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di A. Terenzio


Gianluigi Buffon in lacrime. Questa l'immagine del maggior fallimento del calcio italiano. La nazionale non partecipera' ai mondiali che si svolgeranno il prossimo giugno a Mosca. Una "Caporetto" sportiva che ha pochi precedenti nella storia del calcio italiano; l'ultima eliminazione risale infatti a 60 anni fa contro l'Irlanda del Nord.

Non sono bastati i 73.000 tifosi giunti in massa a San Siro, per sostenere la nazionale in un'impresa che si rivelava ardua gia' dall'andata, dove a Solno la Svezia ci aveva battuto con un gol deviato. Gli azzurri non sono riusciti in 180 minuti a fare un gol ad una Svezia organizzata ma modesta, decisamente alla portata del gruppo di Ventura.

Un doppio confronto probabilmente preso sotto gamba e che ha manifestato i limiti di un gruppo di giocatori e del suo allentatore. Ma andiamo per ordine. Dopo il Ko ricevuto con la Spagna qualcosa si e' rotto ed il cammino degli azzurri si e' fatto maledettamente piu' complicato, fino allo cocente delusione di ieri sera.
Adesso pero' e tempo di bilanci e processi che vedranno imputati non solo giocatori e staff tecnico, ma l'intero sistema calcio a partire dal presidente delle Federazione Tavecchio.

Il presidente della FGCI appare il principale responsabile di questa catastrofe sportiva che ha come cause principali, i personalismi, gli interessi delle lobby, l'egoismo delle squadre di club e la mancanza di un adeguato ricambio generazionale, che si esprime nella mancanza di talenti e nella crisi di un sistema calcio che e' stato incapace di rinnovarsi. Il campionato italiano e' da tempo decaduto ed il fallimento della nazionale ne rappresenta il tragico epilogo.

Dopo il mondiale vinto nel 2006 abbiamo collezionato magre figure, mancando in tutti gli appuntamenti successivi. Negli Europei non siamo riusciti fare di meglio, perdendo disastrosamente una finale con la Spagna. La nazionale presa in mano da Conte, con evidenti limiti tecnici, e' comunque uscita a testa alta contro la Germania alla lotteria dei rigori, dove tuttavia non arriviamo mai lucidi.

Tornando alla disfatta contro la Svezia, a questo punto le dimissioni Tavecchio ci sembrano doverose cosi' come quelle di Ventura. Sul primo ricade la responsabilità della scelta di un tecnico mediocre con nessuna esperienza internazionale e non all'altezza del compito. Il voler risparmiare sull'ingaggio del tecnico ci e' costata una eliminazione che avrà i suoi riflessi economici anche in altri settori legati all'immagine del "made in Italy". Una eliminazione che non va vista soltanto nei suoi contorni sportivi.

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Buffon piange per la sconfitta
Responsabilità ovviamente anche da parte dei giocatori, che dopo il Ko di Madrid sono sembrati smarriti ed incerti. La delusione per le nuove leve come Verratti, erede mancato di Pirlo, mai maturato e non all'altezza del fuoriclasse bresciano; gli Insigne e gli Immobile, buoni giocatori, ma poca roba se paragonati agli eroi di Berlino. Ai "senatori" non e' mancato l'impegno e l'amore per la maglia. Le Grida di De Rossi dalla panchina, la maschera protettiva gettata da Bonucci, il pianto di Belotti e le lacrime di fronte al giornalista Sky di Buffon, saranno le immagini più drammatiche della disfatta azzurra. Adesso pero', come titola Tony Damascelli in un duro articolo sul Giornale.it, c'e' davvero bisogno di una rivoluzione. E a parere di chi scrive, il collaboratore del Giornale.it coglie nel segno quando vede nella mancata concertazione di politiche tra società di club e le alte dirigenze della Federcalcio, la maggiore causa del fallimento azzurro: "Le società badano esclusivamente ai propri interessi commerciali e agli obiettivi di bilancio".

Ed immancabilmente entra in questione il "politicamente corretto" che redarguisce o grida al "razzismo", se un guru come Sacchi si permette di osservare che le istituzioni e le alte gerarchie delle Federazione non vogliono bene al nostro calcio e non ne tutelano il patrimonio, a cominciare dai settori giovanili inflazionati di ragazzi stranieri oppure, come recentemente il tecnico Poscesi, che viene punito per uno sfogo senza tentare di comprenderne le ragioni. "La lesa maesta' regna ancora in un mondo ingessato e gonfio di privilegi, una casta vera e propria" continua Damascelli. La Nazionale dovrebbe essere il momento culmine del movimento calcistico che veda coinvolti tutti, dalle societa' di calcio fino a Coverciano e oltre.

A mancare e' principalmente una strategia programmatica della FIGC, che veda la sua "governance" nei Ministeri dell'Educazione e dello Sport.
Una politica che vada oltre gli egoismi delle società di calcio e dei suoi tecnici, che sappia imporre una linea programmatica senza compromessi, giochi di potere o voti di scambio. Un'impresa ardua, che richiede uomini di coraggio e spessore, per rifondare un sistema calcio e sportivo dalle fondamenta.

Infine, banale quanto necessario un paragone tra il mondo del pallone italiano e quello politico, con una classe dirigente che ne e' la degna controparte. Assenza di autorevolezza, incapacità di imporre una linea strategica al Paese e di tutelarne l'interesse nazionale, per riscattarci dalle sabbie mobili in cui siamo caduti da oltre un decennio, bastano ed avanzano ad evidenziarne le similitudini.