Crimea
© Sputnik. Sergey Malgavko
Il 7 dicembre la Regione Veneto ha approvato la legge che definisce il suo popolo e la sua lingua minoranza nazionale. Con questo importante passo i veneti, come sudtirolesi, hanno confermato di voler organizzare la prossima primavera un referendum per ottenere l'autonomia speciale regionale.

Per capire se il Venexit potrebbe davvero diventare realtà Sputnik Italia si è rivolto a Gianluca Busato, presidente di Plebiscito.eu e Segretario del Veneto Si.

— Perché per Veneto è così importante diventare autonomo? Quali vantaggi concreti potranno avere le imprese e il popolo?

— Per il Veneto più che l'autonomia direi che l'indipendenza è un fattore di cruciale importanza. Questo il referendum per l'autonomia speciale regionale del Veneto può essere utile per permettere di avere una possibilità in tal senso. È importante perché è cambiato il quadro macroeconomico e geopolitico del mondo per cui nei prossimi anni Veneto diventerà un ambito cruciale dei nuovi corridoi internazionali di commercio tra Asia e Europa e ovviamente con la Federazione Russa. Una naturale strada di collegamento tra l'Europa per via terra e l'Asia per via mare passa per il Veneto, per il Nord Adriatico. Quindi questo diventa un aspetto fondamentale per la regione per poter tutelare i propri interessi in un mutato quadro internazionale. Tutto questo è dovuto al fatto che l'Italia è entrata in una situazione in cui non riesce a far fronte alla competizione internazionale e quindi il Veneto deve trovare il modo di esercitare le proprie facoltà.

— Il caso della Crimea vi ispira in qualche modo?

— Sicuramente c'è un fattore comune che quello della data in cui abbiamo celebrato i nostri due referendum. La Crimea ha svolto il proprio referendum d'indipendenza il 16 marzo 2014 e il Veneto ha celebrato il proprio referendum d'indipendenza digitale organizzato dal Plebiscito.eu proprio il 16 marzo 2014. Quindi abbiamo condiviso una stagione molto importante per i popoli che desiderano di ottenere la propria sovranità. Credo che il diritto di autodeterminazione dei popoli sia un provvedimento cruciale e non può essere conculcato. Questo diritto è stato confermato nell'Art.1.1 dello statuto dell'ONU, è stato oggetto di vari trattati internazionali ed è stato esercitato nel caso di moltissimi stati che hanno ottenuto la loro indipendenza. Nel dopo guerra sono stati solo 64 stati indipendenti e oggi siamo arrivati ad un numero più elevato, 200 stati indipendenti nel mondo. Quindi hanno sicuramente dei tratti comuni, da un lato la Crimea con l'autodeterminazione che vuole fare parte della madre Russia e dall'altro lato il Veneto che vuole essere indipendente dall'Italia, soprattutto in un nuovo quadro internazionale dove può svolgere il ruolo da protagonista.

— Il plebiscito online è stato organizzato nel 2014 e la vostra iniziativa è stata accolta dai 80 per cento dei veneti. E cosa dicono i sondaggi oggi?

— I sondaggi vedono comunque sempre una maggioranza a favore di propria indipendenza. Penso che si un netto vantaggio rispetto a quelli che non sono favorevoli. C'è chi può essere deluso, nel senso che vorrebbe che questo processo venisse molto velocemente quando in realtà ci vuole un po' più di tempo per raggiungere questo obiettivo. Per esempio, negli Stati Uniti ci hanno messo 7 anni per dichiarare la loro indipendenza. Invece noi in questi due anni abbiamo messo in piedi le strutture che possono permettere domani, quando si finalizzerà questo processo, di poter realizzare il nostro ruolo da stato alla pari con altri stati nel mondo.

— Supponiamo che tutto si concluderà con un Venexit. In questo caso, come costruirete i rapporti con l'Italia, con l'Europa, l'eurozona e con la NATO?

— Credo che non ci siano problemi. Venezia ha una tradizione diplomatica secolare e credo che fra altro ci siano degli interessi comuni e delle sinergie. In particolar modo per quanto riguarda l'Italia, è chiaro che il surplus fiscale di cui gode il Veneto potrà anche essere un motivo importante nella negoziazione dell'indipendenza per assicurare all'Italia una sostenibilità fiscale. In generale l'Europa, come il Veneto, fa parte di un area che dovrà sfruttare le opportunità che stanno emergendo dai nuovi equilibri politici e macroeconomici che stanno avvenendo. Il 2016 da questo punto di vista è stato un anno rivelatore. Rispetto a due anni fa alcuni pilastri che sembravano immovibili si sono mossi, soprattutto con l'elezione di Donald Trump, per cui diventa difficile oggi dire cosa succederà fra qualche anno alla luce di questi grandi cambiamenti. Verrà scelta l'opzione che garantirà i maggiori interessi veneti. Sicuramente fare parte dell'Europa è un'opportunità e possa essere una opzione importante. Quello che va capito è come ci si entra, quali sono le condizioni che il popolo veneto sarà disposto a far proprie per godere dei vantaggi dalla partecipazione in blocco più ampio. Per quanto invece riguarda la parte legata alle alleanze atlantiche, dipende da come si evolverà la situazione. Sarà cruciale capire nel 2017 cosa succederà con la NATO, quale sarà il suo futuro e se avrà un senso farne parte. Io auspico che ci sia un clima internazionale che veda sparire dall'Europa le minacce della guerra, che ci sarà una maggiore collaborazione tra i popoli, tra l'Europa, la Russia e gli USA e quindi in questo senso dovrebbe, spero, venir meno il ruolo della NATO come ombrello militare.

— Veneto è stata la prima regione europea a riconoscere la Crimea russa e a chiedere la revoca delle sanzioni. Questo fatto conferma i stretti legami tra la Russia e il Veneto. Se Veneto sarà indipendente, che ruolo avrà la Russia?

— La Russia avrà un ruolo fondamentale, nel senso che ci sono dei corridori già presenti: il corridoio baltico, la nuova Via della seta, che collega la Cina e la Russia alla parte caucasica. In generale mercato russo, che nonostante una situazione di crisi a causa delle sanzioni, apre vari opportunità, soprattutto grazie ai corridori internazionali di commercio e di comunicazione. Veneto e Russia sono molto collegati da questo punto di vista.