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L'opposizione scende in piazza gridando all'omicidio di regime e il Partito democratico del popolo, per la prima volta in parlamento, denuncia «l'assassinio premeditato".

La Turchia, già attraversata dalla crisi con la Russia, è un calderone in ebollizione.

Tahir Elçi, conosciuto come l'avvocato filocurdo, a metà ottobre aveva dichiarato alla CNN:
«Il Pkk non è un'organizzazione terroristica, anche se alcune sue azioni sono atti di terrorismo: è un gruppo politico, che rivendica i diritti dei curdi. Io condanno la violenza, ma le richieste politiche sono politiche».
Immediatamente fu arrestato e poi rilasciato su cauzione per «apologia di terrorismo a mezzo stampa», un reato che in Turchia prevede fino a 7 anni di reclusione.

Sabato mattina, prima di una conferenza stampa a Diyarbakir, città curda situata nel sud est della Turchia, ecco pronta l'imboscata, un taxi arriva all'improvviso, alcuni poliziotti sparano e l'avvocato Elci viene uccciso.

Per il presidente Erdogan si tratta di «un incidente che mostra quanto sia nel giusto la Turchia nella sua lotta determinata contro il terrorismo» curdo. Ma nessuno ha dubbi: l'opposizione scende in piazza gridando all'omicidio di regime e il Partito democratico del popolo, per la prima volta in parlamento, denuncia «l'assassinio premeditato".

Erdogan aveva fatto saltare il negoziato di pace con i curdi pochi mesi fa, per rinnovare lo scontro, creare allarme nel Paese e raccogliere più voti a destra.

Elci era noto in Turchia per la sua difesa dei diritti umani, soprattutto per la denuncia delle condizioni in cui vive la minoranza curda. Era stato proprio lui a richiamare l'attenzione su episodi di cronaca gravi, come la lotta a Cizre, sempre nel Sud-Est della Turchia, fra Pkk e polizia e il coprifuoco imposto dallo Stato in altre località della stessa regione.

Intanto, dal carcere di Istanbul è stata spedita una "lettera aperta" all'Unione europea. Dundar ed Erdem Gul, i due giornalisti arrestati per aver pubblicato le foto del traffico di armi con Daesh al confine siriano chiedono all'Europa di «non chiudere gli occhi sulle pratiche che violano i diritti umani e la libertà di stampa».