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© AP Photo/ Burhan Ozbilici
Per il NYT i peggiori timori dei partner occidentali di Ankara sono stati confermati dopo la vittoria del suo Partito alle elezioni parlamentari.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha nuovamente superato il limite menzionando nel suo colloquio con i giornalisti "La Germania di Hitler", cosa che non sorprende affatto, considerando la sua reputazione di leader autoritario, con l'abitudine di calpestare i diritti umani, la sovranità della legge, la libertà d'espressione e altre libertà politiche, ha scritto il New York Times.

"Da quando è arrivato al potere più di dieci anni fa, Erdogan ha usato i suoi poteri di primo ministro prima, e quelli di presidente poi, per soffocare i mass media, i sindacati e gli altri opponenti", ha evidenziato la testata.
"Gli alleati della Turchia, America ed Europa, hanno osservato in imbarazzante immobilità le brutalità dell'esercito turco, che ha colpito gli obiettivi curdi nel sud-est del paese", si legge nell'articolo. Le bombe sono cadute su decine di centri abitati e il risultato della campagna di guerra, dall'inizio del 2015, è stato l'uccisione di 3.100 ribelli curdi e un numero imprecisato di civili.
"Erdogan avrebbe potuto porre fine alla guerra e iniziare un processo di integrazione dei curdi nella politica turca, invece si è mosso nella direzione opposta, causando la radicalizzazione di un numero sempre più alto di persone, che ritengono che la violenza sia l'unico metodo per ottenere maggiore autonomia".

Inoltre, il presidente turco non ha dato la dovuta importanza alla lotta al Daesh, alimentando in questo modo la tensione nella regione, ha sottolineato il New York Times.
"Erdogan è estremamente lontano dai tempi in cui lo si poteva considerare uno stimato leader della democrazia a maggioranza musulmana e un affidabile partner nella regione", ha concluso il giornale americano.