Alessandro Proto foto città
In un libro, Alessandro Proto racconta di come ha ingannato i media facendo credere di essere socio di Trump, agente immobiliare di Clooney e di voler comprare La7. Dal Corriere della Sera a Il sole 24 ore fino a Il Fatto Quotidiano. Tante testate hanno abboccato alle bugie del "finanziere"
Alessandro Proto è un genio. Ha fatto affari con Donald Trump e Carlos Slim, ha quasi comprato La7 e il Torino, si è candidato alla presidenza di Unicredit e ha tentato di scalare Rcs e Fiat. Da semplice consulente è diventato l'immobiliarista delle star di Hollywood in Italia; tra i suoi clienti ci sono George Clooney e Leonardo di Caprio. La sua vita spericolata ha ispirato il personaggio di Christian Grey, l'imprenditore erotomane protagonista di "Cinquanta sfumature di grigio". E Scorsese ha pensato di girare un film su di lui. Ma soprattutto, ha ingannato per anni i principali giornali italiani ed europei. Perché tutto quello che abbiamo detto finora, non è vero.

Dal Corriere della Sera a il Sole 24 ore; da El Mundo, fino a Reuters e il Daily Mail. Tante testate prestigiose hanno abboccato alle bugie messe in giro dallo stesso Proto. Comunicati stampa, finte mail, allusioni. L'imprenditore ha creato un personaggio fasullo solo per il gusto di manipolare i media, diventare famoso e sfruttare il successo per fare affari con la sua società.

Alessandro Proto - Libro
È lui stesso a rivelare l'inganno in Io sono l'impostore (Ed. Il Saggiatore). Il libro è scritto a quattro mani con il giornalista Andrea Sceresini, uscito il 2 novembre. Proto, non aveva dietro complici o grandi strutture. Sono bastati «un cellulare, un computer portatile, una collegamento a internet e una buona lista di contatti». Nessuno, fino all'ultimo, ha saputo del suo bluff.

Tutto è iniziato per caso. Nel febbraio 2010 i due legali milanesi di George Clooney trovano negli elenchi di categoria la sua azienda di consulenza immobiliare di Lugano. Cercano qualcuno per vendere la villa di Laglio dell'attore di Hollywood ma non sanno che Proto non ha nemmeno la licenza per esercitare la professione. Dopo il colloquio, Proto chiama subito il Corriere della Sera che pubblica la notizia in prima pagina, senza verificare la veridicità delle affermazioni dell'imprenditore.

Da lì, Proto capisce il meccanismo: cercare i personaggi più in voga nei media, inventarsi notizie verosimili, fabbricare comunicati stampa a ripetizione, sperare che i giornali non verifichino mai le notizie e che i vip coinvolti non smentiscano. E così accade. Nel giro di pochi mesi Proto appare su tutti i giornali italiani. Aumenta la sua fama di immobiliarista delle star e quella della sua azienda, la Alessandro Proto Consulting. Sono tanti i piccoli imprenditori italiani che chiedono di fare affari con lui dopo aver letto gli articoli. Ottocento clienti nel solo 2012. «Una paginata di giornale, in Italia, vale più di un'intera carriera».

Proto snobba tutti: giornalisti che chiedono interviste, star e starlette italiane desiderose di entrare nel suo giro di clienti per prestigio e non solo. Si concede poco e nulla, anche per alimentare la sua immagine di personaggio importante. Sta tutto il giorno chiuso nella sua stanza a mandare comunicati. Ogni articolo uscito, conferma e alimenta il castello di carte.

Dal mondo dell'immobiliare, Proto passa rapidamente a quello della finanza. Diffonde un comunicato dove finge di essere a capo di una cordata che ha comprato il 2,8% delle azioni di Tod's, l'impero delle calzature di Diego e Andrea Della Valle. In Italia abboccano e Proto rischia, sapendo di potersi avvalere del segreto professionale, visto che la sua sede è a Lugano. I giornali italiani riprendono la notizia senza verificare. E quando un cronista del Sole 24 ore chiede un documento della trattativa, Proto si siede al pc e fabbrica un documento falso: manda una mail a se stesso cambiando indirizzo del mittente in quello di Mediobanca. L'Istituto finanziario smentisce, l'acquisizione di fatto non è mai avvenuta, ma la notizia rimane.

Proto non si ferma qui. Manda agenzie annunciando di voler scalare Rcs e Fiat e si candida addirittura alla presidenza di Unicredit. I giornali riportano tutto, senza controllare neanche se avesse i requisiti o meno per farlo. L'agente immobiliare ha capito il trucco per fare lo stesso nel mondo della finanza: annunciare acquisizioni sotto il 2%. Superata quella soglia si deve comunicare subito l'operazione alla Consob, l'autorità indipendente che vigila sulla trasparenza del mercato finanziario italiano. Ma se si rimane sotto, no.

L'8 novembre 2012, Proto cerca di capitalizzare la sua fama, raggiungendo l'apice del suo bluff: si candidanda alle primarie del Pdl (Partito delle libertà). Una discesa in campo che alimenta con dichiarazioni sprezzanti contro Angelino Alfano e Maurizio Gasparri, sapendo che i giornali le avrebbero riprese. I dirigenti politici sono costretti a dare la loro opinione su uno sconosciuto ai giornalisti che chiedono del nuovo fenomeno politico del centrodestra. Arriva addirittura a incontrare il suo idolo: Silvio Berlusconi. L'unica operazione vera della sua carriera è quella che gli è però costata il carcere. Un conto è fingere amicizie con star oltreoceano o cordate misteriose; un altro è entrare nell'arena della politica italiana. La candidatura porta con sé ancora più fama e l'attenzione dei pm che iniziano a indagare sulla sua società. E così il 14 febbraio del 2013 Proto viene arrestato. Tutto finito? Non proprio, si scopre leggendo il libro.

Io sono l'impostore non è solo la compiaciuta confessione di un narciso consapevole; è la spia di un malessere dell'informazione. «I fatti vanno controllati, verificati, inseguiti. Inseguire i fatti è sempre una rogna, e la stampa, di rogne, non ne vuole avere. La stampa, oggi, si nutre di cliché. E Proto, di cliché, è pronto a fornirne a bizzeffe».

Nato nel quartiere milanese di Lambrate, negli anni '70, Proto a 14 anni frequenta la bisca di Cascina Gobba e ha l'illuminazione per fregare i media nostrani e non: «è solo l'abito che fa il monaco. Il resto non conta un cazzo» Già, l'abito fa il monaco. E i cattivi giornalisti che non verificano alimentano le bufale.

Il dizionario Collins ha inserito da pochi giorni il termine "Fake news" come parola dell'anno del 2017; la presidente della Camera Laura Boldrini e la ministra dell'istruzione Valeria Fedeli hanno organizzato pochi giorni fa la campagna #BastaBufale per convincere i giovani a scovare le notizie false in rete; decine di Festival organizzano ogni anno dei panel su come contrastare le notizie false. Eppure il giornalismo italiano (ed europeo) si è fatto fregare per anni da Alessandro Proto, molto prima che arrivasse Donald Trump a coniare il termine. Forse il miglior modo per combattere le fake news non è discuterne in modo ossessivo tutti i giorni; basterebbe non essere pressappochisti, verificare le notizie e non avere l'ansia di riempire per forza la pagina web o di carta. Basterebbe fare il giornalismo, quello vero.

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