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l «Martin pescatore coi baffi» è stato fotografato nella foresta di un'isola del Pacifico da un ricercatore che lo cercava da 20 anni. Lo ha ucciso per «il bene della scienza»

Assomiglia ad un buffo pupazzo. È bellissimo e molto enigmatico: il «Martin pescatore coi baffi di Guadalcanal» (Actenoides bougainvillei excelsus ) è soprannominato anche l'«uccello fantasma», perché così raro. È una sottospecie che si può trovare solo a Guadalcanal, nelle isole Salomone nell'oceano Pacifico. Si stima che ce ne sono meno di mille esemplari. Un maschio di questa specie è stato visto pochissime volte e non era mai stato fotografato; erano state catturate solo due femmine negli anni Venti del secolo scorso e nel 1953. Poi il colpo di fortuna. A fine settembre, Chris Filardi, direttore del Pacific Program del Centro per la conservazione e la biodiversità del Museo americano di storia naturale a New York, ha sentito il caratteristico «kokoko-kiew», il richiamo dell'esemplare maschio, mentre si trovava in quelle foreste. Cos'ha fatto? Il biologo ha messo via il suo binocolo e lo ha fotografato. Un momento che attendeva da vent'anni. Tuttavia, non lo ha più rimesso in libertà.

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Licenza di uccidere (nel nome della scienza)

In un primo momento, nel suo diario online sulla pagina del museo, Filardi non aveva specificato di aver abbattuto il volatile. Si è saputo giorni dopo, quando le foto del leggendario animale avevano già fatto il giro del Web. L'esemplare del «Martin pescatore coi baffi» è stato «raccolto per effettuare ulteriori studi», dice Filardi al sito The Dodo. La scelta di Filardi e della sua squadra hanno però diviso la comunità scientifica, fatto imbufalire gli animalisti e molti utenti di Internet. Alcuni ecologisti hanno criticato pesantemente «l'uccisione non necessaria» delle rara specie a fini di conservazione. Certo, grazie a Filardi ora sarà possibile descrivere e analizzare nel dettaglio il maschio del «Martin pescatore coi baffi di Guadalcanal». Marc Bekoff, famoso etologo e biologo evoluzionista, professore emerito all'Università del Colorado, spiega che l'uccisione di animali per il bene della scienza è una pratica fin troppo comune, alla quale, però, è il «momento di porre fine».

Benefici

Nonostante le critiche, Chris Filardi difende la sua scelta: «Sebbene gli avvistamenti e le informazioni sull'uccello siano rari nella comunità ornitologica, l'uccello in sé non lo è (...) Non corre il pericolo di estinzione imminente». Le stime degli ecologisti dicono che ce ne sono tra i 250 e i mille esemplari. Prendere un esemplare da una popolazione (invece di fotografarlo soltanto) avrà importanti benefici, aggiunge il ricercatore. Si potrà effettuare un'accurata analisi e studiare l'impatto dell'uomo sulla sopravvivenza di questa specie. Insomma, ucciderne uno per salvarne mille.