castello di nido di rondine sulla roccia

Gli italiani e la Crimea, gli italiani di Crimea. Una terra così unica e per molti versi simile all'Italia, che da sempre attrae viaggiatori, mercanti, architetti ed altri geni dal Belpaese. Finalmente un libro raccoglie le storie degli italiani che hanno lasciato la propria penisola per scrivere il loro nome nella storia dell'altra.


A Sputnik Italia presenta il volume "Italiani di Crimea. Storia e destini" Giulia Giacchetti Boico, autrice e a sua volta italiana di Crimea.

Chi erano e chi sono oggi gli italiani di Crimea?

Quella degli italiani di Crimea è una comunità formata nella seconda metà dell'Ottocento. Si trattò per lo più di emigranti provenienti dalla Puglia, ma entro la data dell'Unità d'Italia la comunità contava rappresentanti di diversi stati italiani. La prima immigrazione era composita, c'erano mercanti, navigatori, personalità religiose. Nel '900 dopo la rivoluzione russa alcuni tornarono o furono rimpatriati in Italia (per lo più a Trieste).

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© Foto: Pagina Facebook "Italiani di Crimea"La copertina del libro "Italiani di Crimea. Storia e Destini"

Successivamente in Crimea arrivarono emigrati politici, comunisti ed antifascisti italiani. Nel 1942 la comunità fu deportata forzatamente nelle regioni settentrionali del Kazakhstan ed in Siberia. Dal dopoguerra ad oggi non tutte le famiglie sono riuscite a tornare, adesso in Crimea (per lo più nella città di Kerch) abitano piu' o meno cinquecento persone di origine italiana, membri in larga parte di famiglie miste. Altre famiglie abitano nei luoghi dell'esilio e in Russia.

Venendo al libro, ci racconta com'è nata l'idea di dedicare un volume alla storia di questi italiani che hanno "cambiato" penisola?

Questo è il terzo libro che scrivo sugli italiani di Crimea. Il primo, "L'Olocausto sconosciuto. Lo sterminio degli italiani di Crimea" venne scritto in italiano, russo ed ucraino nel 2007 con il professor Giulio Vignoli, il secondo "Il genocidio dimenticato, italiani di Crimea" vide la luce nel 2012 solo in italiano e sempre in collaborazione con lo stesso professor Giulio Vignoli ed il giornalista Rai Sterano Mensurati. Come si evince dai titoli, questi libri raccontano la storia degli italiani di Crimea dal punto di vista della deportazione.Con questo nuovo, terzo, volume abbiamo voluto raccontare la nostra storia come la capiamo oggi, farla sapere ai popoli della penisola, che sentiamo come nostri vicini.

Qual'è stato l'evento determinante per questo cambio di prospettiva, che ha portato alla decisione di scrivere un libro diverso dai primi due?

La visita del presidente Putin in Crimea nel settembre del 2015. In quell'occasione Putin insieme a Silvio Berlusconi rese omaggio al monumento ai soldati italiani caduti in Crimea, poi decise di incontrare una nostra delegazione. In seguito a questo incontro il presidente russo firmò il documento di riconoscimento ufficiale della minoranza italiana in Crimea e dalla Duma venne riconosciuto un sussidio per attività di ricerca storica e divulgazione sulla storia degli italiani di Crimea.

Per raccontare la storia di ogni famiglia abbiamo raccolto testimonianze, documenti e fotografie. Abbiamo registrato le memorie di diversi italiani anziani, alcuni dei quali ci hanno lasciati prima che venisse alla luce questo libro.


C'è una figura che più di tutte l'ha colpita?

Mi colpisce ogni storia che racconto, e tocca il cuore. Tutte insieme creano un mosaico della storia della nostra minoranza italiana di Crimea.

Quante storie contiene il volume?

Il libro contiene le memorie di 31 rappresentanti di altrettante famiglie. Tra di loro c'è anche Antonio Felice Garibaldi, zio di Giuseppe.

Ci dica qualcosa di più su di lui.

Quest'ultimo è un personaggio interessante. Essendo un negoziante si occupava di commercio nei porti di Kerch, Feodosia, Mariupol, Taganrog ed aprì uno dei primi pastifici italiani in Russia. Negli anni '30 dell' 800 si stabilì a Kerch e fu nominato console del Regno di Due Sicilie e quello di Piemonte e Sardegna. Per sua iniziativa fu costruita la chiesa cattolica di Kerch, finita nel 1840. Insieme agli studiosi italiani continuiamo a studiare queste pagine di storia. Attualmente abbiamo già fatto una richiesta al municipio di Kerch per denominare una via, uliza "Garibaldina".

E Garibaldi ci venne mai in Crimea?

Sappiamo che a Kerch ancora prima dell'Unità d'Italia si fermarono diversi sostenitori dell'Eroe di due mondi, come Marco Simone, seppellito in camicia rossa e Mauro Di Pierro, sulla tomba del quale al cimitero di Kerch è scritto in italiano "garibaldino".

Senza dubbi, anche Giuseppe Garibaldi fu qualche volta a Kerch durante i viaggi nei porti dei Mar Nero e Mar d'Azov, anche perchè non sarebbe possibile attraversare lo stretto di Kerch per andare a Taganrog o Mariupol senza fare quarantena a Kerch.

Esistono anche testimonianze contemporanee secondo cui Giuseppe Garibaldi, già famoso, si recò a Kerch per andare a trovare lo zio.


Il libro è edito in russo, uscirà anche in Italia?

Per ora no, non ci abbiamo pensato. In diverse città italiane abbiamo portato la nostra mostra "Tragedia Dimenticata — Storia degli Italiani di Crimea".

Nell'ultima occasione, il 7 gennaio, a Napoli, una giovane ricercatrice italiana, Heloisa Rojaz Gomes, ha presentato i nuovi documenti emersi dagli archivi russi e del Kazakhstan, dove oltre ai deportati della comunità italiana di Crimea è documentata la presenza di oltre 900 prigionieri dell'Armir, dati per dispersi e da noi ritrovati.


Infine, secondo lei, qual è il segreto di questa attrazione che da secoli provano gli italiani verso la Crimea?

Si potrebbe parlare dei terreni fertili, dei mari pescosi e dei porti commerciali da dove arrivarono in Italia le navi cariche del grano duro. Ma mi sembra che l'attrazione sia più profonda e reciproca. E' uno dei misteri da svelare.