Figli della SocietàS


Bad Guys

Monsanto perde milioni di dollari in India: gli agricoltori riutilizzano le sementi autoctone

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di L.M.P.I


Dopo aver spinto illegalmente nel mercato una forma di cotone OGM, in India e in Africa oltre 10 anni fa, la società agrochimica Monsanto oggi sta perdendo milioni di dollari poiché gli agricoltori ora piantano le proprie sementi. In passato, la Monsanto è stata accusata di non rispettare le leggi e addirittura farle riscrivere a proprio favore "ungendo" qualche politico, al fine di entrare nel mercato indiano.

Tuttavia, l'azienda ha iniziato a pagare pesantemente per le sue malefatte: oltre 300.000 agricoltori morti tra il 1995 e il 2013, tutte morti attribuite a Monsanto sia in modo diretto che indiretto. Infatti molti suicidi tra i contadini in tutto il Maharashtra, il centro della produzione di cotone in India, sono stati collegati alla avidità della società, secondo i rapporti.

Il governo indiano ha ora iniziato a promuovere attivamente l'uso di sementi autoctone, mentre anche solo pubblicizzare i semi di cotone Monsanto è considerato illegale. Quest'anno ha già visto la Monsanto perdere quasi 75 milioni di dollari nel royalties (5 miliardi di rupie) a causa degli agricoltori che hanno cambiato idee sulle sementi da utilizzare. Di conseguenza, questo ha portato a un crollo del 15 per cento delle vendite in India, ovvio, potrebbe sembrare una quota di mercato relativamente piccola ma se il cambiamento continua così, presto Monsanto dovrà rinunciare all'India. Keshav Raj Kranthi, capo del Istituto Centrale dell'India per la ricerca sul Cotone, ha riferito alla stampa locale:
"Basta aspettare tre o quattro anni per vedere una completa inversione di tendenza naturale".

Heart - Black

Scandaloso ed Imperdonabile: Negato ingresso in USA alla band italiana "Soviet Soviet"

soviet soviet
© corriere.it

Alla band italiana post-punk "Soviet Soviet" è stato negato l'ingresso negli Stati Uniti, dove avrebbero dovuto condurre un tour di concerti, e sono stati deportati a casa il giorno successivo.


La band ha scritto su Facebook che dopo molte ore di interrogatorio, sono stati definiti immigrati illegali, anche se non avevano alcuna intenzione di rimanere in America e cercare lavoro.
"Siamo atterrati a Seattle l'8 marzo per partecipare al festival SXSW. Al controllo passaporti, abbiamo presentato una lettera dalla nostra etichetta americana, nella quale veniva dichiarato che avremmo condotto una serie di concerti a scopo promozionale senza richiedere pagamenti, oltre che un invito da parte degli organizzatori del festival".
I musicisti hanno scritto che al controllo passaporti sono stati portati in stanze separate per interrogatorio, che è durato quasi quattro ore. Dopo di che, gli hanno preso le impronte digitali, tolto i telefoni e sono stati portati in manette alla stazione di polizia, dove i tre hanno trascorso la notte in una cella.

Il giorno dopo, i musicisti sono stati riportati all'aeroporto di Seattle in una macchina della polizia e messi su un volo di ritorno in Italia.

"Abbiamo accettato la deportazione con sollievo e come la fine di questa umiliante, brutale e stressante esperienza", dicono i Soviet Soviet, supponendo che la causa di deportazione sia stata la mancanza di visti di lavoro, anche se la serie di concerti non avrebbe portato loro alcun guadagno.

La deportazione dei musicisti italiani può essere legata a un inasprimento della politica migratoria da parte della nuova amministrazione degli Stati Uniti. In particolare, nei primi giorni della presidenza di Donald Trump sono passati dei decreti, in particolare, il decreto di divieto di ingresso negli Stati Uniti per 90 giorni dei cittadini di sette paesi (Iran, Iraq, Yemen, Libia, Siria, Somalia e Sudan) e di sospendere l'entrata di eventuali profughi per 120 giorni.

Crusader

Afd, i populisti anti Merkel

ADF Germany

Alternativa per la Germania, il partito ascrivibile al populismo tedesco, è dato dagli ultimi sondaggi attorno al 12%dei consensi. Nato nel febbraio 2013 per mano di Bernd Lucke, professore di macroeconomia dell'università di Amburgo, ottenne alle prime elezioni federali in cui si presentò, quelle del 2013, il 4,7% dei consensi. La crescita, come si vede, è abbastanza esponenziale, minore rispetto ad altri fenomeni similari, ma comunque presente, un po' come tutti i populismi occidentali.

Il bacino di utenza diAlternative für Deutchland, inoltre, sembrerebbe pescare nell'elettorato tradizionale di Angela Merkel, visto il calo che oggi la Cdu è costretta a registrare. Si sta concretizzando, infatti, la possibilità che a guidare il prossimo governo sia una coalizione formata da Spd, Linke ed Ecologisti, ponendo di fatto la parola fine al dominio del quadro politico tedesco della Merkel e del suo partito.

La competizione tra Cdu e Alternative für Deutchland, in fin dei conti, si svolge a destra ed è dal bacino degli elettori cattolici e tradizionalisti che potrebbe venir fuori un'inaspettata sorpresa. Nel Länder del Meclemburgo-Pomerania Anteriore, peraltro, è già avvenuto un precedente significativo: la Cdu venne superata dagli euroscettici di Alternativa per la Germania durante le regionali del 2016. La Pomerania, tra l'altro, è sempre stata una regione molto favorevole alla Cancelliera Merkel. La Cdu, allora, arrivò a prendere il 19% per cento dei voti, venendo sorpassata dall'Afd che invece prese il 20,8%.

Gold Coins

Mosca, nasce la Banca dei poveri per curare la piaga dell'usura

Patriarch Kirill
Il Patriarca Kirill
C'è già una rosa di nomi per la "Banca dei poveri" che il patriarca Kirill, capo della Chiesa russa ortodossa, vorrebbe aprire in Russia sulla scia del Nobel bengalese Mohammed Yunus. Potrebbe chiamarsi "Equità", "Banca Coscienza", "Banca Semplice", "Banca Il Dio Vi Aiuti" o "BdB24", sigla di "Bank dlja Bednykh", "Banca dei poveri" appunto. Un "operatore economico ortodosso" avrebbe accolto l'appello del patriarca e si sarebbe già rivolto all'agenzia dei brevetti russi, secondo le indiscrezioni di Anatolij Aronov, presidente della Pervaja Patentnaja Kompanija (Prima Compagnia di Brevetti). L'ultima parola sulla denominazione ufficiale del futuro istituto di credito spetterà però a Kirill.

Misure contro gli usurai predatori. Il sedicesimo patriarca di Mosca e di tutte le Russie aveva invitato i parlamentari della Duma a creare una rete di banche dei poveri a fine gennaio. "Talvolta - aveva detto - un uomo ha bisogno di 200 dollari per iniziare un'attività in proprio. E c'è stato un uomo, che veniva da una famiglia povera, che ha creato un eccellente sistema di banche dei poveri, senza interessi folli, senza schiavizzare la gente". Un evidente riferimento al bengalese Muhammad Yunus, il fondatore della Grameen Bank e ideatore del microcredito moderno, insignito del Premio Nobel per la pace nel 2006. Ma anche una denuncia contro i già esistenti istituti di microcredito (Mfi, MicroFinance Institution) che, a detta del patriarca, in Russia opererebbero tassi d'interesse così alti da costringere i morosi a vendere le proprietà per ripagare i debiti. "Speculatori" che perpetrano la "prassi totalmente immorale dell'usura nella sua manifestazione più predatoria" per cui Kirill non vedeva altro nome che "sanguisughe". Da qui, secondo il patriarca, la necessità di restringere le loro attività in Russia.

La necessità di un modello alternativo. In realtà limitazioni sarebbero già in vigore: dal primo gennaio 2017 l'ammontare complessivo degli interessi su prestiti a breve termine non può superare l'importo del debito di tre volte e le penalità in caso di ritardo nel rimborso devono essere applicate sulla parte che resta da estinguere. E, dopo avere già escluso nel 2016 oltre 1.700 organizzazioni, l'istituto centrale, la Banca di Russia, avrebbe promesso di continuare a ripulire il registro degli Mfi. Il rischio però di restringere troppo le attività degli Istituti di microcredito, aveva avvertito Elvira Nabiullina a capo della Banca centrale, è che le fasce più vulnerabili della popolazione, come gli immigrati, si rivolgano a usurai fuorilegge. Da qui la necessità di un modello alternativo. Lo schema proposto da Kirill prevederebbe il rilascio di crediti a basso interesse fino a un milione di rubli a persone fisiche e fino a 6 milioni di rubli a cooperative di 4-6 persone in cambio di una quota nella società.

Heart - Black

Le zingare in gabbia e Facebook. Il privilegio delle spigolatrici

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di Miguel Martinez.


Non vi sarà sfuggita la notiziola dei dipendenti della Lidl di Follonica che hanno sorpreso due donne Rom a frugare tra i rifiuti ("angolo rotture") e le hanno rinchiuse brevemente dentro il gabbione dei cassonetti, non solo prendendole in giro, ma anche filmandosi e pubblicando il tutto su Facebook. Che ancora una volta rivela il proprio lato positivo come sterminatoio darwiniano degli imbecilli.

Scontate le reazioni: duecentomila visualizzazioni del video, tanti che dicono "bravi" e tanti che dicono "cattivi" (e tanti che dicono "cattivi" a quelli che dicono "cattivi" e "bravi" a quelli che dicono "bravi" e così via, lo sterminatoio funziona così).

La Lidl prende le distanze:
"Siamo venuti a conoscenza del video diffuso in rete. Prendiamo le distanze senza riserva alcuna dal contenuto del filmato che va contro ogni nostro principio aziendale. Lidl Italia si dissocia e condanna fermamente comportamenti di questo tipo. L'Azienda sta verificando le circostanze legate al video e si avvarrà di tutti gli strumenti a disposizione, al fine di adottare i provvedimenti necessari nelle sedi più opportune."
Possiamo essere sicuri che alla fine i dipendenti in questione finiranno incornati dalla multinazionale e mazzolati dalla magistratura. Al centro di questa vicenda, ci sono due donne Rom; eppure tutta questa sceneggiata è uno scambio di retoriche tra non-Rom. I diritti delle due donne (due minuti chiusi dentro il gabbiotto fanno "sequestro di persona"), il pericolo immigrati, i magistrati, la politica aziendale, la legalità, la proprietà privata. Nessuno che si chieda, cosa ci stessero a fare le due donne.

Light Sabers

Taxi e Uber, tra servizio pubblico e caporalato digitale

je suis taxi legale

di Guido Viale


Riferiscono in molti che, con il blocco dei taxi, le auto di Uber in circolazione hanno raddoppiato le tariffe. È la legge della domanda e dell'offerta. Ma è anche un'anticipazione di che cosa succederà se e quando Uber avrà vinto la sua guerra contro i tassisti.

È una guerra che non riguarda solo l'Italia, ma ha dimensioni planetarie, combattuta con alterne vicende tra la multinazionale e i tassisti. I taxi sono un servizio pubblico non sovvenzionato (a differenza del trasporto di linea), sottoposto a regole precise: tariffe amministrate e gestite dal tassametro, controlli rigidi sui veicoli e gli autisti, obbligo di garantire il servizio giorno e notte e di coprire tutto il territorio comunale o comprensoriale definito dalla licenza; divieto di offrire il servizio fuori di esso.

Uber è una multinazionale che ha pochissimi dipendenti e nessuna vettura; gestisce solo le prenotazioni e la cassa (incassi subito, pagamenti a 7 giorni) e si avvale, sia nella versione black (noleggio con conducente) che in quella pop (servizio erogato da chiunque abbia sottoscritto un accordo con l'azienda) di autisti e vetture reclutate al bisogno.

Non prevede licenze, assicurazioni particolari, limiti e obblighi relativi al sevizio; guadagna (miliardi) con una commissione del 20-25% su ogni servizio erogato e trasferisce il rischio d'impresa sul lavoratore, che non è un dipendente, ma un "imprenditore di se stesso", tenuto a fornire anche il capitale (la vettura, con relativa manutenzione, assicurazione e oneri connessi: guasti e incidenti).

Anche se è stata bloccata in alcuni paesi, tra cui l'Italia, Uber non rinuncerà facilmente alla versione pop del suo servizio: troverà qualche modo diverso di affidamento per attingere al pozzo senza fondo delle persone disoccupate o alla ricerca di un doppio lavoro, purché "automunite".

Eye 1

Il Meglio del Web: Ddl contro fake news, Ziccardi: "Testo liberticida, tra Orwell e Kafka. Punta a controllare dissenso e informazione"

censura online

Un testo confuso, che punta ad attaccare il libero dissenso in rete e confonde fake news e pedopornografia. In più, Internet non è il far west, ma un luogo già "iper regolamentato" dove non deve essere un legislatore o un provider "sceriffo" a censurare le informazioni.
Giovanni Ziccardi, professore di Informatica giuridica all'Università degli Studi di Milano, commenta il ddl contro le fake news presentato nei giorni scorsi al Senato (qui il testo). Una proposta "liberticida" che vuole imporre nuove regole a siti e forum, applicando anche l'aggravante della diffusione a mezzo stampa.

- Da esperto di diritto delle nuove tecnologie, cosa pensa del ddl?

- Credo sia inopportuno, pericoloso e censorio. Nasconde le sue reali intenzioni di controllo del dissenso. Lo trovo soprattutto impreciso, sia dal punto di vista tecnico che giuridico. Punta a soffocare il dibattito in rete caricando di responsabilità, burocrazia e sanzioni gli utenti e i provider. Dall'altra parte "salva", per molti versi, i due principali vettori di odio, notizie false e disinformazione di oggi, cioè molti grandi media e politici. Ed equipara fenomeni eterogenei tra loro che richiedono, invece, regolamentazioni specifiche. Infatti nella relazione introduttiva si fa riferimento a "fake news", a espressioni che istigano all'odio e alla pedopornografia. Tre universi molto diversi tra loro.

- Quali sono i punti più critici?

-Partiamo dalle pagine della Relazione introduttiva, dove si spiegano le motivazioni del provvedimento: sono molto chiare, fanno capire bene quale sia l'intento. Già nel titolo, s'individuano tre scopi eterogenei tra loro: prevenire la manipolazione dell'informazione online, garantire la trasparenza sul web e incentivare l'alfabetizzazione mediatica. Tutti temi con esigenze differenti e che richiedono approcci originali e ben calibrati. Il testo nasconde le sue reali intenzioni di controllo del dissenso. Ed è impreciso, sia dal punto di vista tecnico che giuridico

Family

Spegnete la tv, ai Mondiali in Russia vi sentirete come a casa

mondiali 2018
Dopo le polemiche seguite al documentario sui facinorosi tifosi russi, proviamo a vederci chiaro. Ha ragione chi dice che venire in Russia è pericoloso? Oppure, bisogna "provare per credere" e rimanere piacevolmente sorpresi?

Nel 2014 i diritti gay e il mezzo boicottaggio delle Olimpiadi di Sochi, nel 2015 la Crimea dove l'UEFA impose uno stop al calcio professionistico, nel 2016 il caso Meldonium e la squalifica degli atleti russi (alcuni) dalle Olimpiadi di Rio e tutti dalle Paralimpiadi.

Nel 2017 sul gradino più alto del podio, anzi direttamente di fronte alle telecamere della BBC sono finiti i cattivissimi tifosi russi, rei di preparare un'accoglienza coi fiocchi, anzi coi guantoni, agli hooligans inglesi che vorranno venire a vedere i Mondiali del 2018.

Il documentario "Russia- un'esercito di hooligans" trasmesso dalla BBC ha acceso i riflettori sul problema sicurezza in vista dei Mondiali del 2018. L'accusa è che i russi sono violenti e al posto del pallone tra un anno e mezzo vedremo un Mondiale all'insegna della violenza. Lo scopo, insinuare il dubbio che i Mondiali del 2018 in Russia non s'hanno da fare e (forse) conveniva assegnarli a qualcun altro. Ad esempio la stessa Inghilterra, che nel 2010 perse il ballottaggio con la Russia per l'organizzazione dell'evento sportivo più importante al mondo.

Sputnik Italia ha chiesto a Beppe Franzo, ultras juventino fin dalla fine degli anni 70' che alla subcultura del tifo organizzato ha dedicato due libri ("Via Filadelfia 88" e "80 Voglia di Curva Filadelfia") un parere su questa situazione.

Stock Up

l'Italia è il paese più sicuro in caso di uscita dall'euro

italia fuori dall'UE
La fonte è accademica e francese. Il documento è un Working Paper1 pubblicato dal prestigioso istituto indipendente francese di ricerca OFCE (Observatoire Français des Conjonctures Economiques) col numero 2016-31 nell'ottobre 2016. Il titolo del paper è "Balance Sheets after the EMU: an Assessment of the Redenomination Risk", ovvero "Bilanci del dopo Unione Monetaria Europea: una valutazione del rischio di ridenominazione"

Si parla molto in questi giorni delle conseguenze della ridenominazione del debito, pubblico e privato, in caso di scioglimento della zona euro o di uscita dall'euro di un singolo paese. Tralasciamo qui gli aspetti legali per concentrarci sulle conseguenze finanziarie del ritorno alla valuta nazionale. Il caso che ci interessa da vicino è il ritorno dell'Italia alla lira e la ridenominazione del debito italiano da euro a neo-lire.

Ricordiamo che i sostenitori della moneta unica paventano svalutazioni catastrofiche della neo-lira e conseguenze devastanti per la finanza pubblica in caso di ridenominazione del nostro debito, ridenominazione resa possibile, lo ricordiamo, dalla Lex Monetae.

Saltando alle conclusioni del paper gli autori valutano che il paese che corre meno rischi in caso di uscita dall'euro è proprio l'Italia. Stando alle loro analisi dettagliate (e scientifiche) la potente neo-lira dopo la fase iniziale di over/undershooting non subirebbe significativi deprezzamenti rispetto all'euro. Al raggiungimento dell'equilbrio la lira si rivaluterebbe addirittura dell'1% rispetto all'euro. Di che mettere a tacere parecchi vati di sventura pro-euro (e pro domo ea).

Blackbox

Se la Banca d'Italia è più a sinistra della Fiom...

banca d'italia
© il sole 24 ore

di Pasquale Cicalese per Marx21.it
"I contratti stipulati di recente hanno introdotto alcuni importanti elementi di novità. L'accordo siglato alla fine di novembre per il comparto metalmeccanico - relativo a circa un quinto del monte retributivo del settore privato oltre a non contemplare incrementi sino alla prossima estate (prolungando così alla metà del 2017 la fase di marcata moderazione salariale), stabilisce che gli aumenti successivi siano determinati ex post, con frequenza annuale e in base alla dinamica realizzata dell'indice dei prezzi al consumo (al netto dei beni energetici importati). In tal modo si modifica la regola fissata dall'accordo interconfederale del 2009, che prevedeva aumenti definiti su un orizzonte triennale in funzione dell'andamento atteso dello stesso indice. Una clausola che lega gli incrementi retributivi all'inflazione passata è stata introdotta nel dicembre 2016 anche nel contratto per il settore del legno ed è stata ripresa nella piattaforma presentata dalla parte datoriale del comparto tessile, dove è ancora in corso la trattativa. Rispetto al totale dei contratti, quelli che prevedono meccanismi di indicizzazione ex post (incluso il contratto del comparto tessile tuttora in fase di negoziazione) rappresentano al momento circa un terzo del monte retributivo del settore privato. Il legame delle retribuzioni con l'inflazione passata, anziché con suoi valori previsti o programmati, può tradursi in una maggiore inerzia nell'andamento dell'inflazione stessa (come avveniva con la scala mobile abolita dal protocollo del 1993); nell'attuale fase ciclica potrebbe comportare una maggiore difficoltà nel ritorno verso valori coerenti con la stabilità dei prezzi."

Banca d'Italia, Bollettino Economico, 20 gennaio 2017, pagg. 33-34
"È il modello-Germania. Non vergogniamoci di copiare, ma ricordiamoci di adattare. Non perdiamoci le Pmi, il nostro sistema non è quello tedesco dei campioni nazionali".

Lello Naso, Duro lavoro e riforme per andare oltre i record, Il sole 24 ore 17.02.2017
Nella strana Italia del 2017 può capitare che la banca centrale italiana, benché ormai priva di poteri, vada più a sinistra della Fiom, arrivando a lanciare l'allarme sulla "stabilità" dei prezzi con il nuovo contratto dei metalmeccanici, accusandolo esplicitamente di essere deflazionista, per chi voglia intendere.

Sempre nel Bollettino economico, Bankitalia informa che l'Italia ha guadagnato negli ultimi due anni 2,5 punti percentuali nella competitività di prezzo rispetto all'1.3 tedesco. Pare che la strategia degli industriali italiani sia chiara: rosicchiare punti di competitività di prezzo ai tedeschi utilizzando la deflazione salariale, più massicciamente dei tedeschi stessi, i quali, complice il mutato clima internazionale e i venti di protezionismo, pare stiano dirigendo la propria azione ad una timida reflazione salariale e ad un focalizzarsi sul mercato interno.

Ciò che ha fatto la Germania con la riforma Hartz IV del 2003 è applicato in questi anni in Italia con la differenza che lì si partiva da livelli assoluti ben più alti.