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Anas Zamzami, da tutti conosciuto come Eneas, si è suicidato lo scorso 25 settembre nel carcere di Pesaro. E' l'ennesimo caso di tale genere che avviene nelle carceri italiane quest'anno: da inizio 2015 ben 35 detenuti hanno deciso di farla finita, numero che aumenta a 590 se partiamo dal 2005.

Come mai questo giovane di neanche 30 anni ha preso una decisione così estrema? Seconda la Sappe (sindacato autonomo di polizia penitenziaria) per il suo "trascorso importante di tossicodipendente e problemi di natura psichiatrica". Ma questa versione lascia più di un dubbio e molte zone d'ombra.

Eneas era stato arrestato nel 2011 perchè accusato di falsa identità e di resistenza a pubblico ufficiale. Doveva scontare, al massimo, 12 mesi di reclusione; purtroppo sono passati quasi 5 anni dal suo arresto e nessuno sapeva spiegarli il perchè di questo "allungamento".

Eneas doveva trovarsi in un altro luogo per una tale accusa, probabilmente agli arresti domiciliari; d'altronde le leggi esistenti, per questo tipo di reato, prevedono misure cautelari alternative al carcere. Ma, nonostante tutto, il ragazzo si trovava dietro le sbarre di una prigione e nessuno sapeva dirgli con certezza cosa sarebbe stato di lui.

Domani a Roma, si terrà un"iniziativa presso il centro sociale Ex Snia, via Prenestina 173. Si comincia alla 12 con un pranzo sociale per raccogliere fondi da destinare alle spese legali. Alle 15, poi, inizierà un dibattito sulla condizione dei detenuti nelle carceri italiane e sulla violazione dei diritti umani con varie associazioni come ACAD, Antigone e Osservatorio sulla Repressione. L'ingresso è a sottoscrizione libera.