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l'Arabia Saudita è un paradiso nel Medio Oriente di tutti i patocrati
Cinque corpi decapitati, che pendono da un palo sospeso tra due gru, sono il pubblico promemoria per dimostrare agli abitanti di Riyadh che fine fanno i criminali. I cinque facevano parte di una banda di ladri, decapitati pubblicamente e issati in aria, dove sono rimasti per diversi giorni.

Il documentario, "Saudi Arabia Uncovered" (Arabia Saudita scoperta) che andrà in onda domani sera, servirà a gettare luce su alcuni aspetti inquietanti della vita in Arabia Saudita, uno dei paesi più sanguinosi e repressivi al mondo, che, al tempo stesso, resta uno dei più stretti alleati della Gran Bretagna (con cui scambia armi e petrolio).

Abbiamo tutti sentito parlare della brutalità del regime saudita, ma ciò che rende questo documentario agghiacciante è vederlo "realmente", dalla realtà ai nostri computer, attraverso la macchina fotografica.

Innanzitutto, una serie straziante di decapitazioni. Una donna vestita di nero viene trattenuta al lato di una strada da quattro poliziotti sauditi, condannata per aver ucciso la figliastra. L'esecuzione avviene con una spada, mentre la donna urla le sue ultime parole strazianti: "Non sono stato io". In un'altra decapitazione, il boia, vestito con gli abiti bianchi tipicamente indossati da uomini sauditi, alza la spada ricurva e la abbatte con decisione sul collo del malcapitato.

Il documentario mostra agli spettatori una grande piazza soprannominata Chop Chop, luogo di tante esecuzioni a Riyadh. La telecamera si sofferma sul sistema di drenaggio macchiato di rosso, usato per lavare via il sangue dei giustiziati.

Emerge un paese governato da un sistema dittatoriale e assassino, che rifiuta di tollerare il dissenso. Le decapitazioni sono all'ordine del giorno (con un ritmo di quasi una al giorno). I feroci codici morali vengono fatti rispettare dalla polizia che pattuglia le strade e i centri commerciali. Le donne vengono frustate al minimo sbaglio. La blasfemia è punibile con la lapidazione, il furto con l'amputazione. Chiunque venga beccato a insultare l'Islam si becca dieci anni di prigione, se gli va bene.

ll resto del mondo viene premurosamente e sistematicamente tenuto all'oscuro di tutto questo, anche perché è impossibile per i giornalisti stranieri filmare e trasmettere una scena qualunque senza guardie del corpo. Solo grazie alla straordinaria bravura e al coraggio dei creatori di questo documentario e degli attivisti sauditi che li hanno aiutati, la verità andrà finalmente in onda.