facebook
© Sputnik. Natalia Seliverstova

Ci provano veramente in tutti i modi a zittire i cittadini, a censurare coloro che osano esprimersi apertamente contro la classe dirigente.


Se solo potessero, introdurrebbero subito nel codice penale la fattispecie di "psicoreato" (e chi non sa cos'è, vada a leggersi di corsa Orwell): la strada verso di esso è comunque segnata, eccome se è segnata. Da oggi, infatti, per incorrere in pesanti guai giudiziari potrebbe bastare mettere like al post "sbagliato" di un amico su Facebook.

Il fattaccio è accaduto a sette cittadini italiani che hanno avuto un'idea tanto banale quanto malaugurata: concedere il pollice in su a un commento che è stato considerato diffamatorio da un magistrato, e oggi si trovano anch'essi sotto processo per diffamazione, in concorso. La vicenda era iniziata nel 2014, quando il sindaco di San Pietro Vernotico, piccola cittadina in provincia di Brindisi, e alcuni dipendenti della sua amministrazione vennero tacciati su Facebook di essere dei fannulloni e degli assenteisti. Gli epiteti sono stati sufficienti, secondo il procuratore designato Nicolangelo Ghizzardi, non solo per contestare all'autore del post il reato di diffamazione, ma anche per chiamare a rispondere della medesima accusa aggravata tutti coloro che avevano espresso il proprio apprezzamento al testo incriminato.

La motivazione addotta dall'accusa si evince perfettamente dal dispositivo prodotto dal dottor Ghizzardi, pubblicata su La Gazzetta del Mezzogiorno:
In quanto in alcuni scritti e postati sulla bacheca pubblica del social network denominato Facebook, facendo riferimento in generale alla gestione della struttura amministrativa del Comune, di cui Rizzo era sindaco e, in particolare, della conduzione dell'Ufficio legale dell'anzidetto comune, di cui Massari è responsabile, davano vita ad un dialogo nel corso del quale il Massari era accusato di un costante assenteismo dall'Ufficio, di una gestione delle cause per risarcimento danni intentate nei confronti del Comune, inquinata da un enorme conflitto di interessi perché finalizzata ad una autoliquidazione dei compensi anche "sulle cause non vinte", ipotizzando, altresì, la percezione da parte del Massari di "indennità discutibili" e, in definitiva, accusando il Massari di opporsi sistematicamente a transigere le controversie con i cittadini "perché altrimenti ci sono meno parcelle per il legale"ma con l'effetto perverso di generare "una triplicazione dei costià" come" Capolavori dell'Amministrazione. Il tutto in un generale contesto diffamatorio, di dileggio e di minaccia, condiviso da parte di tutti i partecipanti.
E così, non basterebbe più nemmeno dire "Occhio alla penna!". Ora bisogna mettere tutti in guarda dal semplice atto di abbassare il dito indice su un tasto... occhio al click facile, perché da domani potreste essere chiamati a rispondere in tribunale! Si spera che alla fine il giudice desista da una bella pensata che sa tanto di "giustizia creativa". Rimane tuttavia tale episodio come dimostrazione dell'atmosfera di caccia alle streghe che si respira nella nostra povera Penisola, da qualche anno a questa parte. Più aumentano i mezzi di comunicazione, più ci viene imposto di usarli solo per rimbambirci di spettacoli cretini o di credere ciecamente solo alle notizie certificate da un ente superiore, imparziale, democratico, sovranazionale e chi più ne ha più ne metta per descrivere il Ministero euroatlantico della Verità.

Il caso in questione potrebbe pure essere bollato come stranezza italiota, da archiviare o ignorare, e invece ci inquieta in modo molto più profondo, perché tutti possono vedere ciò che sta avvenendo in Italia, dove a livello di presidenza della Camera si fa un gran parlare di fake news e hate speech ma solo se fa comodo a chi siede su quello scranno; in Europa, dove si approvano risoluzioni paranoiche contro i mezzi di informazione non allineati al mainstream, in primis RT e lo stesso Sputnik; negli Stati Uniti, dove al Senato approderanno i rappresentanti di Facebook, Twitter e Google per comprendere se veramente ci sia stata un'influenza estera sull'elezione del presidente americano.

La situazione è divenuta intollerabile, perché è evidente a chiunque che dietro tutto questo agitarsi risiede la volontà di censurare le notizie sgradite. Siamo d'accordo che sia giusto fermare chi incita all'odio, ma altra cosa è cancellare o perseguire le opinioni scomode. Ed è quello che sta avvenendo in Occidente, dove alcuni tipi di notizie non godono più della stessa visibilità che avevano fino a qualche tempo fa, a causa dell'offensiva ideologica intrapresa dall'Unione Europea. Ebbene, sono queste le regole della democrazia? È questa la tutela della libertà di pensiero di cui l'Occidente si è sempre fatto paladino? Non pare proprio, anzi gli ingredienti per l'oppressione ci sono già tutti.


L'opinione dell'autore può non coincidere con la posizione della redazione.