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© AFP 2015/ PHILIPPE HUGUEN


A intermittenza tornano di moda nel vocabolario politico europeo i concetti di sovranità popolare e di federalismo, piegati entrambi alla convenienza di chi li invoca, diventando la banderuola di europeisti, euroburocrati o euroscettici.

Emblematiche le recenti esternazioni al portale Linkiesta dell'ex premier Mario Monti, secondo cui gli Stati sono la rovina dell'Europa: Le politiche nazionali dovrebbero rimanere a casa loro, non invadere, in modo evidentemente incompatibile e disorganico, lo spazio che è stato previsto per la politica europea. Il fatto è che l'Europa viene divorata dalle politiche nazionali, è un fenomeno di "eurofagia". Sicuramente c'è una crisi politica dell'Europa, ma non si risolve cercando di fare assomigliare di più la politica a livello comunitario alle dinamiche politiche che vediamo nei singoli paesi. Questo non vuol dire risolvere la crisi politica europea, ma anzi trasferire anche sul piano comunitario la crisi che oggi attanaglia quasi tutte le democrazie nazionali.

Ed ecco a voi la quintessenza del fallimento dell'Europa e della sua originaria vocazione federalista. Appare ormai chiara la deriva autoritaria che a cui è avvezza una parte della classe politica di Bruxelles, quella vicina ai circoli finanziari, ai club sovranazionali, ai Bilderberg euro-atlantici, di cui Monti è personaggio di spicco da molti anni. Con idee come le sue, la Troika e la Commissione hanno assassinato in un colpo solo i principi di sovranità popolare e di federalismo solidale che stavano alla base della fondazione di uno spazio comune continentale.

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© Sputnik. Алексей Дружинин Mario Monti
A dispetto di quanto dice Monti, l'Europa è messa in ginocchio dalle sue stesse scelte, quelle che lui vede come soluzione e che invece costituiscono un danno, perchè snaturano l'idea originaria d'Europa. Da anni, nel Vecchio Continente si reprime il dissenso invece di comprenderlo e dipanarlo, mentre da un decennio a questa parte si ignorano gli interessi nazionali a favore di un modello di governo elitario, calato dall'alto, fatto su misura degli interessi di determinati gruppi finanziari. In questo tipo di Unione Europea si annida una forma subdola di dittatura, travestita in modo elegante da democrazia. Lo dimostra la debolezza del diritto internazionale, in cui anche il principio di sovranità di uno Stato diventa difendibile o meno a seconda della convenienza del momento: e il caso siriano ne è un esempio lampante.

Quando si guarda ad alcuni Paesi membri con sufficienza, come portatori di meno diritti rispetto ad altri, o addirittura come una zavorra, si uccide l'idea di federalismo e si sposa quella di un'annessione silenziosa attraverso l'idea dei "compiti a casa" imposti da Bruxelles o tramite l'ingerenza nelle questioni nazionali veicolata con una massiccia propaganda. Viene proprio da domandarsi che fine abbia fatto l'ideale dei Padri costituenti dell'Europa.

Si pensi ad Alcide De Gasperi, che affermava: Non diciamo qualche cosa che limiti le nostre forze reali, che diminuisca, comprima e deprima il nostro sentimento nazionale italiano: la base di tutte le cooperazioni è la nazione, in un consorzio di nazioni libere. E a Winston Churchill che disse: Dobbiamo ricreare la famiglia europea in una struttura regionale che prenderà il nome, forse, di Stati Uniti d'Europa. Ma dov'è finita questa Europa che nasce dalla somma delle tradizioni e delle identità di più nazioni? Diversità che sono un valore aggiunto e non un ostacolo da superare?

Peraltro la cessione di una parte di sovranità è possibile solo se ogni Stato ne cede la medesima quantità. In questo momento storico è evidente come alcuni pretendano che tale rinuncia sia a senso unico verso certi Stati membri.

Siamo distanti anni luce dal principio "uno Stato — un voto": la crisi greca lo ha dimostrato in modo imbarazzante. Francia e Germania decidono, sotto la supervisione statunitense, e agli altri non resta che adeguarsi, con buona pace della dialettica politica.

Per fortuna, la vittoria della destra in Portogallo dimostra che si può dire no a questa ottusa e distorta visione dell'Europa, che vorrebbe imporre tout court modelli esteri in Stati diversi senza tenere conto degli interesse dei popoli che vi abitano. Monti invoca la morte delle sovranità nazionali, apparentemente dimenticandosi di tracciare la rotta europea. In verità lui ce l'ha bene in mente (avendone ricevuto l'implicito mandato dai suoi club finanziari, o chiamiamole lobby) ma non la dichiara, perchè sa che verrebbe subito fermata da quegli Stati che tanto detesta.