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© l'antidiplomaticoPer il giornale online Putin è un bugiardo che si è semplicemente vendicato di Erdogan. Ma è veramente così?
"Tutti pazzi per Putin, pure troppo", titolava qualche giorno fa il quotidiano online Linkiesta. Nel suo articolo l'autore, Eugenio Dacrema, ha spiegato perché secondo lui la ricostruzione russa sul petrolio dell'Isis venduto alla Turchia farebbe acqua da tutte le parti, alimentando l'immagine di un Putin bugiardo che si è semplicemente vendicato di Erdogan per l'abbattimento del jet russo per mano delle forze aeree turche. Ma è veramente così? Proviamo ad
analizzare punto per punto le sue obiezioni.

"Cosa sappiamo dei rapporti fra il governo turco e lo Stato islamico?".

Come tutto ciò che è illegale e pericoloso - nel caso di specie parliamo di rapporti con tagliagole senza scrupoli che puntano allo sterminio di tutto ciò che non risponde alla loro interpretazione del Corano - ufficialmente nulla. Ma ci sono molti elementi che ci fanno pensare come tra Ankara e lo Stato Islamico ci sia una specie di accordo di collaborazione contornato da affari loschi. La Turchia, e lo scrive lo stesso autore nel suo articolo, non ha accettato di far parte della coalizione anti-Isis e, nonostante le pressione americane, si è rifiutata di chiudere le proprie frontiere. Aspetto quest'ultimo che si può spiegare con due considerazioni.

La prima: l'ondata migratoria che sta investendo l'Europa è vista come uno strumento di pressione sia da parte del governo di Ankara (che può ottenere soldi e il tanto agognato ingresso in Ue), sia da parte dello Stato Islamico, che prova a spaventare la popolazione europea, gettandola nelle mani dei movimenti nazionalisti e xenofobi. Solo così il sentimento di intolleranza verso il mondo musulmano crescerà, creando odio ed emarginazione sociale. Sentimenti sui quali l'IS fa leva per reclutare nuovi combattenti.

La seconda: attraverso il confine turco passano i terroristi con passaporto europeo che arrivano in Siria per addestrarsi. Le stragi degli ultimi mesi lo hanno ampiamente dimostrato. Se la Turchia chiudesse le frontiere, il fenomeno potrebbe ridursi drasticamente. Ma non lo fa. E si sospetta in cambio di qualche contropartita economica. Il petrolio, per l'appunto.

"E' ragionevole pensare che la maggior parte del petrolio prodotto dai pozzi siriani sotto il controllo dell'Isis sia oggi rivenduto internamente e in territori controllato da regime e opposizione, soprattutto in vista del picco dei consumi dell'inverno".

Una teoria interessante, per carità, ma che cozza con la realtà delle cose. La Siria non è certo l'Ucraina e gli inverni sono miti e non gelidi. Chi ha seguito la guerra in Ucraina sa che nel corso dell'inverno 2014 le temperature in Donbass sono precipitate a 30 gradi sotto lo zero, costringendo separatisti ed esercito regolare ad accordare una piccola tregua. Se guardiamo le temperature medie invernali di alcune città siriane, è possibile rendersi conto di come il petrolio per il riscaldamento non sia proprio una priorità rispetto al reperimento di strumenti primari come armi, cibo e medicine. A Latakia, giusto per fare un esempio, la temperatura media a gennaio oscilla tra gli 8 e i 16 gradi. Un clima facilmente sopportabile indossando indumenti invernali.

"Ok, ma il petrolio?"

Secondo la ricostruzione russa, i terroristi dello Stato islamico, vendono il petrolio nella città di Zakho, nel Kurdistan iracheno. Proprio qui a Zakho gli intermediari turchi forniscono documenti regolari alla merce, che poi viene rivenduta in importanti città portuali turche come Mersin, Ceyhan e Dortyol. Il commercio, però, si estende anche oltre Zakho. I taglia-gole controllano 100 km di territorio al confine turco-siriano, tra le città di Jarabulus e Kilis.

E' lì che i 50.000 barili di greggio prodotti giornalmente vengono piazzati dallo Stato Islamico. Per Mosca, i terroristi riescono a guadagnare circa 2 miliardi di dollari l'anno con questo tipo di attività. Senza voler scomodare il Cremlino, giorni fa Mowaffak al-Rubaie, ex consigliere per la sicurezza nazionale dell'Iraq e leader della coalizione parlamentare "Stato della Legge", citando fonti dei servizi segreteri iracheni, ha affermato che l'Is ha venduto al mercato nero della Turchia, a metà prezzo rispetto ai mercati mondiali, petrolio e gas iracheno per un valore di 800 milioni di dollari. Che non è proprio poco.

E' possibile che il governo turco sia all'oscuro di un business che sfiora il miliardo di dollari? Ad avvalorare la tesi di un coinvolgimento di Ankara, c'è il fatto che Bilal Erdogan, figlio del presidente turco, è proprietario di alcune compagnie di navigazione (piccolo particolare ignorato da Linkiesta). La compagnia di navigazione di Bilal "BMZ ltd.", che cura gli interessi commerciali del petrolio dell'ISIS, è di proprietà della famiglia Erdogan e le azioni appartengono alla famiglia e ai parenti stretti del capo di Stato. «Le aziende logistiche di Bilal Erdogan nei porti di Ceyhan (Turchia) e di Beirut (Libano) hanno dei moli speciali dove le navi cisterna consegnano il petrolio di contrabbando», ha scritto giorni fa la Rossiyskaya Gazeta. Peraltro, sono state diffuse delle foto in cui Bilal Erdogan posa con delle persone che sembrano essere militanti dello Stato Islamico. In una di queste si vede un uomo che sorride assieme al figlio di Erdogan e in un'altra fotografia si mette in posa sullo sfondo di alcune teste mozzate.

"Le prove a sostegno di tutto questo intricato disegno? Foto aeree di camion"

Qui sorge una domanda: perché le foto aeree dei satelliti russi non vengono prese in considerazione, mentre quelle dei satelliti di Washington sì? Gli Usa, e l'occidente più in generale, l'anno scorso hanno motivato le sanzioni nei confronti della Russia affermando che Mosca stava aiutando i separatisti filorussi in est Ucraina, fornendo armi, munizioni, carri armati. Le prove? Foto aeree, proprio così. In quel caso andavano bene, dato che sono state utilizzate a livello internazionale per varare misure restrittive nei confronti dell'economia russa, dannose, come abbiamo visto, anche per noi.

"E' ovviamente lecito domandarsi a che punto sia avvenuta la metamorfosi dal Putin oppressore al Putin solida fonte di verità"

E' chiaro che non vi è stata nessuna metamorfosi del genere. Non sarà certo questo episodio a migliorare o peggiorare l'immagine di Putin. Ma se i jet russi, che volteggiavano sui cieli siriani già da parecchi mesi, iniziano ad essere abbattuti qualche giorno dopo aver bombardato pozzi dello Stato Islamico riconducibili al commercio illegale di petrolio con Ankara, qualche dubbio viene.

"Le accuse discutibili russe sono circolate in modo quasi totalmente acritico da destra a sinistra, fino all'antipolitica"

Segno che forse non sono così assurde, ma in qualche modo fondate. E' difficile non credere alle tesi diffuse da Mosca quando il figlio del presidente turco è proprietario di una compagnia di navigazione che opera nei maggiori porti turchi, mentre il genero, Berat Albayarak, è stato appena nominato ministro dell'Energia. Dicono che tre indizi fanno una prova.