Al-Qaeda/Boko Haram
Ennesimo attentato a Mogadiscio, capitale della Somalia: un'autobomba ha ucciso tre persone e provocato otto feriti. Al momento l'attentato non è stato ancora rivendicato da nessuna sigla in particolare, anche se molti indizi portano a sospettare degli al Shabaab legati ad al Qaeda. E' però notizia degli ultimi mesi che in Somalia abbia sempre più guadagnato terreno anche l'ISIS, che certamente in uno Stato tanto destabilizzato ed evanescente non poteva non individuare un'ottima preda per le sue ambizioni espansionistiche.

Che la Somalia fosse una potenziale ed appetibile preda per il terrorismo lo si sapeva già dai tempi di Bin Laden, il "Califfo del Terrore". Oggi, però, c'è un nuovo Califfo, al Baghdadi, che in fatto di terrorismo ha dimostrato d'essere il tipico allievo in grado di superare il maestro.

Al Qaeda, come ebbi già modo di descrivere in un mio libro, "ISIS - Una minaccia all'Islam", è stata l'apripista del movimento-Stato di al Baghdadi. Da al Qaeda l'ISIS ha appreso le tattiche d'organizzazione di una rete terroristica, il concetto di "franchising del terrore" (il mettere cioè liberamente e virtualmente a disposizione di chiunque il proprio logo per rivendicare i suoi attentati, che vengono così "nobilitati" da un marchio di grido anzichè restare episodi isolati, collegati magari ad una sigla anonima ed improvvisati, e pertanto anche destinati ad essere facilmente dimenticati) e via dicendo. Del resto, per molto tempo, prima ancora d'assumere il nome di ISIS, l'organizzazione oggi guidata da al Baghdadi è stata proprio una branca di al Qaeda.

Proprio per il fatto che al Qaeda sia stata l'apripista dell'ISIS, dall'Iraq in avanti, non possiamo stupirci di vedere la seconda in azione in tutti quei teatri dove in passato ha furoreggiato la prima. Pertanto, se al Qaeda ha agito con successo in paesi come l'Afghanistan, l'Iraq, la Siria, lo Yemen, il Sudan, oltre a regioni strategiche come il Maghreb ed il Corno d'Africa, l'ultima cosa di cui dovremmo meravigliarci è di vedere l'ISIS apparire ugualmente in quei territori, proseguendone il sogno d'erigere un Califfato sanguinario.

Ecco perchè la Somalia, e tutta la regione del Corno d'Africa in genere, può costituire un interessante e sicuramente inevitabile approdo per l'organizzazione-Stato capeggiata da al Baghdadi. Il discorso vale ovviamente anche per il Maghreb, dove da tempo fa parlare di sè l'organizzazione AQMI (al Qaeda nel Maghreb), insieme ad altre che soprattutto in Libia ed in Mali hanno fatto tristemente parlare di sè. Infine vi è Boko Haram, nell'Africa Nera, che è notoriamente affiliato all'ISIS avendo fondato un proprio emirato che ha giurato fedeltà ad al Baghdadi. Il Camerun, la Nigeria, il Ciad, sono tutti paesi che devono dolorosamente fare i conti con questa terribile piaga.

Alcuni paesi africani si trovano fra l'incudine ed il martello. Pensiamo per esempio al Niger: al nord c'è la Libia, con al Qaeda ed ISIS, mentre al sud c'è la Nigeria, con Boko Haram. Stretto in questa morsa, che pure combatte tenacemente, il Niger dovrebbe rappresentare per noi occidentali un alleato strategico. Invece preferiamo fustigarlo con accuse sulla sua forma di governo, che a nostro parere non sarebbe un'autentica democrazia, quando invece vi si sono tenute elezioni trasparenti e regolari, sottoposte all'attenzione degli osservatori internazionali. Demonizzando e ghettizzando il Niger, noi occidentali facciamo il gioco della sua leadership, che combatte efficacemente il terrorismo, oppure quello dell'ISIS e di Boko Haram? Da notare che gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno criticato il Niger, all'inizio del 2015, per aver proibito alcune presunte manifestazioni dell'opposizione dove in realtà i partecipanti, quasi tutti venuti da fuori, volevano dar fuoco alle scuole e alle chiese cristiane.

Anche il Ciad è un altro paese chiave nella lotta al terrore. Tuttavia il suo presidente, Idriss Déby, ha rivendicato a sè l'eredità storica e politica di Gheddafi, rilanciandone il proposito di costituire un'unica moneta africana e di abbandonare il Franco CFA, controllato da Parigi e dagli istituti finanziari occidentali. Così il Ciad è subito diventato un nemico, agli occhi di noi occidentali, ed il fatto che combatta senza quartiere contro il terrorismo proveniente dal nord e dal sud, dall'ISIS e da Boko Haram, è semplicemente passato in secondo piano. Prima o poi ci faranno credere che anche Déby, al pari di Laurent Gbagbo della Costa d'Avorio, sia un mostro dittatoriale da rimuovere a tutti i costi. Non a caso, nel vertice fra Stati Uniti e leader africani dello scorso anno, Déby fu indicato come uno dei tredici capi di Stato del Continente da rimuovere a tutti i costi, insieme al camerunense Paul Biya o all'eritreo Isaias Afewerki: guardacaso, tutti presidenti che lottano incessantemente contro il terrorismo ed il fondamentalismo, oltretutto riportando numerosi successi.

La notizia che il Camerun abbia eliminato cento uomini di Boko Haram e liberato novecento suoi prigionieri, infatti, è stata mal digerita negli ambienti politici e militari occidentali, che già da tempo lavoravano alla demonizzazione di questo paese e del suo presidente, colpevoli d'essersi troppo avvicinati negli ultimi tempi alla Cina e alla Russia. Non a caso subito dopo è stato detto che il Camerun aveva compiuto un'incursione in territorio nigeriano massacrando centinaia di civili, ma chiaramente ben guardandosi dal citare anche soltanto uno straccio di prova.

E' fin troppo chiaro che finchè in Occidente considereremo come avversari quei paesi che combattono i nostri veri nemici, ovvero i terroristi che invece trattiamo da amici non esitando a fornir loro finanziamenti ed armamenti, ben poca strada potrà essere fatta nella cosiddetta "guerra al terrore". I nostri amici sono la Siria, la Russia, i paesi africani in prima linea nella guerra al terrorismo e così via. Certamente non al Qaeda, al Nusra, l'ISIS o quanti, a livello internazionale, li sostengono, dal Qatar all'Arabia Saudita fino alla Turchia.

Muammar al Gheddafi, oggi, sarebbe stato un alleato fondamentale. Abbiamo preferito distruggerlo trasformando la Libia in una nuova Somalia (e con ciò ritorniamo al principio del nostro articolo). Stando così le cose, come possiamo considerare come nostri amici ed alleati certi paesi africani dove Gheddafi è ricordato come un grande padre dell'Africa e dove addirittura ci si può imbattere anche in moschee e statue a lui dedicate? Siamo purtroppo coerenti nel nostro processo d'autodistruzione.