Qualche nostro lettore occasionale a volte ci rimprovera per la durezza con cui trattiamo i giornalisti dei media
mainstream. Che ci appaiono in genere o corrotti (quelli pagati bene) o incompetenti (stagisti gettati allo sbaraglio, che fanno tutti lo stesso pezzo sulla base di quel che dice l'Ansa o i Tg tra le 19 e le 20).
Anche tra noi c'è chi ha consumato qualche decennio in redazioni non proprio sconosciute e dunque ha visto di persona l'irresistibile avanzata di "professionisti" dell'informazione che si riconoscevano tra loro come tali in base alla comune assenza di qualsiasi opinione propria, alla pervicace ansia di carriera individuale (a quel punto dipendente esclusivamente dai favori del direttore e/o della proprietà), all'odio viscerale per chiunque esprimesse un punto di vista coerente, rispettoso dei fatti, "onesto" per dirla semplice.
La polarizzazione tra "opinionisti" superpagati per esprimere esattamente - e in bella forma - quel che la proprietà dei giornali vuol sentir dire e una (piccola) massa di cronisti generici, "porgitori di microfono" sul portone di partiti e sedi parlamentari, copi-incollatori di lanci d'agenzia rigorosamente privi di qualsiasi connotazione originale (il "precotto"), ha generato un panorama informativo piatto, servile, propagandistico, inutile ad ogni scopo che non sia il rincoglionimento di massa. Naturalmente, come sempre, ha generato anche il suo negativo: se i giornali diventano indistinguibili l'uno dall'altro (titolacci strillati a parte), allora ci rivolge altrove; e i giornali vendono sempre meno. In Internet non che si trovi molto di meglio, ma non ci si può più affidare sempre agli stessi avvelenatori di pozzi.
In questi giorni, in molti hanno fatto notare che nel 1973, intorno al golpe militare che rovesciò Allende, tutti i media dell'epoca erano assolutamente contro la junta sostenuta dagli Stati Uniti; persino qualche giornale di centrodestra... Oggi, al contrario, neanche il manifesto riesce a spendere una parola obbiettiva sul Venezuela e Maduro. C'entrano - molto - i rapporti di forza generali tra reazione e progresso, certo. Ma un ruolo non secondario viene svolto dal deperire di una professione sotto la spinta - benedetta per quasi 40 anni - delle "forze di mercato". Che non hanno evidentemente bisogno di alimentare un'informazione veritiera, dunque anche critica nei propri confronti.
Esageriamo?
E allora leggete l'opinione di un grande inviato come Alberto Negri, da quasi 40 anni in giro per il mondo (dal Medio Oriente all'Afghanistan, spesso pedibus calcantibus). Per conto de
IlSole24Ore, quotidiano di Confindustria, mica della Pravda...