Banca Centrale Europea
Ieri mattina il Financial Stability Review ha pubblicato un documento redatto e presentato da Vitor Costancio, vice Presidente della Bce. All'interno di questo documento, che viene presentato a cadenza semestrale, è illustrato in maniera dettagliata lo stato di salute dell'economia dell'Unione europea, i problemi da risolvere, le opportunità e i rischi per il futuro.

Nel capitolo 2 del report, dedicato ai mercati finanziari, si fa specifico riferimento ad un possibile "calo dei rendimenti dovuti all'incertezza politica". In particolare, come riportato anche da Bloomberg, ciò da cui la Bce vuole mettere in guardia è "il protezionismo economico che potrebbe emergere in seguito alla vittoria dei populisti nel Vecchio Continente". E ancora "una più elevata instabilità politica nei prossimi mesi potrebbe mettere pressione alle banche deboli e ai Paesi con un elevato debito pubblico".

Da queste non troppo velate dichiarazioni pare dunque che i piani alti della Bce vogliano in qualche modo "suggerire" una specifica strada per le prossime votazioni previste in Europa. Il calendario elettorale lungo il Continente è infatti fittissimo e il portale Bloomberg pone molta enfasi su questo. Il 4 dicembre sarà infatti la data sia del referendum italiano, su cui si giocherà probabilmente la sopravvivenza del governo in carica, sia delle elezioni presidenziali in Austria. Queste ultime vedranno la ripetizione del ballottaggio tra Norbert Hofer, candidato del partito di destra FPO, e Alexander Van der Bellen, candidato indipendente dei Verdi.

Secondo gli ultimi sondaggi pubblicati dal tabloid austriaco Osterreich, il gradimento dell'FPO sarebbe al 53% contro il 47% dei Verdi. È possibile che il report della BCE si riferisse proprio alla probabilità di vittoria dei "populisti" austriaci. L'agenda elettorale europea segna poi le elezioni olandesi a marzo 2017. Anche in questo caso il primato nei sondaggi spetta al Partito della Libertà di Geert Wilders, che in tempi non sospetti aveva dichiarato di voler far uscire l'Olanda dall'Unione europea.

In Francia la lancetta politica punta ugualmente a destra: le elezioni sono previste per fine aprile 2017 e il Front National di Marine Le Pen mira al ballotaggio (nelle elezioni regionali 2015 aveva ottenuto il 27.3%, affermandosi come primo partito in Francia).

Trema pure la Germania: la Cancelliera Merkel dovrà vedersela con l'Alternative Fur Deutschland, che nelle regionali dello scorso settembre ha battuto proprio il partito della Merkel nel laender di Macklenburg-Pomerania Orientale.

Quello che la Bce chiama "populismo" ha dunque la possibilità di ottenere una voce rilevante nelle principali nazioni dell'Unione. Tuttavia, dati i toni fortemente allarmistici del Report targato Costancio, è verosimile aspettarsi una qualche azione "preventiva" della Bce stessa. La risposta a questo è presente nello stesso documento finanziario: "C'è il rischio di riaccendersi delle preoccupazioni sulla sostenibilità dei debiti pubblici e privati in un contesto di bassa crescita, se l'incertezza politica dovesse portare ad uno stallo delle riforme".

Proviamo a tradurre la frase: se si affermeranno i partiti "populisti" (incertezza politica) questi non attueranno le riforme chieste da Bruxelles, ma anzi torneranno indietro; l'effetto di ciò potrebbe essere un'esplosione dei debiti pubblici.

Sappiamo d'altro canto che da quasi due anni la Bce ha posto in atto il Quantitative Easing, ovvero un programma straordinario di acquisto di titoli di debito pubblico da parte della Bce, con l'obiettivo di renderla garante dei debiti pubblici sovrani. Se infatti la Bce acquista titoli di Stato, il tasso d'interesse di questi scende o rimane stabile, proteggendo così il Paese da quella che viene chiamata crisi del debito. Come mai la Bce in un report ufficiale dichiara la possibilità di rischio di esplosione del debito pubblico, quando lei stessa sta attuando un programma per esserne garante? Non vorremmo mai pensare male e che la Bce possa volontariamente interrompere una sua funzione per influenzare in qualche modo le elezioni.

Tuttavia vi è purtroppo un precedente storico che riguarda proprio l'Italia. Il 5 agosto del 2011 infatti Jean Claude Trichet e Mario Draghi inviarono una lettera strettamente riservata all'allora governo Berlusconi che, come riportata da Il Sole 24 Ore, così recitava: "Caro Primo Ministro, Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un'azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori...Il Consiglio direttivo ritiene che l'Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali."

Era il periodo in cui il governo Berlusconi tentennava nell'applicare il pacchetto di riforme "proposto" dalla Troika (Bce, Fmi, Commissione europea). Sappiamo poi da un documento dal titolo "Le politiche della BCE che riguardano l'acquisto di Titoli di Stato: impatti e canali", stilato da tre economisti americani, che dall'estate 2011 fino al novembre dello stesso anno, la BCE smise di acquistare titoli di Stato italiani.

La conseguenza fu l'innalzamento dei tassi d'interesse, lo spread con i titoli tedeschi, il rischio altissimo di crisi del debito e le inevitabili dimissioni di Silvio Berlusconi. Seguì la nomina di Mario Monti a Primo Ministro, che applicò alla lettera quanto era stato richiesto nella missiva stilata dalla Bce. Lo scontro tra mondo finanziario e "populisti" pare dunque essere solo all'inizio.