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DI JOHN BAILES
counterpunch.orgLa salute mentale e il benessere sono oggi le principali preoccupazioni per il governo e per le grandi imprese, in quanto stress, depressione e ansia si stanno diffondendo nelle società moderne. Ma la loro attenzione si focalizza spesso solo sull'atteggiamento dell'individuo, il quale ignora le particolari cause sociali ed economiche sottese a tale condizione. Qui, discuto con William Davies le esigenze psicologiche e gli effetti del neoliberismo e la scienza della felicità.
Wiliam Davies è docente di Economia Politica alla Goldsmiths, università di Londra. E' autore di
The Limits of Neoliberalism: Authority, Sovereignity & the Logic of Competition (Sage, 2016) e di
The Happiness Industry: How the Government & Big Business Sold Us Wellbeing (Verso, 2015). Per i suoi scritti:
www.williamdavies.blog.
John Bailes: Storicamente, la maggior parte delle formazioni sociali, ha coinvolto diffuse disuguaglianze e povertà e ha provocato stress mentale a molte persone. Può sembrare quindi probabile che le persone anelassero a meno ansie e a meno sentimenti depressivi, data la relativa facilità della vita moderna. Allora, cosa rende il benessere mentale una questione così importante oggi? E' frutto semplicemente del fatto che oggi comprendiamo e diagnostichiamo i problemi di salute mentale molto più chiaramente ed efficacemente, oppure questi problemi sono veramente più comuni?
William Davies: Le tecniche diagnostiche chiaramente esercitano un'influenza sulle cose che si diagnosticano, il che significa che i sintomi si presentano in modo diverso in diverse epoche, specialmente quando c'è una dimensione psicologica. E' vero che il vocabolario e le tecniche di diagnosi per la diagnosi della depressione, dell'ansia e del disturbo da stress post-traumatico si sono evolute in particolar modo negli anni Settanta, e che questo fattore deve essere considerato nei livelli odierni delle suddette nelle società occidentali. Non c'è alcuna verità di fondo sulla sofferenza, che esiste in maniera totalmente indipendente dai concetti e dalle metriche che la società introduce per rappresentarle e gestirle.
D'altra parte, ci si deve ancora porre la questione del perché ci sia tanta sofferenza che si sfoga in questi modi. Questa difficoltà non è 'banale', anche se condizionata dal contesto storico e culturale. Penso che valga la pena concentrarsi su due cose. Innanzitutto, c'è l'ethos meritocratico del capitalismo contemporaneo, secondo cui la classe sociale non è più così rilevante e quindi ognuno finisce nella posizione socioeconomica che merita. Questo porta ad un senso cronico di auto-commiserazione, di disagio, di ansia e di auto-recriminazione; gli individui non hanno nessuno da incolpare se non loro stessi per non essere famosi, molto ricchi o più attraenti. Uniscilo al fatto che gli strumenti digitali odierni consentono di utilizzare in modo produttivo tutto il tempo e tutto lo spazio, e avrai una società senza salvezza dalla competizione economica. Questo, per inciso, è parte del motivo per cui avere "spazi sicuri" è necessario, perché forniscono la possibilità di essere altrove, dove la vulnerabilità è accettata, e anche per questo il fenomeno attira così tanto la rabbia delle vecchie generazioni che invece non li conoscevano.