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In meno di un mese il presidente russo, Vladimir Putin è riuscito a recuperare lo svantaggio che la Russia aveva accumulato nel 2014, dopo la secessione della Crimea, l'esplosione della ribellione separatista filo-russa nell'Ucraina Orientale e la proclamazione unilaterale di due repubbliche popolari nel Donbass. Un contesto che aveva reso furibondi le "eccellenze" della Casa Bianca, estremamente preoccupate con un possibile "ritorno imperiale" della Russia nello scacchiere internazionale.
Per questo motivo e dopo aver scoperto che le sanzioni contro i luogotenenti di Putin non avevano prodotto alcun effetto,
gli USA fecero scattare la prima ritorsione geo-strategica siglando un accordo "in off" con l'Arabia Saudita e i paesi del Golfo (Kuwait, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Oman), per aumentare la produzione del petrolio e del gas, oltre i parametri fissati dall'OPEP. Un accordo che immediatamente provocò un consistente ribasso del prezzo del barile di petrolio.
Accortisi che il mercato aveva reagito positivamente e che l'abbassamento del prezzo del barile stava mettendo in ginocchio l'economia del Venezuela bolivariano, oltre ad avere fermato la politica d'investimenti che la Russia pretendeva realizzare nell'ambito dei progetti formulati dai BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), le "eccellenze" della Casa Bianca
hanno tentato il colpo grosso provocando una successiva svalutazione del prezzo del petrolio, permettendo all'Iran di tornare a esportare liberamente il suo petrolio e il gas. Infatti, nel gennaio del 2016, con la rimessa in produzione di tutti i pozzi di petrolio e di gas iraniani, che erano stati chiusi a causa delle sanzioni economiche, il mercato sarà oggettivamente saturo. Quindi, il prezzo del barile di petrolio potrebbe scendere fino a 20US$, provocando nuovi disastri nell'economia venezuelana ma anche in quella russa!
Inseguendo questa prospettiva, gli analisti economici della CIA, hanno garantito alla Casa Bianca che con il prezzo del barile di petrolio, sempre più stracciato, la Russia e soprattutto il Venezuela, andrebbero incontro a una profonda recessione con conseguenze tragiche per la credibilità dei due governi.
Previsioni che facevano nuovamente sorridere il presidente degli USA, Barak Obama, dopo i rimbrotti, poco fraterni, della candidata Hillary Clinton e quelli ancor più meno gentili del primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu e del sovrano saudita, Salman. Infatti, il sionista Netanyahu, all'unisono con il saudita Salman, aveva criticato duramente Barak Obama per aver concesso all'Iran il permesso di costruire la centrale nucleare. Più accesi, invece i toni nel Partito Democratico dove il clan dei Clinton ha accusato Barak Obama di non aver appoggiato la campagna di Hillary, oltre a "...dividere il Partito Democratico con delle strane trovate geo-politiche...".
Commenta: E questo dovrebbe essere il primo ministro aperto al dialogo e sempre pronto a mediare sul conflitto israelo-palestinese, che incontra continuamente - a questo punto è ovvio che si prenda anche molte pause - portavoce da tutto il mondo per trovare la soluzione dei due stati? Nonostante tutto, non sembra essersi mossa una foglia. Tutti sanno cosa vuole Netanyahu, a parte i media ed i pezzi da novanta della politica internazionale, che fingono ancora di non averlo capito, o che per qualche motivo sono costretti a far orecchie da mercante: trovare la famigerata 'soluzione' quando il secondo stato sarà completamente inglobato a suon di abusi territoriali e frotte di insediamenti di coloni che spuntano come funghi dopo giorni di pesante pioggia.