agende politiche indipendenti hanno proliferato in paesi come Turchia, Israele, Arabia Saudita e Qatar. In alcune fasi si sono generati conflitti persino tra alleati. Pensiamo alla "primavera araba" in Egitto e l'ascesa di Morsi. Un disastro. La cacciata di Mubarak, uno dei primi casi in cui venne applicata la tattica della "primavera araba". L'illusione consisteva nel modellare nazioni intere, a proprio piacimento, con il minimo sforzo in termini bellici, ma il massimo rendimento in termini politici. Il sogno si infranse con il colpo di stato di Al-Sisi, pochi mesi dopo.

Le conseguenze furono un completo disastro. L'Egitto virò prepotentemente su Mosca come partner principale, i Sauditi mostrarono profonda irritazione con la scelta americana di sostenere Morsi (Fratelli Musulmani). Turchia e Qatar ebbero reazioni ancor più ostili nei confronti dell'Arabia Saudita per il sostegno al colpo di stato di Al-Sisi in Egitto, ma soprattutto nei confronti di Washington per non aver sostenuto a dovere Morsi. La rivolta in Egitto si rivelava per Washington un suicidio quasi senza precedenti, sotto ogni punto di vista. Più che controllare il caos, Washington iniziava a subire i primi contraccolpi di una politica estera scellerata.

La tattica di disintegrare nazioni sovrane iniziava a mostrarsi per quello che è: uno dei più grandi fallimenti della politica estera americana. Ciò che è rimasto dopo una mezza dozzina di primavere arabe è il caos, senza la minima possibilità per Washington di controllare o gestire a proprio favore gli eventi. Le cause di questo drammatico fallimento continuano ad essere tangibili. Le motivazioni e le responsabilità investono tutta la classe politica americana. I media mainstream alimentano bugie e propaganda che finiscono per inghiottire tutto, anche il contatto con la realtà di imprenditori, generali e senatori incapaci oramai di riconoscere coloro che controllano direttamente o indirettamente in una regione liquida come quella medio orientale.

Bad Guys

La riscossa di Al Qaeda in Africa: dal Burkina Faso alla Somalia

al qaeda

Messa in ombra non soltanto in Medio Oriente, ma anche in terra d'Africa, Al Qaeda cerca ormai da tempo la sua riscossa. Finora la sua strategia per recuperare spazio e visibilità, non soltanto tra gli occidentali ma anche e soprattutto tra i musulmani, è stata alquanto ondivaga. Ha alternato periodici flirt ad altrettanto periodiche dichiarazioni di guerra nei confronti dello stesso Califfato.


Indubbiamente, per gli uomini di Al Qaeda, i successi dell'ISIS sono duri da accettare e da digerire. L'ISIS è infatti riuscito laddove Al Qaeda ha fallito, prima di tutto riuscendo a dar vita a quell'agognato Califfato per il quale fin dal 2001 Osama bin Laden aveva avanzato la propria candidatura. Inoltre l'ISIS è stato molto più abile della stessa Al Qaeda, che pure in questo campo non aveva certamente sfigurato, nel portare avanti il "terrorismo in franchising", ovvero nello sfruttare il disagio e la collera di molti emarginati in Occidente e nel Mondo Arabo per trasformarli in propri combattenti di loro iniziativa, attraverso un sapiente uso della comunicazione, in particolare quella presente su Internet. Così molti giovani si sono affiliati di loro spontanea volontà all'ISIS anziché ad Al Qaeda, fino al punto che questa appariva ormai sempre più come un ricordo del passato, orfana di bin Laden e destinata come tale ad essere progressivamente assorbita e soppiantata dal Califfato.

Ecco perché, probabilmente, oggi Al Qaeda ha tentato di compiere il cosiddetto "salto di qualità". Con un'azione simultanea, ha colpito in Burkina Faso, dove ha preso di mira soprattutto gli stranieri ma anche i burkinabe, facendo 23 morti, e attraverso i suoi affiliati di Al Shabaab anche la Somalia, dov'è stata attaccata una base dell'Unione Africana, col drammatico bilancio di 50 militari kenyoti uccisi.

Si tratta di un segnale diretto, prima ancora che agli occidentali o agli stessi africani, proprio alla concorrenza dell'ISIS. Quotidianamente, in Africa, gli affiliati del Califfato, ovvero Boko Haram, seminano morte e terrore a suon di attacchi suicidi, in particolare fra la Nigeria, il Ciad ed il Camerun. Tutto questo mentre il Califfato continua ad avanzare in Libia, avendovi pure impiantato il proprio quartier generale per sfuggire ai raid in Siria ed Iraq, e a reclutare proseliti nel resto del Maghreb, in particolare in Tunisia.

In questa drammatica situazione, che vede gli africani stretti fra la morsa dell'ISIS e di Al Qaeda, nessuno in Occidente trova il tempo di accorgersene e men che meno di esprimere una qualsivoglia solidarietà, per esempio anche soltanto con un semplice "hashtag" come "JeSuisBurkina" o "JeSuisSomalia". Non che il terrorismo si combatta con gli "hashtag", per carità; ma agli occidentali pronti a piangere per Parigi non passa per la mente neanche quello.