bandiera inglese
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Non è certo il bellissimo slogan elettorale del Labour (The End of May is June) quello che ha portato alla sconfitta di Theresa May. Ma vi ha contribuito perché esprimeva in molti sensi lo stato d'animo di una buona parte degli elettori del Regno tutt'altro che Unito.

Jeremy Corby, dato per sconfitto un mese fa, ha riportato il partito laburista alle altezze superiori a quelle del suo demolitore, il Tony Blair della guerra irachena.

Ma è la crescente insoddisfazione dei Tories ad aver determinato la frana che impedirà a Theresa May di governare in pace un paese che credeva di avere addomesticato impugnando con decisione la mazza ferrata del Brexit. Corbyn, che al Brexit non fu favorevole, ha presentato un programma di riforme all'incontrario, contro le privatizzazioni e l'austerità, andando risolutamente contro il mainstream media che era giunto a maramaldeggiare contro le sue presunte "illusioni marxiste". Il voto dice che una parte non piccola dell'elettorato britannico non gradisce politiche belliciste all'estero e "austere" all'interno. E di questo dato di fatto il nuovo governo dovrà tenere conto, quale che sia la sua composizione.

Non è dato sapere chi volessero favorire gli ispiratori dei due sanguinosi attentati di Manchester e Londra, ma il risultato elettorale dice palesemente che non hanno favorito i conservatori, o che hanno appena impedito il loro tracollo. Come appare evidente ancora una volta, le strategie terroristiche seguono una logica sconosciuta, probabilmente con obiettivi a più lontana scadenza, sicuramente non dipendenti dalle improvvisazioni di esecutori che finiscono invariabilmente uccisi.

Ma non è affatto escluso che, invece, bombe e accoltellamenti nelle strade della Gran Bretagna siano state un avvertimento ben preciso e a stretto giro di posta. In caso di vittoria di Corbyn le prospettive di buoni affari con la vendita di armi all'Arabia Saudita sarebbero state messe in serie difficoltà. Il leader laburista aveva infatti chiaramente espresso l'intenzione di affrontare con Riyadh un negoziato diverso da quello dei predecessori tories. Si ricordi che nei sei anni di permanenza di David Cameron alla guida del Governo, Londra vendette armamenti ai sauditi per la non modica cifra di 5,6 miliardi di sterline. E molti ancora ricordano i documenti ufficiali da cui risultò che, nel 2006, in un colloquio riservato tra Tony Blair e l'allora capo del Consiglio di Sicurezza saudita, il principe Bandar bin Sultan, risuonarono frasi assai simili e minacce, quando il giovanotto aspirante al trono di Riyad accennò alla possibilità che "un altro 7/7" (gli attentati alle stazioni della metropolitana di Londra del 7 luglio 2005) avrebbe potuto verificarsi insieme alla "perdita di vite umane nelle strade britanniche".

Col che venne alla luce che i servizi segreti britannici giocavano partite molto pericolose sui territori medio-orientali, esponendo Londra a ricatti e vendette che avrebbero potuto e dovuto essere pagati a grave prezzo negli anni successivi. Ma queste sono solo ipotesi che, probabilmente, non saranno mai verificate dai documenti, o lo saranno a fatti già accaduti, cioè fuori tempo massimo. Per il momento si può solo dire che il sangue versato — segnali criptici ai leaders, avvertimenti di tipo mafioso, inviti a "cambiare rotta" — riesce ad alimentare il senso di paura dell'elettorato, ma non ne determina i comportamenti elettorali. I quali seguono il loro corso tradizionale, esprimendo sorprendenti variazioni rispetto alle aspettative dei media. I sondaggi d'opinione davano Corby sconfitto, ma in progresso. Cioè a prima vista si sono rivelati buoni. Ma nessuno si aspettava davvero una tale "risalita" di Corbyn, che ha strappato addirittura 32 seggi in più, portandosi a quota 267 e determinando una situazione inedita di "parlamento sospeso a mezz'aria", senza una chiara maggioranza e con le conseguenze di un potenziale, difficile e prolungato "cul de sac".

Se la "mezzo sconfitta" cancelliera dichiara che non se ne andrà è perché già guarda ad una possibile alleanza con gli unionisti dell'Irlanda del Nord. Questo le consentirebbe una non tranquillizzante maggioranza e niente di più. In un momento di eccezionale difficoltà derivante dalla trattativa del Brexit, con la sterlina che scende ai suoi minimi e con un panorama medio orientale del tutto pieno di strappi e lacerazioni.