Figli della SocietàS


Pistol

Le "vittime della legge" degli Stati Uniti

pattuglia
© flickr.com/ James
Nell'ultimo anno i poliziotti americani hanno ucciso quasi 1000 persone.

Secondo uno studio condotto dal Washington Post, sono 965 le vittime degli agenti di polizia degli Stati Uniti nel 2015.

Di questi, 564 avevano un'arma da fuoco, 281 brandivano coltelli, pistole giocattolo o oggetti che avrebbero potuto essere scambiati per un'arma. 90 il numero delle vittime disarmate, di cui il 40% di colore. In diversi casi le forze dell'ordine hanno aperto il fuoco contro persone che stavano scappando, o che mostravano chiari segni di instabilità mentale. Le vittime afroamericane dei poliziotti bianchi rappresentano meno del 4% del totale.

Negli ultimi dieci anni, sono stati condannati soltanto 11 dei 65 poliziotti ritenuti colpevoli.

In giugno il quotidiano britannico The Guardian scriveva che dall'inizio del 2015 gli agenti di polizia avevano ucciso 500 persone, di cui il 21,6% disarmate.

Di questi, il 30,5% erano afroamericani, contro il 16,1% dei bianchi.

Sheeple

Ragazzi armati di machete seminano il panico in un centro commerciale


Una isteria di massa ha sorpreso i clienti di un centro commerciale alle porte di Londra. Un gruppo di ragazzi con coltelli e con un machete hanno seminato il panico fra le persone causando una psicosi da attentato terroristico, con testimoni che riferiscono di bambini travolti nel fuggi fuggi disordinato. Ne parlano i media britannici, che riferiscono che la polizia ha fermato un giovane e sta cercando gli altri adolescenti. Non è chiaro se si sia trattato di un pessimo "scherzo" o di una rissa fra giovani delinquenti nel centro commerciale di Bromley, nel Kent. Secondo Sky News, che cita fonti della polizia, si propende per quest'ultima ipotesi.

Ma l'effetto è stato il panico, che si è sparso rapidamente tra la folla dei 'cacciatori di saldì, che ha iniziato a scappare, temendo di finire in trappola in un attacco terroristico. Essendo un lato del complesso chiuso, molti commessi - riferiscono testimoni citati dal sito del Daily Mail - hanno iniziato a attirare la gente nei negozi per nasconderli nei retro-bottega. "Eravamo nel Disney store", racconta al Mail online un testimone.

Newspaper

NoTav, non fu terrorismo. Sconfitti i Caselli boys anche in appello

No Tav
© notav.info
Da Giustiziami

Finisce al tappeto anche in appello il teorema Caselli che aveva addebitato a 4 militanti NoTav di aver agito con finalità di terrorismo nell'azione contro il cantiere di Chiomonte la notte tra il 13 e il 14 maggio del 2013. La corte d'assise d'appello ha confermato la sentenza che in primo grado aveva assolto gli imputati dall'accusa più grave, condannandoli per i reati fine, tra cui il lancio di molotov contro mezzi militari, a 3 anni e 6 mesi di reclusione.

Già la Cassazione in due occasioni aveva escluso la finalità di terrorismo, adesso è arrivato pure il verdetto d'appello. Il procuratore generale di Torino Marcello Maddalena stamattina aveva replicato alle arringhe dei difensori sollecitando i giudici a condannare gli imputati a 9 anni e mezzo. "Spetta a voi l'ultimo giudizio di merito" erano le parole del pg alle quali rispondeva l'avvocato Giuseppe Pelazza: "E' come se avesse detto dopo di voi il diluvio, ma non c'è il diluvio, c'è il sole".

Maddalena sempre al fine di convincere la corte d'assise d'appello, soprattutto i giudici popolari, citava la storia dell'editore Giangiacomo Feltrinelli, morto dilaniato da un ordigno che stava collocando su un traliccio di Segrate il 15 marzo del 1972. "Il Pg sembra avere un legame quasi coatto con gli anni '70″ controreplicava sul punto Pelazza.

Insomma l'accusa non è riuscita a sfondare dopo aver giocato tutte le carte possibili e immaginabili. Ha ottenuto, va ricordato, che la finalità di terrorismo è servita a far trascorrere a questi e altri imputati più di un anno di detenzione in regime di alta sorveglianza, una sorta di 41bis di fatto, l'articolo del regolamento carcerario erede dell'articolo 90 dei cosiddetti "anni di piombo".

Nuke

Rivelata l'enorme copertura mediatica su Fukushima: sotto accusa i ricercatori del governo

fukushima nuclear plant
© dailymail.co.uk"Scienziati governativi e la stampa mainstream stanno nascondendo tutto per coprire e minimizzare la minaccia mortale sempre crescente che si profila per i milioni di americani”
"Le radiazioni di Fukushima appena al largo della costa del Nord America sono le più elevate mai registrate, e gli scienziati governativi e la stampa mainstream stanno nascondendo tutto per coprire e minimizzare la minaccia mortale sempre crescente che si profila per i milioni di americani". Lo scrive Sean Adl-Tabatabai su InvestmentWatchBlog.com e lo rilancia oggi anche Zero Hedge.

A seguito dell'esplosione del marzo 2011 alla centrale nucleare giapponese di Fukushima Daiichi, i reattori hanno spruzzato una quantità incommensurabile di materiale radioattivo in aria, la maggior parte dei quali si è depositata nell'Oceano Pacifico. Uno studio della American Geophysical Union ha scoperto che i livelli di radiazione dall'Alaska alla California sono aumentate e continuano ad aumentare dopo l'ultimo scatto.

Uno dei ricercatori più noti nella materia, Ken Buesseler della Woods Hole Oceanographic Institution, è stato uno dei primi a iniziare a monitorare le radiazioni di Fukushima nell'Oceano Pacifico, con i suoi primi campioni prelevati tre mesi dopo il disastro iniziato. Nel 2014, ha lanciato uno sforzo di monitoraggio cittadino per aiutare a raccogliere più dati sulla radioattività presente nell'oceano. Questi campioni hanno registrato un livello del 50 per cento superiore a quello di altri campioni prelevati finora.

Santa Hat

A Natale siamo tutti più cattivi

Pietro il bambino di grane cuore
È una storia semplice. Che potrebbe capitare a chiunque. Questa volta è accaduta ad un ragazzino di 13 anni. Pietro, partecipa a un progetto scolastico i cui viene in contatto con Amref.... Poi, quando arriva Natale, decide di rinunciare alla sua canna da pesca e dona per l'Africa...La notizia finisce in rete e scatena un coro di commenti razzisti, volgari e esacerbati che colpiscono il ragazzo direttamente e con l'intenzione di offendere lui e la sua famiglia. Commenti disgustosi che non meritano di essere ripresi.

Ho preferito parlare con la madre di Pietro, che con estrema lucidità e un pizzico di rabbia, difende il figlio e la famiglia e riafferma la cosa più importante: è stata una scelta libera da parte di Pietro. Libera e consapevole. Nella sua scuola c'è stata un immediata reazione della classe, dove con diversi atti di solidarietà i compagni e i docenti hanno riaffermato l'importanza e il valore di azioni concrete. Proprio per contrapporne a quelle di una comunità virtuale basata esclusivamente su sfoghi meramente offensivi e sterili. Ci tengo a riprendere quello che pubblicamente abbiamo dichiarato perché spiega perfettamente quello che io e l'organizzazione che dirigo pensiamo:
Noi di Amref siamo abituati a terreni di scontro, terreni difficili, come quelli in cui operiamo, cercando ogni giorno di portare salute, per creare spazi di pace. Quindi non ci faremo trascinare nel campo delle offese rivolte tramite social ad un ragazzino di 13 anni, che ha deciso di devolvere la sua "paghetta" per dare aiuto ai bambini africani in occasione del Natale.
Sta facendo discutere il gesto di Pietro, tredicenne che - riportava ieri il quotidiano La Provincia Pavese - "Ha rinunciato al suo regalo di Natale, una canna da pesca, per donare i suoi soldi, 150 euro, ad un'associazione di volontariato e adesso sta promuovendo nella sua classe, la seconda B delle medie Contardo Ferrini, una raccolta fondi per aiutare un compagno appena arrivato dal Camerun". Sui social c'è chi attacca il suo gesto "prima gli italiani" e chi lo difende, anche scherzosamente "Se leggesse questi civilissimi commenti Babbo Natale avrebbe un infarto...".

Bomb

Torino, due falsi allarmi bomba alla Mole Antonelliana e a Grugliasco

polizia di stato
Dopo la messa in sicurezza, la zona del monumento simbolo della città è stata riaperta al pubblico. La seconda emergenza è scattata in un centro commerciale alle porte del capoluogo piemontese. In entrambi i casi le bonifiche hanno dato esito negativo
Due falsi allarmi bomba nel giro di poche ore a Torino: il primo alle 11 del mattino alla Mole Antonelliana, monumento simbolo della città e sede del Museo Nazionale del Cinema, il secondo al centro commerciale "Le Gru" di Grugliasco (To). "Alle 12.30 esploderà una bomba dentro la Mole", ha detto al numero d'emergenza del 113 una persona che ha subito riattaccato senza farsi identificare. Sul posto sono intervenuti carabinieri e polizia, che hanno evacuato un centinaio di visitatori del museo e hanno fatto allontanare quelli in coda per poter salire in cima al monumento. La zona è stata subito transennata e sono stati allontanati i curiosi per far effettuare le bonifiche che hanno dato esito negativo. Per questo nelle prime ore del pomeriggio sia il Museo sia l'ascensore panoramico sono stati riaperti al pubblico.

Poche ore dopo l'allarme a Grugliasco nel centro commerciale: stesse modalità con l'avviso tramite telefonata anonima. Sul posto sono presenti i carabinieri, la zona non è stata evacuata e i primi controlli hanno dato esito negativo. Nel frattempo sono state individuate due cabine telefoniche da cui sono partite le chiamate: dal quartiere Lingotto quello della Mole mentre da Mirafiori quello di Grugliasco. Le due zone non distanti tra loro. In emtrabi i casi sono stati effettuati rilievi tecnici alla ricerca di tracce biologiche che possano aiutare l'identificazione degli autori. Quelli di oggi sono solo gli ultimi allarmi bomba scattati nelle ultime settimane. Pochi giorna fa in zona Lingotto, davanti ad un negozio è stato ritrovato un finto ordigno. Un altro allarme, poi rivelatosi falso è stato registrato anche all'aeroporto di Caselle, a bordo di un aereo in partenza per Roma.

Airplane

Parigi, allarme bomba Air France: arrestata coppia

air france
© Sputnik. Mihail Kutusov
Due persone fermate per il dirottamento del volo Air France fatto atterrare in Kenya per un falso allarme bomba.

Un uomo ed una donna, di cui al momento non sono state rese note le generalità, sono stati arrestati a Parigi appena atterrati con il volo Air France che dalle Mauritius era stato fatto atterrare ieri precauzionalmente a Mombasa, per un allarme bomba. Fonti della polizia francese hanno riferito la notizia alla stampa, precisando che la coppia è già stata interrogata dalle autorità di frontiera.

Il Boeing 777 dell'Air France oggetto del dirottamento, aveva a bordo 459 passeggeri e 14 membri dell'equipaggio e nella notte tra sabato e domenica è stato fatto atterrare in Kenya dopo l'allarme dato da una hostess al ritrovamento di un pacco sospetto, inizialmente identificato come un ordigno esplosivo. Dopo alcune ore e le necessarie operazioni di bonifica i passeggeri del volo diretto a Parigi sono ripartiti alla volta della capitale francese, dove per due di loro sono scattate le manette.

Arrow Down

Bail-in: la finta equità che punisce i più deboli

Bail-In Scheme
© unaliraperlitalia.altervista.org
Il salvataggio, via Decreto governativo, di Banca Etruria e degli altri istituti di credito coinvolti nella recente crisi - con le drammatiche conseguenze che si sono viste - sembra costituire il preludio di quel che, dal primo di gennaio in poi, si verificherà in occasione di ogni nuova crisi bancaria. L'inizio del 2016 coinciderà, infatti, con l'entrata in vigore di una norma, il Bail-in, che racchiude in sé uno dei principi cardine della, da molti auspicata, 'Unione bancaria'. Un principio in nome del quale, la responsabilità ed il destino dei piccoli risparmiatori - e, in una certa misura, dei correntisti - divengono idealmente solidali con quelli di dirigenti, azionisti e grandi operatori finanziari. Sulle colonne di Sbilanciamoci! scrivevamo, lo scorso luglio, come questa evoluzione nella disciplina delle crisi bancarie non solo non si sarebbe tradotta in una responsabilizzazione degli istituti di credito rispetto alla gestione del rischio ma avrebbe posto i soggetti più fragili - piccoli risparmiatori, pensionati in cerca di un luogo sicuro dove collocare la loro liquidazione, correntisti - in totale balìa delle dinamiche imperscrutabili - e spesso devastanti - del sistema finanziario.

Il 2 luglio il parlamento italiano ha recepito la direttiva europea sul 'bail-in'. La legge che la recepisce prevede, in caso di crisi finanziarie, che i primi a sobbarcarsi l'onere del salvataggio siano gli azionisti, gli obbligazionisti ed anche i correntisti, sul modello dell'haircut già sperimentato a Cipro.

Salutata con giubilo dal suo promotore Sandro Gozi, sottosegretario agli affari europei del PD, la norma sul 'bail-in' pone le basi per l'istituzionalizzazione di un potenziale scenario 'cipriota' nel caso in cui si dovesse scatenare una nuova tempesta finanziaria nel nostro paese. Nell'estate 2014, di fronte ad una crisi che somigliava moltissimo a quel che sta accadendo oggi in Grecia, le autorità europee pensarono bene di 'suggerire' la chiusura delle banche di Cipro consentendo agli istituti dell'isola di attingere ai conti correnti dei loro clienti prelevando forzosamente il 40% dei risparmi in custodia, come riportato a luglio scorso da Suzan Daley sul New York Times. Lo stesso governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, durante l'audizione al Senato dello scorso 8 aprile, ha enfatizzato come "..il 'bail-in', per come è concepito, è qualcosa che può accelerare le crisi..". Aggiungendo, inoltre, che "..la clientela va resa consapevole dei rischi derivanti dalla nuova norma..". Con un formidabile ribaltamento dei ruoli, dunque, i rischi connessi alle spericolate speculazioni bancarie vengono in parte traslati sui correntisti, come se questi ultimi avessero un ruolo nelle decisioni di investimento o nella suddivisione dei profitti della banca.

Stock Down

Salvini, quando qualcuno si suiciderà per le sanzioni vedremo cosa farà Renzi

Matteo Salvini
© Sputnik. Taras Litvinenko
Oggi il parlamento europeo voterà a favore del rinnovo delle sanzioni contro la Russia. Il leader della Lega Nord Matteo Salvini in visita a Mosca, per ribadire il "NO" alle sanzioni e l'appoggio alla politica estera della Russia.

All'inizio di una fitta giornata di incontri in cui la delegazione della Lega Nord sarà alla Duma, e vedrà i rappresentanti del partito "Russia Unita" Matteo Salvini ha tenuto una conversazione con la stampa, a cui era presente il corrispondente di Sputnik Italia.

Rinnovi alle sanzioni, l'Italia vittima dell'Europa

"Purtroppo continua un clima da Guerra Fredda, subito da un'Europa ed un'Italia di conigli. Noi siamo in mezzo e le prendiamo sia dall'una e dall'altra parte.Renzi mi ricorda un cane che abbaia ma non morde. Lui che è il presidente del Consiglio e rappresenta l'Italia doveva dire no alle sanzioni e la discussione si sarebbe arenata. Nella UE se la Lituania dice no a una cosa, come successo col piano immigrazione, tutto si ridiscute da capo. Renzi invece è "vorrei ma non posso", parla ma non fa, evidentemente dipende dagli interessi di qualcuno. Noi siamo qui a Mosca per marcare questa distinzione e portare avanti il nostro interesse e l'interesse dell'Italia che causa di queste sanzioni ha perso 2 miliardi di euro in due anni secondo le stime della Coldiretti. Il rinnovo delle sanzioni è un atto criminale, un vero suicidio."

Bell

Ttip, la partita geopolitica del 2016

Stop TTIP
© flickr
di Monica Di Sisto

"Il mandato politico che abbiamo ricevuto dai Governi dell'Unione ci impegna a chiudere un accordo che non abbassi direttamente in alcun modo gli standard di sicurezza ambientale, sociale e generali in vigore in Europa. Dovete fidarvi, e alla fine del negoziato, quando il trattato sarà chiuso in ogni sua parte, potrete verificare quanto questo impegno sarà stato da noi rispettato". Il negoziatore europeo del Trattato transatlantico di liberalizzazione del commercio e degli investimenti Ignacio Bercero, nel faccia a faccia organizzato il 25 novembre scorso al Ministero dello Sviluppo economico dal viceministro Carlo Calenda con la Campagna Stop TTIP è stato molto chiaro: fino all'ultimo giorno, vietato disturbare il manovratore. Nel corso dell'incontro la Campagna ha sollevato punto per punto, scorrendo il testo dell'accordo ormai pubblico, tutte le finestre normative attraverso le quali sarà possibile per gli interessi di pochi trasformare i diritti di tutti in ostacoli al commercio da rimuovere più in fretta possibile nella pletora di "organismi transatlantici" che il trattato andrà a costituire, dove non meglio definiti politici e tecnici individuati dalla Commissione europea e dal Ministero al Commercio Usa si occuperanno di velocità degli sdoganamenti come di etichette sui prodotti, di dazi come di standard di qualità, di caratteristiche dei prodotti come di diritti del lavoro. Ma Bercero non è mai entrato nel merito, limitandosi a dichiarare: fidatevi di noi e vedrete.

Se i Governi europei premeranno abbastanza forte, e Obama riuscirà a smuovere anche quella parte del Congresso che ancora diffida del TTIP, entro il 2016 il trattato sarà confezionato e la palla passerà al Parlamento europeo, che se non sarà soddisfatto del risultato raggiunto potrà bocciare quanto raggiunto fino a quel momento con un agile segno di tastiera. Ma chi può fidarsi di un Parlamento attraversato da forti tensioni nazionali e radicalizzazioni, al punto da trasformare ogni partita, persino quella dolorosa dei rifugiati, o quella danarosa del quantitive easing, in derby tra europeisti ed euroscettici, tra destra radicale e rigurgito centrista? Non c'è posto, in questi tempi, per sottili analisi d'impatto, per valutazione attente di danni e guadagni. Su uno zerovirgola di presunti aumenti del Pil si giocano le credibilità di intere legislature anche a casa nostra, e per questo, più che aspettare l'ultimo minuto, preferiamo continuare a monitorare passo a passo il TTIP, per capire meglio quanto c'è di vero e quanto c'è di tattica negoziale in affermazioni così rassicuranti.

Sicurezza alimentare: desideri e realtà

Quanto la cronaca ci ha raccontato nei giorni successivi ad un tanto importante incontro, racconta infatti un'altra storia. Innanzitutto sul tema dell'agroalimentare: nel briefing "Il fattore "C": rischi e opportunità nel TTIP per il settore agroalimentare europeo" ci siamo basati sui Rapporti n. 198 "Agricoltura nel TTIP: Tariffe, Contingenti tariffari (Tariff-Rate Quotas/TRQs) e Misure non tariffarie (Non-TariffMeasures/NTMs)", e n. 199 "Valutazione degli effetti sul commercio agroalimentare tra Usa e Ue di alcune Misure Sanitarie e Fitosanitarie (Sanitary and PhytosanitaryMeasures/SPMs) e Barriere Tecniche al Commercio (Technical Barriers to Trade)ix appena pubblicati Servizio ricerche economiche del Ministero dell'Agricoltura americano e abbiamo scoperto che il fitto commercio agroalimentare Usa-Ue sarebbe limitato proprio da alcune misure sanitarie e fitosanitarie e da barriere non tariffarie che imporrebbero alle merci in viaggio un peso equivalente a un dazio del 120% medio rispetto alloro valore. Le tariffe in vigore tra Usa e Ue sono relativamente basse rispetto agli standard globali, anche se il nostro mercato è più "protetto" rispetto a quello Usa. La tariffa semplice media applicata per tutti i beni è stimata intorno al 3,5 per cento per le esportazioni dell'UE verso gli Stati Uniti e del 5,5 per cento per le esportazioni americane verso l'UE. Inoltre, il 37 per cento di tutte le linee tariffarie negli Stati Uniti e il 25 per cento nell'Unione europea sono già a zero. Le materie prime agricole, tuttavia, tendono ad avere tariffe maggiori rispetto ai prodotti non agricoli. Quali sono però, a conti fatti, queste barriere? Barriere che, peraltro, se saltassero assicurerebbero comunque agli Usa un volume di esportazioni doppio rispetto a quello prevedibile per l'Ue, che causerebbe secondo tutte le valutazioni d'impatto una vera e propria frenata degli scambi intra-europei e la saturazione di molti dei settori importanti anche nel nostro Paese come quelli di carni, frutta, verdura, latte e formaggi, olii vegetali. I tecnici degli Stati Uniti le indicano senza reticenze: le restrizioni poste dall'Europa per l'uso di trattamenti di riduzione degli agenti patogeni (PRT), ossia l'uso di antibiotici, clorati e altre delizie per immunizzare manzo e pollami; le restrizioni alla importazione e l'uso di prodotti agricoli derivati da agricoltura biotech per soia e mais;, il divieto a bovini e carni bovine allevati con ormoni, il basso livello che fissiamo per i residui chimici in frutta, verdura e noci; le restrizioni alla carne di maiale e di altri animali trattati con antibiotici; i limiti al numero di cellule somatiche consentito nel latte crudo, le restrizioni fitosanitarie sulle sementi riesportate. Se vogliamo accelerare il commercio agroalimentare transatlantico di percentuali significative, dobbiamo azzerarle tutte, dicono i tecnici. Come questo sarà possibile senza compromettere, come da mandato politico, la sicurezza alimentare dei nostri Paesi è un mistero della fiducia negoziale. Un mistero fideistico che si scontra con la cruda realtà.