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Il prossimo ottobre i cittadini italiani saranno chiamati a votare per il referendum confermativo sulla riforma costituzionale.


Dopo tre Governi nati da giochi di palazzo e dopo le transumanze di parlamentari e di gruppi partitici creati per convenienza, sarebbe bene che gli italiani comprendessero qual è veramente la posta in gioco in questa consultazione elettorale.

Persino l'ex presidente della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky, in una recente intervista a La Stampa, si è espresso in modo lapidario sul testo varato dal governo Renzi: Non voglio più insegnare diritto costituzionale. Se passerà il referendum sulla riforma Boschi non saprei nemmeno più cosa insegnare. E' un testo scritto malissimo, in certe parti contraddittorio e incomprensibile... La chiarezza per una Costituzione è anche un fatto di democrazia.

E la sua posizione non costituisce un caso isolato: le critiche stanno piovendo dai giuristi più autorevoli di qualsiasi estrazione politica e sono accomunate dal timore per un testo impraticabile alla prova dei fatti e che tende al centralismo autoritario dei poteri. Renzi non offre poi rassicurazioni su questo punto, quando al Congresso dei Giovani Democratici dichiara:

Mi dicono: ma tu governi coi voti del centrodestra? Già, perché abbiamo perso le elezioni l'altra volta. La prossima volta le vinceremo e non ci saranno. Conosco un metodo infallibile per non avere in maggioranza Alfano e Verdini: vincere le elezioni, cosa che nel 2013 non è accaduta... Non abbiate paura di giocarvi la carta del potere, perché non ha un valore né positivo né negativo: è la carta per fare le cose.

Il premier insegna alla futura classe dirigente che l'esito elettorale può essere disatteso, pur di esercitare il potere; come legislatore costituzionale è stato coerente, mettendo in piedi un premierato assoluto con un macroscopico vizio di forma: il non passare attraverso il voto diretto dei cittadini. Le dittature nascono sempre così, con modifiche ai principi cardine dello Stato per garantire le risposte ai cittadini delusi. Di fronte al mostro normativo gli italiani hanno anzitutto il dovere di informarsi. Zagrebelsky ha stilato ben 15 motivi per dire no al referendum costituzionale, sbugiardando tutte le scuse che accamperà il Governo per legittimare il proprio operato. Questi punti rappresentano un vero manifesto, in quanto calano la riforma nel contesto reale in cui si trova l'Italia: una nazione che oggi ha un Parlamento illegittimo, che è ostaggio dei diktat di un'Europa matrigna e affarista, un Paese che con la scusa dell'ingovernabilità giustifica la propria inerzia e legittima i colpi di mano e le minacce di epurazione (si ricordi il trattamento riservato a sindacati, associazioni datoriali, parlamentari non allineati al pensiero unico). Zagrebelsky ci tratteggia un quadro spietato della Repubblica renziana, nella quale si sta ultimando la demolizione dello Stivale avviata col berlusconismo, il giacobinismo delle sinistre e con i tecnocrati europeisti.

Personalmente credo vi siano otto ragioni per riflettere seriamente sulla riforma Boschi. In primo luogo, si è certi che questa modifica della Costituzione non aumenterà le tasse? Evidentemente, di fronte ad un ritorno al centralismo, ci sarà meno efficienza e quindi maggiore spesa pubblica: qualcuno si ricorda la Prima Repubblica, nella quale alla sussidiarietà si preferivano le politiche ministeriali? Il debito aumentava peggio di adesso e la parola efficienza era sconosciuta.

Poi il Senato: a differenza di quanto continua a sostenere il Governo, questo ramo del Parlamento non viene abolito, ma diventa solo un organo non elettivo con competenze non molto chiare che rischiano di paralizzare l'operatività delle Istituzioni locali; basti pensare alla situazione delle Province che la Riforma Delrio abolisce sulla carta e che invece sono ancora lì vive e vegete, ma senza dotazioni economiche adeguate persino per le funzioni basilari.

E lo vogliamo davvero un Senato non più votato dal popolo, ma con senatori protetti dall'immunità parlamentare? E i cittadini saranno contenti che i senatori a vita continuino a esistere, pur non essendo più a vita ma con una nomina settennale? Inoltre viene alzato il numero di firme necessarie per presentare un referendum abrogativo, ma non si ha il coraggio di aprire all'istituto del referendum propositivo. Si giunge infine alla peggiore delle questioni: la riforma costituzionale unita alla nuova legge elettorale, il cosidetto Italicum, darà la possibilità a una minoranza (cioè alla lista che prende un voto in più) e al suo premier non votato direttamente dal popolo di nominare più di 1600 posti di governo, cioè posizioni preminenti come quelle nella Corte Costituzionale o nel Cda della Rai, nell'ambito delle Authority o negli Istituti di Ricerca. È una deriva pericolosa che assume l'immagine di una dittatura della minoranza. Ma l'Italia ha bisogno di un'involuzione del genere pur di garantire finalmente la governabilità? Non lasciamo ai posteri la sentenza, che non sembra per nulla ardua, ma riflettiamo bene prima di votare.


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