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CounterPunch: Come Il Capitalismo Americano È Stato Costruito sulla Schiavitù

schiavi
Counter Punch pubblica un pesante articolo storico sulle origini del capitalismo americano. Gli Stati Uniti sono emersi così rapidamente a superpotenza economica sulla scena mondiale non grazie ai loro ideali e al "sogno" di libertà - ma più prosaicamente grazie allo sfruttamento intensivo della schiavitù. È così che si costruiscono gli imperi. Grandi imprese e banche americane, celebri ancora oggi, hanno costruito le loro fortune sulla schiavitù. Nella seconda parte l'articolo argomenta che la discriminazione razziale presente ancora oggi in America, la profonda frattura sociale, la violenza contro gli afroamericani di cui ci parla quotidianamente la televisione, sarebbero la conseguenza di un passato che non si è ancora concluso, di una mai avvenuta riconciliazione.

di Garikai Chengu, 18 dicembre 2015


Oggi [18 dicembre, NdT] è l'anniversario dei 150 anni di abolizione della schiavitù in America e, contrariamente alla credenza popolare, la schiavitù non è un prodotto del capitalismo occidentale. È il capitalismo occidentale ad essere un prodotto della schiavitù. L'espansione della schiavitù nei primi otto decenni dopo l'Indipendenza Americana ha guidato l'evoluzione e la modernizzazione degli Stati Uniti. Lo storico Edward Baptist illustra come, nell'arco di tempo di una vita umana, il Sud crebbe da una stretta fascia costiera di piccole piantagioni di tabacco ad un impero continentale del cotone, e gli Stati Uniti divennero un'economia moderna, industriale e capitalista.

Attraverso la tortura e i maltrattamenti i proprietari degli schiavi ottennero la massima efficienza, che permise agli Stati Uniti di prendere il controllo del mercato mondiale del cotone, la materia prima fondamentale della Rivoluzione Industriale, e diventare così una nazione ricca e potente. Il cotone era nel diciannovesimo secolo ciò che il petrolio è stato nel ventesimo secolo: il bene che determinava la ricchezza delle nazioni. Il cotone contava per un sorprendente 50 percento delle esportazioni statunitensi, e scatenò il boom economico che l'America conobbe allora. L'America deve alla schiavitù la sua stessa esistenza di paese appartenente al primo mondo.

In termini astratti, il capitalismo e la schiavitù sarebbero due sistemi fondamentalmente contrapposti. Uno è fondato sul lavoro libero, l'altro sul lavoro forzato. Però in pratica il capitalismo stesso non sarebbe stato possibile senza la schiavitù. Negli Stati Uniti gli accademici hanno dimostrato che il profitto ottenuto dalla schiavitù non riguardava soltanto il Sud, che vendeva il cotone o la canna da zucchero raccolta dagli schiavi. La schiavitù è stato un elemento centrale anche per la creazione delle industrie che oggi dominano l'economia statunitense: il settore immobiliare, il settore delle assicurazioni e la finanza.

Wall Street è stata fondata sulla schiavitù. Furono schiavi africani a costruire perfino il muro fisico da cui Wall Street prende il nome, che costituiva il confine settentrionale della colonia olandese, costruito per respingere i nativi che rivolevano indietro le loro terre. Per formalizzare il colossale commercio di esseri umani, nel 1711 i funzionari di New York stabilirono a Wall Street il mercato degli schiavi.

Molte importanti banche americane, tra cui JP Morgan e Wachovia Corp costruirono delle fortune sulla schiavitù, e accettavano gli schiavi come "garanzia". JP Morgan ha recentemente ammesso di avere "accettato circa 13.000 persone in schiavitù come collaterale sui prestiti, e di essersi impossessata di circa 1.250 schiavi".

La storia che i libri di testo scolastici americani raccontano che la schiavitù era regionale, anziché nazionale, e dipingono la schiavitù come una brutale aberrazione rispetto alle regole di democrazia e libertà che l'America si è data. La schiavitù viene raccontata come una sfortunata deviazione dalla marcia del paese verso la modernità, non certo come il motore che ha guidato la prosperità economica dell'America. Nulla potrebbe essere più lontano dal vero.

Per apprezzare davvero l'importanza che la schiavitù ha avuto per il capitalismo americano, basta guardare la scabrosa storia di un'azienda che prima della Guerra Civile Americana confezionava abiti, chiamata Lehman Brothers. Warren Buffet è l'amministratore delegato di Berkshire Hathaway, nonché il miliardario più ricco d'America. L'azienda da cui Berkshire Hathaway è nata era una produttrice tessile dello Stato di Rhode Island, e approfittava della schiavitù.
Nel Nord, New England è stata la patria dell'industria tessile americana e la culla dell'abolizionismo, ma si è arricchita sulla schiena degli schiavi costretti a raccogliere il cotone nel Sud. Gli architetti della rivoluzione industriale di New England controllavano costantemente il prezzo del cotone, e i loro stabilimenti tessili si sarebbero fermati senza il lavoro degli schiavi nelle piantagioni.

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Il 2016 ci porterà un governo-troika? Orribile anno a tutti

Renzi e Juncker
© europaquotidiano.it
di Eugenio Orso


Ripiegando sulle questioni interne e su quelle europee, senza considerare il terribile rischio di guerra che si avvicina a noi, non può essere sfuggito ai più lo "scontro" fra l'europa con la e minuscola, quella dell'unione monetaria e finanziaria a strozzo, e il governo italiano Padoan-Renzi, che pur è suo tributario. I media, anche questa volta, hanno fatto il loro dovere di servi delle élite finanziarie, amplificando a dovere la cosa. E' un modo furbetto per preparare la "defenestrazione" di Renzi, con l'ultima "devoluzione" di sovranità in agenda, cioè il governo diretto, commissariale europoide.

E' certo che il bail-in deve essere applicato. Renzi e Padoan stessi, in qualità di collaborazionisti della troika, hanno tutta l'intenzione di applicarlo, obbedienti come sempre. Perciò il piccolo risparmio italiano farà la fine del sorcio, saccheggiato per rimettere in piedi le banche e piegare definitivamente il paese alla lex neoliberista, che non concede sconti a nessuno.

Per la verità ci sono anche altri fronti, come quello della produzione dell'acciaio. Banca di Terni e Ilva di Taranto non sono che pretesti, pur importanti, per mettere l'Italia alle strette e ottenerne il pieno, diretto controllo, sotto minaccia di sanzioni per gli orribili, anti-liberisti "aiuti di stato". Lo spread riprenderà la sua corsa, nei momenti più convulsi dell'anno entrante? Probabile che accada e gli interessi sui titoli del debito pubblico saliranno, fino a raggiungere vette intollerabili. Si ripeterà la sceneggiata degli ultimi mesi del IV governo Berlusconi, nella seconda metà del 2011, magari con tanto di lettera-diktat della Bce, o addirittura della commissione?

Una cosa, però, non torna, confrontando il presente caso con quello di Berlusconi. Se Renzi e Padoan, da bravi lacchè (emanazioni loro stessi degli interessi del grande capitale finanziario), alla fine s'inchinano sempre davanti alle direttive e ai trattati europei - chiederanno in molti - perché questo scontro fra l'unione europide e l'infame Germania, da un lato, e il "loro" governucolo tributario dall'altro? Tira veramente una brutta aria per Renzi?

Ho scritto su questo tema in passato, cioè sul passaggio da governi collaborazionisti indigeni, come quello attuale, al governo europoide commissariale definitivo, che ho definito senza mezzi termini governo-troika. Renzi non è che un passaggio necessario, per traghettare il paese verso la dittatura assoluta della troika, dell'euro e del peggior occidente neoliberista. Dai governicchi collaborazionisti a un solido governo che metterà completamente in ginocchio il paese, consegnandolo per i decenni a venire nelle grinfie di Mercati & Investitori. L'ultima frontiera del "sogno europeo" sarà l'Italia, costretta a un tale passo, non più la povera Grecia, ormai mezza morta nelle mani del bastardo, sinistroide e imbroglione Tsipras.

Che Guevara

Il Meglio del Web: Svizzera: pronta per una rivoluzione?

Banca Nazionale Svizzera
© East News/ BARTOSZ KRUPA


Sam Gerrans


Quando l'Islanda ha incarcerato i suoi banchieri qualcosa è cambiato. L'impensabile era accaduto: i veri criminali erano stati portati in giudizio. Ora anche la Svizzera minaccia di licenziare la riserva di valuta legale dei bankster. Ma accadrà?

Josiah Stamp ha detto una volta: "Se si vuole continuare ad essere schiavi delle banche e pagare il costo della propria schiavitù, allora lasciate che i banchieri continuino a creare denaro e controllare il credito." Stamp sapeva di cosa parlava. Tra i suoi successi, egli fu nominato direttore della Banca d'Inghilterra nel 1928. Tutti i cosiddetti Paesi moderni, civili sono sotto lo stivale proprio di questo meccanismo descritto da Stamp. Pochissimi Paesi, come la Libia, l'Irak e la Siria, sono riusciti a raggiungere società altamente sviluppate senza di esso. Questi Paesi hanno tutti qualcos'altro in comune. E così sia?

Tuttavia, altri Paesi che devono ancora diventare obiettivi di genocidio provocato nelle mani di agenzie degli Stati Uniti si stanno svegliando e annusano la tirannia in gessato. La Svizzera, ad esempio: non certo un luogo tradizionalmente associato con allucinato fanatismo, la Svizzera è in procinto di votare sul divieto alle banche di creare denaro. Gli Inglesi giocano a calcio, bevono birra e si picchiano a vicenda nei centri urbani la sera. I Francesi fanno il broncio e alzano le spalle e fanno cose semplici che richiedono molto tempo e costano un sacco. Gli Svizzeri forniscono al denaro un luogo sicuro, noioso dove nulla di drammatico accadrà ad esso, in modo che possa poi essere trasmesso alla generazione successiva di persone ricche - preferibilmente in un importo superiore a quando venne ricevuto - da questa generazione di gente ricca.

Quindi il denaro è al centro di quello che fa la Svizzera. La Svizzera è anche la sede della Banca dei Regolamenti Internazionali, che - mentre suona eccitante come la contabilità a partita doppia - è, infatti, il ragno al centro di tutta la tela finanziaria. In un articolo intitolato "La Svizzera in procinto di votare sul divieto alle banche di creare denaro", il Telegraph riferisce: "La Svizzera terrà un referendum per decidere se vietare alle banche commerciali di creare denaro. Il governo federale svizzero ha confermato giovedi [24 dicembre u.s. - ndr] che sarà svolto un plebiscito, dopo che più di 110.000 persone hanno firmato una petizione che chiede di dare competenza esclusiva per creare denaro nel sistema finanziario alla banca centrale. La campagna - guidata dal movimento Moneta Sovrana Svizzera e conosciuta come l'iniziativa Vollgeld - è destinata a limitare la speculazione finanziaria richiedendo alle banche private di detenere riserve pari al 100% dei loro depositi."

Questo suona incredibilmente noioso, non è vero? Ma l'idea alla base è quello di cui le rivoluzioni sono fatte. L'articolo continua: "Le banche non saranno più in grado di creare soldi per se stesse, saranno solo in grado di prestare denaro che esse hanno [ricevuto - ndr] da risparmiatori od altre banche, ha detto il gruppo della campagna."

Ripeterò quel passaggio: esse saranno solo in grado di prestare denaro che esse hanno [ricevuto - ndr] da risparmiatori o da altre banche.
Questo è probabilmente ciò che si pensa le banche facciano: prestare denaro che acquisiscono dai risparmiatori o da altre banche.

Attention

Daesh, due arresti in Belgio: Preparavano attentati per Capodanno

polizia belga
© REUTERS/ Yves Herman
La procura federale belga fa sapere di avere fermato due sospetti militanti del Daesh all'esito di alcune perquisizioni: gravi minacce a luoghi emblematici di Bruxelles.

L'ufficio del procuratore federale di Bruxelles ha comunicato in queste ore di aver proceduto all'arresto di due sospetti militanti del Daesh, all'esito delle perquisizioni che nella notte tra domenica e lunedì hanno interessato la regione di Bruxelles capitale, ma anche il Brabante Fiammingo e Liegi.

L'inchiesta ha reso possibile portare alla luce gravi minacce di attacchi per colpire "luoghi emblematici" della capitale belga e che sarebbero stati commessi durante le feste di fine anno.

Gli inquirenti, che al momento non hanno fornito ulteriori elementi né le generalità dei due fermati, hanno reso noto di avere rinvenuto nelle abitazioni degli arrestati oggetti e volantini propagandistici, uniformi di tipo militare e materiale informatico.

Nel frattempo paura nel tardo pomeriggio di ieri, dopo alcuni colpi di arma da fuoco esplosi dalla polizia belga nel tentativo di fermare un'auto che si era rifiutata di fermarsi ad uno stop imposto da una pattuglia. Dopo gli spari è partita una caccia all'uomo in automobile, interrottasi quasi subito per un incidente occorso agli occupanti, arrestati e portati i commissariato per accertamenti.

Newspaper

L'aria che tira a Torino (2). Fra debito e speculazione edilizia

Mole Antonelliana
© marcopolo.tv
Continua il nostro ciclo di articoli su Torino e dintorni. Dopo esserci occupati della deindustrializzazione e delle velleità di sostituirla con turismo e servizi, oggi ci occupiamo di un altro motore della "crescita" torinese: la speculazione edilizia (possibilmente pagata a debito pubblico).

Proprio prima delle feste la Regione Piemonte ha annunciato in pompa magna il progetto del "Parco della salute": un mega investimento da 600 milioni di euro (ma "Repubblica" parla già di 800-900 milioni) che dovrebbe riunire in un unico polo, a Lingotto, "tutto il patrimonio dell'attuale azienda ospedaliera, in termini di professionalità e tecnologie, (...) idem per le attività relative alla Facoltà di Medicina e di Chirurgia dell'Università di Torino" (da "La Stampa", 22/12/2015) . Più di 5000 studenti e 1040 posti letto per i pazienti, partenza lavori prevista nel 2017 e fine dei lavori fissata nel 2021.

Tutto molto bello, ma come si finanzia? Qualcosa metterà lo stato, e poi si metteranno in vendita gli ospedali Molinette, Sant'Anna e Regina Margherita, che sarebbero a questo punto inutili. E il resto? Così ad occhio e croce si pagherà a debito. Bazzecole per una regione che ha quasi 6 miliardi di euro di disavanzi, in parte proprio imputabili ai disastri compiuti dalle ultime giunte sulla spesa sanitaria.

I privati già si leccano i baffi: il loro coinvolgimento è giudicato "essenziale per integrare i fondi pubblici: si punta ad un affidamento per la costruzione e la gestione dei servizi non sanitari (manutenzione, calore, energia) del polo ospedaliero in quattro anni; previsto un canone di ammortamento di 26 milioni l'anno, per 22 anni, da riconoscere al privato che accetterà la sfida (la scelta del promotore avverrà a fine 2016)".

Ma la torta non è solo quella del Parco della Salute: c'è sopratutto l'area lungo il Po in cui sono dislocati gli ospedali da dismettere che fa gola ai costruttori torinesi. Case, ma non solo. L'assessore all'urbanistica Lo Russo è chiarissimo: "poi, perché escludere, che so?, una grande azienda interessata a creare lì un suo centro di ricerca? Oppure, vista la zona di prestigio, l'interesse di un grande player alberghiero? C'è tempo".

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Il crollo del prezzo del barile colpisce duramente Riyadh e l'industria del 'Fracking'

oil glut
L'Arabia Saudita non solo si è sparata in un piede, ma è anche riuscita a far rimbalzare il proiettile fino agli Usa e 'impallinare' con quello uno dei "pet project" preferiti di Obama, cioè l'industria dell'estrazione del petrolio di scisto, che avviene tramite la controversa procedura di fratturazione idraulica, detta "fracking" in lingua anglosassone.

È infatti dall'estate del 2014 che Riyadh ha iniziato a inondare i mercati mondiali di inusitate quantità di greggio, con l'intenzione (che incontrava la piena approvazione della Casa Bianca) di schiantare l'economia russa, percepita sulle rive del Potomac come un traballante carrozzone totalmente legato alla continua esportazione di idrocarburi: una volta abbassata la redditività di quel cespite, teorizzavano le Teste d'Uovo washingtoniane, l'intero edificio si sarebbe sgretolato esattamente come accadde nella seconda metà degli anni '80 con l'URSS, che aveva la sua massima fonte di reddito nell'export petrolifero e che la vide soffocata dal 'glut' generato da Iran e Irak impegnati nelle ultime, sanguinose, costosissime fasi della Guerra del Golfo, che forzavano entrambe i contendenti a esportare enormi quantità di greggio anche oltre e al di fuori di qualunque sistema di quote OPEC.

Anche in questo caso si nota come al di là dell'Atlantico non sia mai stato fatto nessun vero passo avanti per uscire dalla mentalità "da Guerra Fredda", visto che una pedissequa riproposizione di quello scenario di trent'anni fa era totalmente inapplicabile alla realtà attuale per diversi ottimi motivi: a) Il fatto che nel 1985 al
Cremlino sedesse l'ondivago travicello Gorbachev e oggi invece sia insediato Vladimir Putin, b) il differente ruolo geopolitico della Cina, c) la ben diversa situazione economica odierna della Russia rispetto a quella dell'URSS degli Ottanta.

Come scrivevamo molti mesi fa negli anni '80 gli Usa beneficiavano ancora di quel vero e proprio 'asso pigliatutto' politico e strategico lasciato loro in eredità da Henry Kissinger che era il perdurante "Sino-Soviet Split", con Beijing se non propriamente 'alleata' di Washington, quantomeno fortemente e fermamente antisovietica, mentre oggi le relazioni tra i due 'Giganti d'Oriente' sono ottime, come confermato dalla gran massa di accordi bilaterali Mosca-Beijing ratificati anche solo negli ultimi mesi e dalla scelta della Repubblica Popolare di eleggere la Russia a suo fornitore privilegiato di petrolio sia per le necessità interne di un'economia che, sola al mondo, "tira" ancora con ritmi di crescita superiori al 5 per cento annuo (e che in termini di valore monetario assoluto genera più sviluppo oggigiorno che negli anni della crescita 'a doppia cifra' di un decennio addietro) e per la costituzione di una ciclopica "riserva di emergenza" che dovrebbe consentire al Regno di Mezzo di continuare a funzionare economicamente per alcuni anni persino in caso di catastrofiche distruzioni dei normali sistemi di approvvigionamento energetico.

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Stati Uniti. Fine anno di "sangue": la polizia uccide ancora

US Police
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Questa volta la tragedia è accaduta a Chicago dove un ufficiale di polizia che ha risposto a una chiamata di emergenza per problemi domestici ha ucciso due persone, un 19enne e la sua vicina di 55 anni. Si tratta dell'ennesimo caso di violenze della polizia in un Paese che deve ormai fare i conti con la violenza quotidianamente.

Un Paese dove la violenza è talmente comune da essere endemica, quasi fondamento della vita comune. Parole dure forse ma di fronte alla lunga lista di uomini e donne uccisi per sbaglio dalla polizia americana sembrerebbe di trovarsi in una situazione di guerra e non in quella che secondo molti dovrebbe essere presa a modello di democrazia e società. Un Paese dove la polizia spara e uccide e ormai lo fa con una frequenza tale da rendere quasi normale leggere notizie di persone freddate durante operazioni di pubblica sicurezza. L'ultimo caso è avvenuto a Chicago dove un ufficiale di polizia che ha risposto a una chiamata per disturbi domestici ha sparato e ucciso un ragazzo di 19 anni e la sua vicina di 55, madre di un bambino di cinque anni.

Le forze dell'ordine sono intervenute a seguito della chiamata di un uomo che ha detto di ritenere suo figlio troppo agitato e di aver tentato di aprire la porta della sua stanza da letto nel cuore della notte. Un vicino ha anche detto che il ragazzo sarebbe stato armato con una mazza da baseball. Janet Cooksey, la madre del ragazzo ucciso ha chiesto provocatoriamente: "La polizia ci protegge o ci toglie la vita? Chi risponde a queste domande?" (Fonte Corriere.it), e ha ricordato come il figlio avesse dei disturbi mentali. Ora la polizia ha aperto la solita indagine sul caso per verificare se ci siano stati abusi o meno ma intanto i cittadini cominciano a essere stanchi di un paese dove si può venire uccisi per un nonnulla dalla polizia. Proprio pochi giorni fa a Detroit un altro afroamericano disarmato ricercato per furto era stato ucciso a colpi di pistola da un poliziotto a Dearborn. Anche in questo caso si sarebbe trattato di un uomo con problemi psichiatrici, segnalando con forza quindi il problema della violenza incontrollata dalla polizia. Sempre a Chicago nell'ottobre del 2014 un poliziotto bianco aveva crivellato con 16 colpi un giovane afroamericano di 17 anni scatenando rabbia e proteste in tutto il Paese.

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Cile. L'Università gratuita per i poveri diventa realtà

Michelle Bachelet
La presidente del Cile, Michelle Bachelet, ha firmato la legge che stabilisce la gratuità del sistema educativo a cominciare dal 2016. Finalmente un passo avanti verso l'abolizione del sistema educativo ereditato da Pinochet.

La Camera e il Senato hanno approvato la legge che stabilisce la gratuità del sistema educativo a partire dal 2016, un risultato storico che sancisce finalmente una netta cesura con il sistema educativo ereditato dalla dittatura di Augusto Pinochet. A causa del dittatore cileno le università pubbliche sono state costrette ad autofinanziarsi e gli studenti a pagare migliaia di dollari all'anno in tasse. Tutti gli studenti entro il 2020 quindi grazie alla presidente Bachelet potranno accedere gratis alle università, un provvedimento che riguarderà inizialmente quasi 200.000 cittadini cileni tra i più poveri. In realtà gli studenti che si mobilitano da anni contro il sistema educativo cileno avrebbero voluto qualcosa di più come una vera riforma del sistema educativo ma se non altro il provvedimento della Bachelet rappresenta pur sempre un passo avanti. Entro i prossimi mesi il governo ha assicurato che verranno erogate 140.000 borse di studio dai 1000 ai 1200 dollari e tale riforma rientra nell'ottica della riforma educativa che era stata promessa in fase di campagna elettorale da Bachelet ai movimenti popolari che lo avevano appoggiato. Insomma in Cile finalmente si assiste a qualcosa di concreto dopo tante promesse non mantenute e dopo tante proteste da parte degli studenti che sin qui però non avevano mai portato a niente di concreto ma solo a vuote promesse.

2 + 2 = 4

Italia. La crisi colpisce più gli stranieri

construction workers
A dispetto dei proclami di ripresa la situazione dell'economia reale in Italia è ancora drammatica. Dati alla mano dell'Istat dal 2008 al 2014 il tasso di occupazione degli stranieri avrebbe subito una contrazione del 6,3% contro il -3,3% degli italiani.

La crisi colpisce duro soprattutto gli stranieri e non solo gli italiani come una certa vulgata populista vorrebbe suggerire. Nel secondo trimestre nel 2014 secondo i dati Istati gli stranieri occupati in Italia sarebbero stati l'8,6% della popolazione residente tra i 15 e i 74 anni. Per circa il 57% degli stranieri il motivo della migrazione in Italia è la ricerca di un lavoro, ma ultimamente trovare un impiego nel Bel Paese è divenuto quasi impossibile. Dal 2008 al 2014 infatti secondo l'Istat il tasso di occupazione degli stranieri avrebbe subito una contrazione di 6,3 punti percentuali, ovvero una contrazione molto più marcata rispetto al calo degli italiani di circa 3 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione degli stranieri inoltre è quasi raddoppiato rispetto a solo sei anni prima (+7,1 punti rispetto a +5,2 per gli italiani dalla nascita). Non solo, a essere determinante nell'inserimento degli stranieri nel tessuto lavorativo italiano è la discriminazione in quanto secondo il 36,2% degli stranieri il fatto di non essere di nascita italiana rappresenterebbe un ostacolo per trovare un lavoro. La comunità straniera più dinamica comunque sembra essere quella cinese che si è mostrata anche più ricettiva dal punto di vista imprenditoriale, al punto che in molti casi sono i cinesi a dare lavoro agli italiani. Circa il 45,4% dei cinesi occupati ha infatti intrapreso una attività autonoma. Insomma la crisi economica ha colpito anche e soprattutto gli stranieri e non solo gli italiani come in molti vorrebbero far credere.

Fonte: Istat

Che Guevara

Ucraina, agricoltori occupano strade per protestare contro riforma fisco e austerity

agricoltori ucraini protestano contro riforma fisco
© AFP 2015/ Anatolii Stepanov
Circa un migliaio di persone nella regione di Khmelnytsky hanno aderito allo sciopero ad oltranza contro la riforma fiscale organizzato dai rappresentanti del settore agricolo.

Oltre mille agricoltori della regione ucraina di Khmelnitsky hanno organizzato una manifestazione contro la riforma fiscale adottata dal Parlamento giovedì scorso, riporta il sito "Radio Ukraine International".

In precedenza una manifestazione degli agricoltori contro le modifiche al sistema fiscale si era svolta presso il Parlamento. Allora alcune centinaia di lavoratori del settore si erano radunati sotto le bandiere delle organizzazioni sindacali agrarie e del Partito Agrario.

"Nella regione di Khmelnytsky oggi più di mille agricoltori hanno bloccato le strade per protestare contro la riforma fiscale. Hanno aderito allo sciopero ad oltranza in tutto il Paese organizzato dai rappresentanti del settore agricolo", — si legge nel testo della notizia.

Secondo la notizia, gli agricoltori chiedono che il presidente Petr Poroshenko si avvalga del diritto di veto e non firmi il disegno di legge sulle modifiche al Fisco, in particolare quelle relative alle "accise e imposta sul valore aggiunto dei prodotti agricoli."

Il governo ucraino aveva precedentemente elaborato la finanziaria per l'anno successivo in base ad una nuova riforma fiscale, che mira a far emergere l'economia sommersa tramite un'ottimizzazione delle aliquote fiscali. Tuttavia molti rappresentanti della maggioranza e delle imprese si sono espressi contro la riforma fiscale del governo. Alla fine i deputati hanno deciso di lasciare ancora per 1 anno il vecchio sistema fiscale, mentre l'anno successivo inizieranno ad introdurre gradualmente la nuova riforma, che entrerà in vigore pienamente nel 2017.

In precedenza il Fondo Monetario Internazionale, il principale creditore straniero dell'Ucraina, aveva preteso da Kiev per continuare il programma di aiuti economici di adottare una riforma fiscale come base per la finanziaria del 2016, conformemente agli impegni nell'ambito del programma di prestiti.