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Oggi mi sento meno solo. Mesi e mesi a dire che l'economia Usa più che in ripresa era direzionata verso una nuova recessione e finalmente qualcuno sembra darmi ragione, come mostra questo grafico.

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Già, perché ancora prima che le minute della riunione del FOMC di settembre certificassero i timori per l'economia globale legati al rallentamento cinese e al caos nei mercati emergenti, un panel di economisti interpellati da Bloomberg ha visto salire l'ipotesi di una recessione negli Usa per il prossimo anno al 15%, il livello più alto dall'ottobre del 2013. Era bastato l'ennesimo rinvio al rialzo dei tassi, l'82mo di fila, a rendere chiaro che qualcosa non funziona come ci hanno detto finora.

Eh già, brutta cosa la propaganda. Tende a farti vedere solo ciò che vuole e non ad esempio questo,

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ovvero il fatto che le scorte della distribuzione all'ingrosso sono salite a settembre dello 0,1% su base mensile, il massimo da sette mesi, mentre le vendite si sono contratte dello 1,0% sempre su base mensile, spedendo la ratio scorte-vendite a 1,31x, il nuovo massimo del ciclo e chiaramente un segnale recessivo, come ci mostra il grafico.

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Mentre questi altri grafici

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ci mostrano come da un lato o si opererà una liquidazione sulle scorte o il remarking al ribasso sarà forzato e dall'altro come con le scorte a +4,2% su base annua e le vendite giù del 4,5% ci portino, in termini assoluti, ad avere lo spread tra queste due voci all'ampiezza massima di sempre.

E che dire di quest'altro grafico

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relativo all'indice Markit PMI dei servizi Usa, la cui ultima lettura è stata di 55.1 contro le attese di 55.6, ai minimi da giugno e pare in netta traiettoria per raggiungere il trend ribassista dell'indice PMI manifatturiero. Quest'altro grafico,

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invece, ci mostra come dopo aver raggiunto il massimo da 10 anni a luglio, magicamente l'indice dei servizi stia abbandonando la terra degli unicorni per riconnettersi alla realtà, anche dopo gli aggiustamenti stagionali.

Come dicevamo prima, la propaganda. Come altrimenti spiegare quest'altro grafico,

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il quale ci mostra come da un lato le richieste iniziali di disoccupazione la scorsa settimana siano scese a 263mila, il minimo dal 1973, mentre in contemporanea i tagli occupazionali già oggi abbiano sorpassato il totale dello scorso anno e siano al livello più alto dal 2009, stando a dati di Challenger, Gray & Christmas?

Ma questo è il mio preferito, un assoluto capolavoro degno del genio di George Orwell.

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Ci mostra infatti come i disoccupati Usa e coloro i quali guadagnano meno di 50mila dollari l'anno vedono l'indice di comfort e fiducia al massimo da sei mesi, stando al Bloomberg Comfort Index. Nonostante i tagli occupazionali, le tensioni economiche interne e internazionali, i disoccupati sono felici come non mai, mentre i lavoratori a tempo pieno perdono un po' di smalto e speranza. Meraviglioso.

Per non parlare di questo,

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il quale ci mostra plasticamente come il numero di studenti senza un tetto nelle aule americane è più che raddoppiato dall'inizio della recessione, stando a dati federali. Studenti homeless, altra grande conquista dell'America di Obama. E che dire di questo grafico

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elaborato dall'Economic Policy Institute, il quale ci dice che tra le famiglie con due figli, il prezzo della loro cura è più alto di quello dell'affitto in 500 su 618 aree prese in esame negli Usa: più è scuro il tono di blu, più alti sono i costi. Le condizioni peggiori sono quelle in cui versano le famiglie di Binghamton, New York, dove la cura dell'infanzia costa tre volte l'affitto. A livello nazionale, il costo della child-care (che comprende anche i costi di iscrizione e mensa per gli asili e i nido) è aumentato del 168% dalla fine del 1990 contro il +76% del prezzi dei consumi in generale, stando a dati del Bureau of Labor Statistics. Di più, i residenti in 33 Stati oltre a Washington D.C. pagano più per la cura dell'infanzia che per la media delle rette in un college pubblico per quattro anni di ciclo di studio superiore.

E per chiudere, un altro esempio lampante di verità a doppio senso. Questo grafico

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ci mostra infatti come la lettura del Conference Board rispetto alla fiducia dei consumatori abbia segnato 103, il massimo dal picco di inizio gennaio e ai massimi dal 2007. Insomma, il dato è il migliore dell'anno. Quest'altro grafico,

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invece, è relativo all'ultimo sondaggio Gallup, principale istituto demoscopico del Paese, riguardo lo stesso tema sempre nel mese di settembre dopo aver interpellato 14.684 statunitensi adulti. Bene, la lettura media per lo scorso mese è risultata -14, di fatto il peggior dato dell'anno, dopo che la tracciatura è risultata in calo mensile costante dopo il picco di +3 a gennaio. Uno dei due mente. Chi sarà, un ente governativo o un istituto di ricerca privato?

Vi levo io dall'impiccio e dal dubbio, con quest'altro grafico

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elaborato su un studio di Goldman Sachs, quindi non esattamente un'entità con profondo spirito anti-governativo e anti-sistema. Ci mostra come l'indicatore migliore per capire se il dato della richiesta di sussidi di disoccupazione corrisponda a un solido mercato del lavoro sia il cosiddetto "breakeven rate". Ovvero, il livello di richieste che è correlabile a crescita zero dell'occupazione e che si ottiene mettendo in relazione i flussi di mercato del lavoro netti ai cambi nell'occupazione. Insomma, quel numero sale se beneficia di forti assunzioni e cala se invece ad aumentare sono licenziamenti, dimissioni o altri tipi di cessazioni del rapporto. Negli ultimi anni, come vedete plasticamente, il livello di breakeven è costantemente calato.

Ma non basta. Perché a confermare che il Conference Board traccia solo il sentiment degli unicorni, ci ha pensato qualcun altro proprio ieri. Nonostante ormai le possibilità di un aumento dei tassi a dicembre siano pari a quelle del Carpi che si qualifica per la Champions League, ecco che il Consumer Expectatiopns Survey della Fed di New York ci regala questo straordinario quadro dell'America in ripresa,

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ovvero le aspettative di crescita delle spese da parte dei cittadini sono ai minimi record. Sarà colpa del brutto tempo.. Forse, mi azzardo a vaticinare, ha ragione Gallup. Un'altra volta.

Speriamo invece che non abbia ragione lo Skew, visto che come ci mostra quest'ultimo grafico

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l'indicatore del rischio di crollo azionario (attraverso la prezzatura delle opzioni out-of-the-money) ieri è letteralmente schizzato ai massimi record. Insomma, gli investitori istituzionali cercano e comprano protezione con il badile. Ma che importa, c'è la ripresa