Storia SegretaS


Rainbow

Leonardo da Vinci. Studiosi alla ricerca del Dna del genio

Leonardo Da Vinci DNA
Il progetto illustrato in un convegno a Firenze si chiama "Leonardo da Vinci Project". Eugenio Giani, presidente del Consiglio regionale della Toscana: "Una nuova visione della vita del genio a partire dallo studio del Dna"

Si è svolto a Firenze, nella sala Gonfalone di palazzo Panciatichi, un convegno internazionale su Leonardo da Vinci a cui hanno preso parte studiosi di varie parti del mondo. In primo piano un progetto dal titolo "Leonardo da Vinci Project", illustrato da Jesse Ausubel, vice presidente della Richard Lounsbery Foundation. L'obiettivo del progetto è quello di comparare il Dna del genio rinascimentale, che ancora deve essere trovato, con il Dna del padre di Leonardo e di diversi suoi stretti parenti i cui resti sono sepolti a Firenze.

Già nel 2014 un gruppo internazionale di specialisti si è attivato per individuare definitivamente i presunti resti di Leonardo, presso il castello di Amboise, nella valle della Loira. Il progetto riunisce esperti provenienti da Francia, Spagna, Italia, Stati Uniti e Canada e sta procedendo su vari fronti.

A partire dalla tomba di famiglia di Leonardo a Firenze, passando per i presunti resti di Leonardo presso il castello di Amboise, fino a Milano, dove ci potrebbero invece essere i resti della madre di Leonardo, Caterina. Eventuali tracce genetiche verranno ricercate anche attraverso le opere d'arte di Leonardo, così come tra i suoi discendenti della zona di Vinci.

Heart - Black

Un genocidio non capita per caso. La tragica lezione dello sterminio degli armeni

genocidio armeno turchia
© ansaCome fu costruito il massacro del più antico popolo cristiano. Il califfo turco e il ruolo complice dell’Islampolitik tedesca. Appunti di una storia molto attuale

Una riflessione attuale sul Genocidio armeno ancora drammaticamente manca a molta cultura occidentale.
E ogni giorno che passa, almeno ad avviso di chi scrive, se ne avverte sempre più la necessità e l'impellenza. Non che manchino i libri. Al riguardo, infatti, è doveroso almeno ricordare l'importante libro di Marcello Flores. L'editore Guerini, poi, eroico e benemerito, ha voluto pubblicare uno dei testi più esaustivi e autorevoli in materia, ossia la Storia del Genocidio Armeno del grande Vahakn Dadrian. Ancor più importante, vi è la commovente e puntuale opera di informazione e sensibilizzazione portata avanti con fiera determinazione dagli amici armeni italiani. Infine, vi sono alcuni grandi interpreti, capaci di offrire spiegazioni, di disserrare la maglie della storia, di indagare recessi dell'orrore poco frequentati, di fare difficili, eppur inevitabili, confronti e rimandi. Alcuni tra costoro hanno il dono raro della comunicazione e dell'empatia. Tributo qui il mio affetto e la mia gratitudine ad Antonia Arslan.

È stato - e tuttora è difficile - far capire che la Shoah non fu un "fungo", velenosissimo e letale, apparso una mattina nell'ombratile bosco della Storia. Per arrivare alla Shoah è stato necessario un percorso per certi versi perdurato numerosi secoli. Ed è esattamente questo "dettaglio" che spesso viene facilmente occultato o trascurato; ed è questa fondamentale comprensione che sovente sfugge. Parimenti vi è il rischio che, pur più edotti rispetto al recente passato circa il Genocidio armeno, molti pensino essersi trattato, anche in questo caso, del solito micidiale "fungo". Il Genocidio armeno ha anch'esso richiesto una storia lunga, secolare, spesso misconosciuta - o comunque generalmente poco studiata - dal mondo occidentale.

La questione armena, che attraversò abbondantemente il secolo XIX, è legata - e parallela - alla questione d'Oriente, che iniziò a cristallizzarsi attraverso le tendenze opposte di imperialismo, nazionalismo, interventismo delle grandi potenze. Entrambe le questioni, come ricorda Dadrian, hanno prodotto due drammatiche conflagrazioni, dovute allo scontro tra sistemi incompatibili, in cui un elemento fondamentale fu giocato dall'islam. Il Sultano ottomano, infatti, fino al collasso del suo Impero, fu il legittimo Califfo dei musulmani. Tra i musulmani che ritenevano all'epoca non legittimo il Califfato ottomano, vi erano i cosiddetti "movimenti riformatori", ossia, ad esempio, i Wahabiti.

La normativa sui dhimmi

Se nel 1848 il Sultano Abdul Mejid riconobbe uno status ufficiale ai sudditi ebrei e cristiani, tuttavia le tensioni religiose ingenerate da questo provvedimento iniziarono a divenire mortifere "in grande stile" in particolare nel 1860, quando, da parte drusa, si iniziarono a massacrare i cristiani maroniti in Siria e Libano. I morti furono circa 40.000 tra i maroniti cattolici, con la distruzione di circa 500 chiese e 40 monasteri: un'esplosione di violenza legata alla crescita di animosità religiosa ed etnica accumulatasi tra drusi, musulmani e cristiani. Motivo dell'esasperazione musulmana incontrollata fu peraltro la precedente promulgazione della Carta delle Riforme del 1856 che prevedeva l'uguaglianza tra i musulmani e i sudditi non musulmani dell'Impero ottomano, all'epoca dominante quasi tutto il mondo arabo. Chiaramente vi furono misure repressive da parte dell'Impero ottomano nei confronti di chi perpetrò il massacro, come pure pressioni da parte delle potenze occidentali. Tuttavia ciò accadde e fu destinato a ripetersi.

Le pressioni europee in favore delle riforme giuridiche, come pure le resistenze turche in particolare - e islamiche in generale - a ogni forma di cambiamento, aiutano a inquadrare la problematica in relazione agli armeni. Va premesso che gli armeni, in seno all'Impero ottomano, costituivano la più nutrita e diffusa minoranza etnico-linguistico-religiosa, seguiti dai cristiani greci e dagli ebrei. Prendendo sul serio le riforme formalmente introdotte dal Sultano circa lo status dei non-musulmani (a differenza degli ebrei che, in genere, furono molto più diffidenti e guardinghi), gli armeni ne chiesero un'attuazione reale ed efficace, considerando che si trattava di una questione di diritto (e di diritti). I turchi, da parte loro, si rimettevano alle esigenze religiose islamiche, che, pur formalmente tollerando in territorio islamico (o islamizzato) il non-musulmano, prevedevano inevitabili e necessarie relazioni di dominazione e di sottomissione tra islamici e non-musulmani.

Nel 1865 il Sultano Abdul Aziz allentò ulteriormente, non senza critiche da parte religiosa, la rigida normativa sui dhimmi (fondamentalmente ebrei e cristiani) prevista dal Patto di 'Umàr. Tuttavia l'infamia e la crudeltà della dhimmitudine poco dopo mieterono ancora decine di migliaia di vittime innocenti attraverso l'ideologia panislamica avallata dal sultano Abdul Hamid II. Nel 1894-1896 furono infatti perseguitati e massacrati un numero di armeni che oscilla tra le 100.000 e le 300.000 persone, con un totale complessivo di bambini orfani stimato attorno ai 50.000, molti dei quali convertiti a forza all'islam. In quel frangente, inoltre, vennero uccisi circa 25.000 cristiani assiri.

I complici del massacro

Nel 1909, poi, in Cilicia vennero sterminate altre 30.000 persone. Nel corso del disastro finale, ossia il Genocidio armeno messo in atto dai Giovani Turchi e dagli assassini loro sodali nel 1915-'16, questa storia pregressa con le sue drammatiche problematiche religiose si ripropose, declinandosi, con uno iato rispetto al passato, come questione nazionalistica.

Un genocidio non lo si improvvisa, ma necessita "pratica"; inoltre servono complici, anch'essi abituati a essere aguzzini feroci. E i complici vi furono: i tedeschi. I tedeschi - e la cultura tedesca - sono coinvolti ampiamente in tutti e tre i primi genocidi del Novecento: nel primo caso, quello del popolo Herero in Africa (1904), e nel terzo - la Shoah - furono i principali ideatori, organizzatori e responsabili. Nel caso degli armeni, cooperarono con i turchi, rendendolo il più possibile "efficace" e "scientifico".

Comet

"La Morte Nera" provocata da una connessione cosmica

La Morte Nera

La maggior parte delle persone al giorno d'oggi non sono realmente consapevoli di ciò che è accaduto appena 666 anni fa (666 il numero della bestia). La peste nera del 1347 (1347-1350) una delle pandemie più mortali della storia umana, ha ucciso forse i due terzi di tutta la popolazione europea, per non parlare di milioni di persone morte in tutto il pianeta.


La teoria convenzionale

La Morte Nera si verificò attraverso una grande epidemia di peste bubbonica,che secondo il libro del professor Mike Baillie, "Nuova luce sulla Morte Nera: La connessione cosmica", essa non fu provocata dalla peste bubbonica, ma piuttosto da una cometa. Mike Baillie avrebbe la prova scientifica per sostenere la sua teoria e la sua evidenza è supportata da ciò che riferiva la gente di quel periodo: i terremoti, le comete, le piogge di morte e di fuoco, e l'atmosfera corrotta. Mike Baillie aveva notato alcuni strani anelli negli alberi in concomitanza con questa storica catastrofe. Ha confrontato questi anelli degli alberi con dei campioni di ghiaccio che dopo essere stati analizzati si e' scoperto un particolare molto strano: la presenza dell'ammonio.

Ci sono stati quattro eventi nel corso degli ultimi 1500 anni in cui gli scienziati possono tranquillamente collegare e datare i livelli di ammonio presente nel ghiaccio della Groenlandia alle interazioni atmosferiche ad alta energia provocate da oggetti provenienti dallo spazio nel 539, 626, 1014 e 1908. In breve, vi è una connessione tra l'ammonio presente nei campioni di ghiaccio e il bombardamento extraterrestre della superficie della terra. Si noti che la teoria di cui sopra si riferisce a quattro eventi che possono essere definitivamente collegati con interazioni ad alta energia. La stessa identica firma ad alta energia è presente nel momento in cui si manifesto' la morte nera, negli anelli degli alberi, nelle carote di ghiaccio risalenti in quel periodo, e in altri momenti della cosiddetta "peste e pandemia". Come spesso accade, la presenza di ammonio nel ghiaccio è collegata direttamente a un terremoto che si è verificato il 25 gennaio 1348.

Inoltre Mike Baillie aveva scoperto che uno scrittore del 14° secolo scrisse che la peste era una "corruzione dell'atmosfera" provocata da questo terremoto. Come potrebbe un epidemia provenire da un terremoto? Lo scienziato Baillie sottolinea che non sappiamo con certezza se i terremoti sono provocati dai movimenti tettonici o potrebbero essere causati da esplosioni cometarie nell'atmosfera o da impatti sulla superficie della terra. La terra viene regolarmente colpita da oggetti extraterrestri e molti di questi corpi tendono ad esplodere nell'atmosfera come è accaduto a Tunguska e con la meteora Chelyabinsk caduta in Russia Centrale per cui non sono stati creati dei crateri o lasciate delle prove visibili di lunga durata di un corpo proveniente dallo spazio. Solo perché non ci sono prove di lunga durata non significa che non vi è stato alcun effetto significativo sul pianeta e sulla popolazione!

Commenta: Per maggior informazioni riguardo l'ipotesi che le grandi catastrofi e pandemie come La Morte Nera avvenute nei secoli e nei millenni precedenti a causa di fattori di origine cosmica, invitiamo il lettore di guardare il seguente Documentario:




Attention

Alessandria: Mosaico di Gino Severini da anni in pericolo

Gino Severini mosaico poste Alessandria
Mosaico di Gino Severini - Palazzo delle Poste di Alessandria
Da circa 25 anni un cittadino, ora pensionato, Tony Frisina, conduce una battaglia personale per tutelare il mosaico che Gino Severini realizzò sul Palazzo delle Poste di Alessandria dal degrado urbano.

I lavori del pittore di Cortona, prima divisionista, poi futurista e infine cubista, sono molto quotati: un suo pastello su carta è quotato un milione e 300 mila euro, un olio su tela del 1951 è stato comprato da Sotheby's a più di 3 milioni di dollari. Chissà quanto vorrà questo mosaico lungo 38 metri, e alto 1 metro e 20.

Silvia Tavella di TastingTheWorld, descrive bene l'opera di Severini in un pezzo del 2014:

Георгиевская ленточка

Il passato che non muore: Frammenti di URSS sulla cartina geografica d'Europa

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Sparsi per gli immensi territori che facevano parte dell'Unione Sovietica e, prima di essa, dell'Impero Zarista, esistono angoli di mondo che sono stati dimenticati dal progresso, dove persino la Storia sembra essersi fermata a prendersi una pausa di riflessione.

Sono frammenti di una civiltà che non esiste più, se non nella memoria di chi vi ha trascorso e dedicato parte della propria vita, per poi - all'inizio degli Anni Novanta - essere sbalzato senza preavviso in una società completamente diversa, competitiva, aggressiva, spietata, che nel giro di pochi anni ha prima messo in dubbio, poi ripudiato e irriso e infine condannato precocemente al dimenticatoio oggetti, usanze, ideologie, modi di vivere e di parlare, di vestirsi e di pensare, che erano appartenuti a diverse generazioni di cittadini sovietici e sembravano poter durare ancora almeno altrettanto a lungo.

Ma quasi per magia, per beffa, per pura casualità dettata dal caotico intreccio dei giochi geopolitici, alcuni brandelli di territorio sono stati miracolosamente risparmiati dall'onda della modernizzazione e dell'occidentalizzazione, e resistono indocili a portare la testimonianza di quel mondo del passato al quale ancora orgogliosamente appartengono.


TRANSNISTRIA


Nel Marzo 2013, insieme ai miei amici Giuliano e Jacopo, arrivammo in macchina a Tiraspol, capitale della Transnistria, da Chisinau, capitale della Moldavia.

Fino al 1990 Moldavia e Transnistria erano un'unica Repubblica, nell'ambito dell'URSS: la Repubblica Socialista Sovietica Moldava. E ancora adesso, a livello internazionale, l'indipendenza della Transnistria non è riconosciuta ufficialmente da nessun Paese al mondo.

Però, ormai già da 26 anni, poco prima di Bender e del fiume Dnestr corre un confine ben presidiato e i due Paesi vivono completamente separati de facto.

mappa Moldavia e Transnistria
La Transnistria, stretta tra Moldavia e Ucraina, e più a sud, la Gagauzia. La Transnistria controlla un territorio di 3.567 Km2 (poco più piccola della Liguria) per una popolazione di 550.000 abitanti. La Gagauzia ha invece un territorio di 1.832 Km2 e una popolazione di 160.000 abitanti.

Colosseum

Analisi storica sul processo d'unificazione dell'Italia

italia

di Domenico Rosa


Negli ultimi decenni, il processo di unificazione è tornato sotto la lente di ingrandimento di storici e studiosi. Un atteggiamento più critico è stato adottato dalla recente storiografia sulla questione. Tanto che personalità del mondo della cultura come Arrigo Petacco, Giordano Bruno Guerri e Paolo Mielinon hanno difficoltà ad usare l'espressione guerra civile che fa da contraltare alla tradizionale nozione di Risorgimento, troppo spesso fatto passare, soprattutto con l'epopea garibaldina, come un entusiastico movimento popolare¹ e non come un'impresa di spregiudicatezza elitario-nobiliare e borghese. Anche per chi crede nella Nazione italiana, e non cede a nessun tipo di nostalgismo, effettivamente anacronistico, non può non ravvisare un vizio di forma che sta alla base della sua unificazione politica.

Nel corso dei decenni è stato costituito un mito risorgimentale che ha presentato i suoi fautori come eroi gloriosi: il cosiddetto Risorgimento oleografico. In tutte le città italiane a queste personalità sono state dedicate strade, piazze e monumenti e i nuovi ministri del culto della patria hanno non di rado accusato di 'italocentrismo' e reazione chi si ostinava a raccontare come l'unità fosse realmente avvenuta.

Per la verità un archetipo di italianità esisteva già prima del 1861, ma sotto forma di una pluralità creatrice, basti pensare all'epoca dei Comuni, quando gli italiani avevano una casa divisa in più camere e non in un solo salone.

Secondo il critico Borgese, invece, l'Italia fu piuttosto la creatura di un poeta: Dante. "Gli stranieri che identificano l'Italia con Dante hanno in sostanza ragione. - continua Borgese - Non è un'esagerazione dire che egli fu per il popolo italiano quello che Mosè fu per il popolo di Israele"². L'opera iniziata da Dante fu poi portata a compimento da Alessandro Manzoni, di cui si ricorda sempre l'attività di romanziere e troppo poco quella di linguista; che invece fu prolifica e decisiva a fondare quella che poi sarà la lingua della futura Italia unita, contribuendo in maniera notevole a costruire la nostra identità³. I poeti perciò svolgono un ruolo fondamentale e tra Ottocento e Novecento, da Carducci a d'Annunzio, tutti celebrano la nuova Italia, prendendo spunto dalle grandezze più remote per esaltare le recenti gesta risorgimentali. Saranno proprio loro, i letterati ad apportare il maggior contributo alla costituzione della memoria nazionale, ma la sensibilità artistica, per sua propria natura, va oltre la cruda realtà e non tiene conto che politicamente il novello Regno d'Italia è solo un Regno di Sardegna allargato.

L'artefice dell'unità d'Italia è senza dubbio l'astutissimo conte di Cavour: geniale, - se per geniale si intende una persona determinata, disposta a tutto pur di raggiungere i propri obiettivi - freddo, lucido, calcolatore. Ministro del governo D'Azeglio nel 1850, sarà tra i più decisi fautori dell'approvazione delle leggi Saccardi che prevedevano l'abolizione del foro ecclesiastico (cioè i tribunali della Chiesa che giudicavano i reati commessi dai membri del clero) e del diritto d'asilo negli edifici religiosi. Il conte, a differenza di Mazzini e Garibaldi, non prendeva apertamente posizione contro la Chiesa, ma in privato parlava della distruzione del potere temporale dei papi come di "uno dei fatti più gloriosi e più fecondi della storia dell'Umanità"⁴. Morirà nel 1861, nove anni prima che questo avvenga, ma nel frattempo la sua politica anticattolica ha preso piede e nel 1855, insieme a Rattazzi, (governo del connubio), promulgherà la legge per la soppressione delle comunità religiose contemplative, cioè di quelle comunità che non svolgevano una funzione sociale (l'assistenza ai malati o le attività educative) e il conseguente incameramento da parte dello Stato dei loro beni. Il governo sardo, da un lato si riconosce la religione cattolica come l'unica religione di Stato (art.1 dello Statuto Albertino), dall'altro attua una serie di misure volte ad indebolirla⁵. Lo stesso Cavour, maggior artefice di questa politica, avrà il tempo di morire da cattolico, con tutti i crismi, per presentarsi alla posterità come il prototipo dell'italiano. La sua morte rappresenterà la prima canonizzazione laica della nuova Italia.

Camillo Benso, conte di Cavour, nasce a Torino nel 1810, da una famiglia dell'aristocrazia piemontese, nel 1850 diventa per la prima volta ministro, nel 1852 è chiamato dal re a dirigere il governo. Ottenuta la carica la manterrà tranne una breve parentesi, fino alla morte. La sua politica frutterà al Regno di Sardegna l'annessione della maggior parte degli Stati italiani.

Sherlock

l'Enigma del "MONOLITO DI POTOKIA". Potevano davvero esserci i Sumeri in Perù migliaia di anni fa?

potoki
© bibliotecapleyades.net

Tratto da pianetablunews


Il "Monolito di Pokotia" è una statua di pietra trovata nel sito pre-Inca di Pokotia nel 1960, a soli 6 chilometri da Tiahuanaco, in Bolivia. La statua mostra diverse iscrizioni sul fronte e sul retro che, incredibilmente, risultano essere scritte in proto-sumero! Nel sito di Pokotia, a soli 6 chilometri dalla città di pietra di Tiahuanaco, nel 1960 fu rinvenuto un enigmatico monolito alto circa 170 centimetri.

All'epoca si pensò che si trattasse di una scoperta ordinaria. Infatti, il monolito rivelò le sue interessanti caratteristiche solo nel dicembre del 2001, quando un'analisi approfondita eseguita da un gruppo di ricercatori rivelò la presenza di una serie di iscrizioni sul fronte e sul retro della statua. Le iscrizioni furono fotografate e studiate dal team guidato dall'archeologo boliviano Bernardo Beados. Attualmente, il monolito si risiede nel piccolo "Museo de Metales Preciosos", a La Paz, Bolivia. Si ipotizza che il monolito possa essere stato scolpito in un periodo precedente al fiorire della civiltà di Pukara. Inoltre, alcuni ricercatori identificano il sito di Pokotia come un luogo sacro e che la statua sia la rappresentazione di un antico dio di grande importanza. Osservando le immagini delle iscrizioni, l'epigrafista Clyde Winters ha concluso che si tratta di una scrittura proto-sumerica. Le iscrizioni più significative si trovano all'interno delle mani e nella parte posteriore della statua.

Secondo la traduzione di Winters, le iscrizioni nelle mani affermano:
"L'oracolo Putaki conduce l'uomo alla verità. Questo oracolo stimato e prezioso per il germogliare della saggezza, ora testimonia la sua dipartita".
Mentre, l'iscrizione sulla parte posteriore sono state tradotte così:
"La norma ideale è quella dell'Oracolo di Putaki. Questo oracolo si trova in una zona di straordinario potere della divinità. Annunziate a tutta l'umanità il decreto divino".
Dunque, le iscrizioni sul monolito sembrano definire il ruolo dell'oracolo di Putaki all'interno della comunità. Le persone sono invitate a riconoscere questo oracolo come fonte di verità e di gioia. Ma chi era Putaki? In tutta l'iscrizione, l'oracolo Putaki viene definito con l'epiteto di "padre della saggezza". Probabilmente, doveva trattarsi di un grande antenato, il proto-oracolo di tutta la ragione. D'altra parte, il monolito di Pokotia è incredibilmente simile a quello eretto nella città di pietra di Tiahuanaco, sebbene prodotto in versione più primitiva.

È possibile che fosse riconosciuta a costui grande autorità, in quanto diffusore di saggezza, intermediario deputato alla comunicazione tra la comunità e le divinità. Al momento, l'identità reale di Putaki rimane sconosciuta, così come il motivo per il quale il manufatto risulta inciso con iscrizioni in caratteri proto-sumeri.
Chiaramente, l'ipotesi più suggestiva è che i Sumeri, già migliaia di anni fa, abbiano avuto la capacità di attraversare l'oceano e visitare l'america meridionale. Ancora una volta, la storia dell'umanità nasconde molte più sorprese di quante ne possiamo solo immaginare!

monolito di pokotia

Question

Il segreto dei diciotto scheletri giganti del Winsconsin

mummia gigante

Ci sono scoperte, che per motivi non del tutto chiari, vengono archiviate nel dimenticatoio del sapere umano. Eppure, si tratta di ritrovamenti che potrebbero far luce sul passato remoto dell'umanità, ancora così avvolto nella nebbia e con non poche contraddizioni cronologiche.


Abbiamo già parlato dei giganti in diversi precedenti articoli, ma la storia che vi raccontiamo sembra aggiungere un elemento importante alla teoria di coloro che credono che, in un tempo remoto, una razza di uomini giganti abbia abitato il pianeta Terra.


È la storia dei diciotto scheletri giganti del Winsconsin


Si tratta di una storia curiosa avvenuta circa un secolo fa, una vicenda che da una parte confermerebbe l'esistenza dei giganti e che, dall'altra, corroderebbe la sensazione di molti, secondo la quale esisterebbe un'archeologia proibita nella quale archiviare scoperte scomode che potrebbero svelare all'umanità la vera storia della sua evoluzione.

Nel maggio del 1912, un team di archeologi del Beloit College, in uno scavo realizzato presso il lago Delavan, nel Winsconsin, portò alla luce oltre duecento tumuli con effigie che furono considerate come esempio classico della cultura Woodland, una cultura preistorica americana che si crede risalga al primo millennio a.C.

Ma ciò che stupì i ricercatori fu il ritrovamento di diciotto scheletri dalle dimensioni enormi e con i crani allungati, scoperta che non si adattava affatto alle nozioni classiche contenute nei libri di testo. Gli scheletri erano veramente enormi e, benchè avessero fattezze umane, non potevano appartenere a esseri umani normali.

La notizia ebbe una grande eco e fece molto scalpore, tanto che il New York Times riportò la notizia tra le sue pagine. Forse, a quei tempi, c'era più libertà e meno paura rispetto alle scoperte che potevano cambiare le consolidate credenze scientifiche fondate solo su teorie.

Così scrive l'articolista del New York Times nell'articolo pubblicato il 4 maggio 1912 [Vedi articolo originale]:
"La scoperta di alcuni scheletri umani durante lo scavo di una collina presso il Lago Delevan indica che una razza finora sconosciuta di uomini una volta abitava il Wisconsin Meridionale. [...]. Le teste, presumibilmente di uomini di sesso maschile, sono molto più grandi di quelle degli americani di oggi.

Il cranio sembra tendere all'indietro immediatamente sopra le orbite degli occhi e le ossa nasali sporgono molto al di sopra degli zigomi. Le mascelle risultano essere lunghe e appuntite
[...]."
nyt 4 maggio 1912

Jupiter

Gli astronomi babilonesi erano in anticipo di 1400 anni

Trustees of the British Museum/Mathieu Ossendrijver
© Trustees of the British Museum/Mathieu Ossendrijver

Gli scienziati dell'antichità riescono ancora a stupirci. Una recente scoperta dimostra che gli astronomi babilonesi sapevano fare un uso avanzato della geometria.

Gli appassionati di storia sanno che spesso gli scienziati, e in particolare gli astronomi dell'antichità erano in grado di fare cose impensabili con strumenti rudimentali. In particolare gli astronomi babilonesi riuscirono a tracciare il moto dei pianeti nel cielo notturno usando solo lo spirito d'osservazione, l'aritmetica e una volontà di granito. Il che sarebbe già ammirevole, se non fosse che la traduzione di una tavoletta ha dimostrato che erano in grado di usare strumenti così avanzati da essere in anticipo di più di un millennio.

I babilonesi sono celebri, grazie anche ai libri di scuola, per le loro tavolette di argilla, molte delle quali sono arrivate fino a noi. Grazie a loro abbiamo imparato che questo popolo aveva conoscenze matematiche avanzate, e in particolare gli astronomi babilonesi erano in grado di effettuare osservazioni molto dettagliate. L'archeologo astronomico Matthieu Ossedrijver dell'Università di Berlino ha scoperto che c'è molto di più. Un testo babilonese su Giove, infatti, ha dimostrato che gli studiosi usarono una tecnica avanzatissima, chiamata procedura trapezioidale. per tracciare i movimenti del pianeta gigante nei cieli.


La matematica del futuro


L'aspetto impressionante è che la tecnica usata dagli astronomi babilonesi è considerata uno dei cardini della matematica moderna, in particolare di quel ramo chiamato Calcolo. Fino a oggi si credeva che il metodo descritto nella tavoletta fosse stato scoperto in Europa nel medioevo, 1.400 anni più tardi. La tavoletta, che fa parte di una collezione di testi scoperti in Iraq nel 19° secolo. La scoperta, fra l'altro, è stata quasi casuale: nel 2014, mentre Ossedrijver lavorava a un altro studio, questa tavoletta è scivolata fuori dagli scaffali e lo ha incuriosito. Si trovava nella collezione del British Museum dal 1881 e nessuno prima l'aveva studiata.

Star of David

Sugihara Chiune, un eroe silenzioso

sugihara
"Chi salva una vita salva il mondo intero"
(Talmud)
"Neanche un cacciatore può uccidere un uccello se questi
viene da lui a cercare rifugio
"
(detto samurai)

G
razie al regista americano Steven Spielberg, tutti conoscono l'eroismo dell'industriale tedesco Oskar Schindler che, durante la Seconda Guerra Mondiale, salvò migliaia di ebrei assumendoli nelle sue fabbriche e strappandoli così dall'Olocausto. Il suo splendido esempio non fu l'unico: in quegli anni in cui l'umanità toccò il fondo in fatto di bestialità e abominio: ci furono alcuni uomini che, mettendo in pericolo la loro vita e la loro carriera, si adoperarono per salvare altri essere umani strappandoli dalla morte certa. Oltre a Schindler, non si possono certo dimenticare, per esempio, il diplomatico italiano Giorgio Perlasca, l'uomo d'affari tedesco John Rabe, il diplomatico giapponese Sugihara Chiune e il diplomatico svedese Raoul Wallenberg.

Il 1 settembre del 1939 la Germania nazista diede il via all'invasione della Polonia dando inizio al devastante conflitto mondiale che sarebbe durato ben sei anni. La Polonia fu invasa senza quasi incontrare resistenza anche perchè le grandi democrazie europee si rifiutarono di aiutare militarmente la Polonia. Qualche giorno prima il 23 agosto venne firmato, tra Von Ribbentrop e Molotov, il "Patto di non Aggressione tra la Germania e l'Unione Sovietica". Questo patto diede via libera alle truppe sovietiche per l'invasione della parte orientale della Polonia, dei paesi baltici e della Finlandia. Prime vittime di questo scellerato patto furono gli ebrei polacchi che si trovarono stretti tra due fuochi: i tedeschi ad ovest e i sovietici ad est; nè l'uno e nè l'altro rappresentavano la salvezza per gli ebrei; in migliaia decisero di andare a nord, in Lituania che ancora era indipendente.

La situazione si fece drammatica quando, nel giugno del '40, l'Unione Sovietica invase ed occupò il paese baltico. Migliaia di ebrei si radunarono davanti ai cancelli dei vari consolati nella speranza di ottenere un visto per poter lasciare il paese. Ce la fecero in pochi - molti paesi avevano leggi severe in fatto di immigrazione e, quindi, per il rilascio dei visti - e la maggioranza di questi disgraziati dovette bussare alla porta di vari consolati nella speranza di ottenere un lasciapassare che avrebbe significato la salvezza. In quei giorni si sparse, tra i disperati, la voce che in due piccoli territori olandesi - Curacao e la Guiana Olandese - era possibile entrare senza alcun tipo di visto; oltretutto il console olandese, Jan Zwartendijk, si disse disposto a concedere loro un visto olandese per raggiungere quelle isole. Il problema principale era però ottenere il permesso sovietico ad attraversare il suo territorio. Il permesso venne concesso, ma a patto che i viaggiatori si dotassero anche di un visto per il Giappone. In pratica tutte le loro speranze di salvezza erano ora riposte nel console giapponese Sugihara Chiune.