Nel Centro Mondiale Commerciale, dal 1967 al 1970, sedette Gershon Peres.
Questo 22 novembre 2017, nell'anno del centenario della nascita di JFK e nel giorno dell'anniversario della sua morte, l'AntiDiplomatico è in grado di pubblicare uno scoop di portata storica di Michele Metta, già autore di diverse rivelazioni per la nostra testata sul Centro Mondiale Commerciale.
A.B.
di Michele Metta Avvertenza: questo mio articolo sarà, per me, il più difficile. Sarà anche il più importante. È, prima di tutto, il mio omaggio al centenario della nascita di John Fitzgerald Kennedy, e all'anniversario del suo assassinio. Conterrà, talora, accenti personali. Ciò, in nessun modo significa che mancherà d'obiettività. Tutt'altro. Prego, come mai prima, di leggerlo fino in fondo. Bene, partiamo. Non ho mai dubitato che un giorno avrei narrato anche quanto sto per dire. Cercavo solo il canale giusto, e credo d'averlo trovato: ne L'Antidiplomatico che - sappiatelo - di quel che scrivo non ha mai censurato né un punto né una virgola.
A leggere il titolo, immagino sobbalzare chi ha seguito le precedenti puntate della mia inchiesta sul CMC. Puntate che hanno, ogni volta, discusso circa la presenza, in tale struttura, di nomi di chiarissima connotazione fascista. Chiamare adesso in causa Israele, potrebbe sembrare una contraddizione. Rispondo che - e sottolineo purtroppo - non lo è. E, prima d'arrivare all'enorme rivelazione sul CMC che sto per fare, mi spiego tramite un esempio concreto.
LEGGI: GRAZIE A DOCUMENTI CIA, NUOVA LUCE SUL GOLPE BORGHESE E SUL FILO TRA ASSASSINIO KENNEDY E STRATEGIA DELLA TENSIONEÈ un esempio tratto da un altro argomento che conosco assai bene: la Storia del Cile, un Paese che - questa volta, non è una frase fatta - tutti, almeno una volta, dovrebbero visitare. Quando lì, attraverso colpo di Stato appoggiato in pieno dagli USA, giunse al potere Pinochet, fu sequestrata, durante una delle terribili azioni repressive della DINA, l'Organo di tortura di regime, una ragazza. Aveva soli 23 anni, si chiamava Diana Frida Arón Svigilsky, ed era di famiglia ebraica. Una ragazza davvero molto bella. A descriverla, alla bocca sale il linguaggio della poesia: il volto cosparso dalla primavera d'un convegno di lentiggini; la chioma percorsa d'ossidiana; la statura svettante come lo slanciarsi d'un inno; l'andatura con qualcosa dell'aereo procedere dei sogni. E, come suo padre Elias, di mestiere giornalista. Una giornalista dalla parte d'Allende, il legittimo Presidente del Cile da Pinochet diroccato. Perché Diana, per la sensibilità tutta speciale che, tra i suoi amici, le aveva regalato la scherzosa definizione d'Aliviol, la più nota marca cilena d'antidolorifici, il proprio dovere, malgrado la propria profonda agiatezza economica, l'aveva avuto chiaro fin da subito: schierarsi con quel socialista la cui priorità di governo era che i poveri potessero smettere d'esser poveri.
Ecco come mai la DINA, il 18 novembre 1974, tesale un'imboscata in cui, pur di catturarla, le avevano persino sparato, l'aveva condotta con la forza a Villa Grimaldi, il principale tra i centri di detenzione della dittatura. Centro dove Diana, come poi raccontato da testimoni, aveva subìto le torture di Miguel Krassnoff Martechenko, famigerato aguzzino. Torture impartite incurante del fatto che Diana, appunto per le ferite da proiettile al momento del sequestro, si stesse già copiosamente dissanguando. Torture impartite irridendone lurido - attenzione - la religione di Diana; gridandole un agghiacciante infame: "
Non solo giudia, zoccola di tua madre! No! Anche comunista!". Torture impartite non ostante Diana fosse al terzo mese e mezzo di gravidanza. Torture impartite fino a sfasciarle il cuore.
Commenta: Purtroppo, ancora per molto, avremo in mano solo dei riassunti e dei commenti sulle informazioni lasciate da Arafat nei suoi scritti. Evidentemente sono scritti che scottano e politicamente pericolosi: fanno paura?