Harvey Weinstein porco scandalo
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Non c'è fine per la mole di accuse verso il produttore cinematografico e (ormai ex) plenipotenziario di Hollywood, Harvey Weinstein, di molestie e aggressioni a sfondo sessuale, mentre la vicenda si allarga a macchia d'olio e non sembra più contenibile.

Il coinvolgimento di Amazon

Nel mirino entrano altri uomini e cade un'altra testa, questa volta ad Amazon, che sospende il capo della divisione Video, Roy Price, dopo le accuse di molestie sessuali della producer Isa Hackett e le critiche allo stretto rapporto di lavoro con il fondatore della Miramax. La Hackett ha parlato con l'Hollywood Reporter di un incontro avvenuto dopo il Comic Con di San Diego nel 2015, durante la promozione della serie "Man in the High Castle", tratta dal romanzo distopico La svastica sul sole, di Philip K. Dick. Circostanza confermata dall'avvocato della Hackett, Christopher Tricarico, il quale ha tuttavia precisato che non intende perseguire legalmente né Amazon né Price. Amazon, però, ha fatto sapere che «Roy Price è sospeso con effetto immediato. Stiamo valutando opzioni in relazione ai progetti in corso con la Weinstein Co».

Le prime molestie negli anni Ottanta

Intanto la lista delle accuse verso Weinstein non solo si allunga e si fa più dettagliata (l'attrice Rose McGowan, che è stata tra le prime donne a a denunciare i comportamenti del produttore, contribuendo a far esplodere lo scandalo, fa adesso riferimento in maniera più specifica allo stupro e in un tweet ha scritto che una persona dalle iniziali del nome "HW" l'ha stuprata), ma ricostruisce anche una cronologia che colpisce. Si parte dal 1984, quando Weinstein accoglie nudo una aspirante attrice di 20 anni e le chiede di scoprirsi il seno. Accadeva a New York. A Londra, nel 1988, il produttore chiede a una giovane assistente di fargli un massaggio. Quindi, a partire dai primi anni '90 , incominciano i nomi noti: l'attrice britannica Kate Backinsale, allora 17enne, accolta da Weinstein al Savoy di Londra in accappatoio. Negli stessi anni, questa volta a Los Angeles, il produttore chiese a Rosanna Arquette di fargli un massaggio. E così via, per tutti gli anni '90 e i Duemila, da Gwyneth Paltrow a Mira Sorvino, ma anche modelle e collaboratrici.

Ma adesso il focus è sugli uomini, su quelli dell'ambiente e che avrebbero saputo, ma non parlarono pubblicamente (si menziona Brad Pitt, allora compagno della Paltrow, che pur avendo all'epoca confrontato Weinstein a muso duro non denunciò), sugli amici di sempre, come Quentin Tarantino, che adesso si dice «sbalordito e affranto», ma che prende tempo per fare i conti con la vicenda prima di commentare. Oppure Oliver Stone, che prima si rifiuta di condannare il produttore, ma poi fa marcia indietro: «Dopo avere letto tutto ciò che è stato pubblicato negli ultimi due giorni, sono inorridito ed elogio le donne che si sono fatte avanti». Ma intanto spunta un'attrice e modella che ha lavorato anche per Playboy, Carie Stevens, che accusa Stone di averla molestata durante una festa.

E c'è chi si rammarica, come Jane Fonda, di non avere parlato: «Sono molto orgogliosa di chi sta parlando e mi rammarico per non averlo fatto io. Forse perché non è accaduto a me direttamente», ha detto, affermando di aver appreso circa un anno fa di quanto accadeva.

Sino a Hillary Clinton, che va oltre, sottolinea come tale comportamento non debba essere tollerato in nessun ambiente, sino a fare un paragone con il presidente degli Usa, Donald Trump: «Dopo tutto, abbiamo nello Studio Ovale qualcuno che ha ammesso di essere un aggressore sessuale». Ma Kellyanne Conwey, consigliera del presidente, non gliela lascia passare e accusa la ex first lady di ipocrisia, considerate le vicende che travolsero il presidente Bill Clinton.

Il risvolto politico dello scandalo

E proprio ai Democratici, e in particolare ai Clinton e agli Obama, questa vicenda incomincia a creare problemi, come scritto dal New York Times: Weinstein è da sempre un grande donatore del Partito Democratico, dal 1990 ha messo a disposizione quasi 1,5 milioni di dollari. Non solo: è stato così vicino agli Obama che l'ex first lady Michelle, che più volte lo ha ospitato alla Casa Bianca, arrivò a definirlo «un essere umano meraviglioso e un buon amico». L'intimità era tale che la primogenita Malia, 18 anni, prima di iniziare quest'autunno a frequentare Harvard ha lavorato presso la sede di New York della Weinstein.

Lo stesso vale per i coniugi Clinton, così intimi che lo scorso anno Harvey Weinstein ha organizzato una cena di raccolta fondi nella sua casa di Manhattan per sostenere l'allora candidata democratica alla presidenza.

Anche l'Fbi si sta muovendo, e questa potrebbe essere una manovra ispirata dall'amministrazione Trump, appunto per motivi politici: oltre a essere un grande finanziatore di Hillary Clinton, durante la campagna presidenziale Weinstein si era anche adoperato per dimostrare che Melania Trump era entrata negli Usa illegalmente e aveva lavorato come escort; la first lady ha poi fatto causa e vinto contro i giornali che avevano pubblicato queste accuse. Ma il marito non ha evidentemente dimenticato...