Maestri BurattinaiS


Blackbox

Aperta scatola nera del bombardiere russo abbattuto in Siria da caccia turco

scatola nera dell bombardiere russo abbattuto dallaTurchia
© Sputnik. Anton Denisov
La Russia ha tutte le prove necessarie che dimostrano che il bombardiere russo Su-24 non ha violato lo spazio aereo turco, ha dichiarato oggi il vice comandante dell'Aviazione russa Sergey Dronov.

"Al momento abbiamo tutte le prove basilari e necessarie che confermano l'assenza di violazioni dello spazio aereo della Turchia da parte del velivolo russo", — ha detto Dronov in una conferenza stampa al ministero della Difesa russo.

Secondo Dronov, "il bombardiere russo Su-24 in ogni caso non costituiva un pericolo per la Turchia e i suoi cittadini."

Ha inoltre sottolineato che la Russia ha presentato i dati sulla situazione nei cieli nella zona dell'attacco del caccia turco F-16 contro il bombardiere russo Su-24 e finora la ricostruzione non è stata confutata da nessun Paese, compresa la Turchia.

Sabato 19 dicembre inizierà l'analisi e l'elaborazione dei dati dei registratori di volo. Secondo il ministero della Difesa, la Russia ha invitato a partecipare alla decodifica dei dati della "scatola nera" dell'aereo abbattuto dall'Aviazione turca gli esperti di 14 Paesi, ma hanno risposto affermativamente solo i rappresentanti di Cina, Regno Unito e Stati Uniti.

I dati decodificati saranno resi pubblici il 21 dicembre. L'apertura del registratore di volo è avvenuta oggi davanti ai giornalisti. Ogni fase dell'estrazione e della lettura dei dati del dispositivo viene registrata da videocamere e fotografata.


Eagle

Washington sta spingendo il mondo verso l'Armageddon. Paul Craig Roberts

statue of liberty
di Paul Craig Roberts

Una delle lezioni della storia militare è che una volta che la mobilitazione bellica ha avuto inizio assume una dinamica propria ed incontrollabile, scrive Paul Craig Roberts sul suo sito. Questo potrebbe essere proprio quello che si sta verificando sotto i nostri occhi.

Nel suo discorso del 28 settembre per il settantesimo anniversario delle Nazioni Unite, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che la Russia non può più tollerare l'attuale situazione nel mondo. Due giorni dopo, su invito del governo siriano, la Russia ha iniziato la [sua] guerra contro l'ISIS.

La Russia ha avuto rapidamente fortuna nel distruggere i depositi d'armi dell'ISIS e nell'aiutare l'esercito siriano a disfarne i successi. La Russia ha distrutto anche migliaia di autobotti, il contenuto delle quali stava finanziando l'ISIS trasportando in Turchia il petrolio siriano rubato, dove viene venduto dalla famiglia dell'attuale presidente Erddogan.

Washington è stata colta di sorpresa dalla fermezza della Russia. Temendo che il rapido successo di tale decisiva azione russa avrebbe scoraggiato i vassalli NATO di Washington dal continuare a sostenere la sua guerra contro Assad e dall'usare il suo governo fantoccio a Kiev per tenere sotto pressione la Russia, Washington ha organizzato con la Turchia l'abbattimento di un cacciabombardiere russo, nonostante l'accordo tra Russia e NATO che non ci sarebbero stati incontri aria-aria nella zona delle operazioni aeree russe in Siria.

Anche se nega ogni responsabilità, Washington ha usato la bassa intensità della risposta Russia all'attacco, per il quale la Turchia non si è scusata, per rassicurare l'Europa che la Russia è una tigre di carta. I presstitute occidentali hanno strombazzato: La Russia è una tigre di carta.

La bassa intensità nella risposta del governo russo alla provocazione è stata usata da Washington per rassicurare l'Europa che non vi è alcun rischio nel continuare la pressione sulla Russia in Medio Oriente, Ucraina, Georgia, Montenegro ed altrove. L'attacco di Washington ai soldati di Assad viene utilizzato per rafforzare la convinzione che si sta inculcato nei governi europei che il comportamento responsabile della Russia per evitare la guerra è [invece] un segno di paura e di debolezza.

Non è chiaro fino a che punto i governi russo e cinese capiscano che le loro politiche indipendenti, ribadite dai presidenti di Russia e Cina il 28 settembre, siano considerate da Washington come "minacce esistenziali" per l'egemonia statunitense. La base della politica estera degli Stati Uniti è l'impegno ad evitare il sorgere di poteri in grado di condizionare l'azione unilaterale di Washington. La capacità di Russia e Cina di fare proprio questo li rende entrambi un obbiettivo.

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Se governassero i "ribelli moderati" sostenuti dall'occidente, la Siria sarebbe così

ISIS militants
Fulvio Scaglione: "Pensiamoci bene, prima di decidere a tavolino che cosa è bene o male per milioni di persone, in Siria come in Iraq o in Libia"

Come sarebbe la Siria se a prevalere dovessero essere i "ribelli moderati" che sono il punto di riferimento in Siria della cosiddetta coalizione internazionale a guida Stati Uniti, finanziati, supportati e armati dall'occidente e perlopiù finiti nelle file dell'Al-Qaeda locale se non proprio in quelle dell'Isis?

In pochi si fanno questa domanda nel circo mediatico di quel mondo che si crede libero. Questa foto ci anticipa molto e vi fornisce una risposta chiara:

Afganistan Siria prima e dopo l'intervento militare dell'Occidente
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A testimonianza di questo Fulvio Scaglione sul suo blog su Famiglia Cristiana scrive di Ahmoud Mohamed al-Mousa, giornalista assassinato da un gruppo di uomini mascherati a Idlib, feudo dei cosiddetti "ribelli moderati" della Siria.

E scrive:
L'hanno ammazzato perché raccontava quello che succede nelle aree occupata dai jihadisti, così come avevano ammazzato altri tre suoi compagni nei mesi scorsi. Al-Mousa, infatti, faceva parte di un gruppo di giornalisti identificati dall'acronimo RBSS (che sta per Raqqa is Being Slaughtered Silently, ovvero: Raqqa viene massacrata silenziosamente), che opera appunto nelle zone occupate dall'Isis e compagnia.

Eroi veri, colleghi a cui noi dobbiamo quel residuo di credibilità e prestigio che ancora si riconosce a questa professione. Il loro sito fornisce informazione puntuali e credibili sulla situazione e lo fa grazie a persone che, come Al-Mousa, rischiano la vita ogni giorno. I dati relativi al Nord della Siria e all'area di Mosul, in Iraq, sono terrificanti: in un anno e mezzo, l'ultimo, 50 giornalisti sono stati eliminati, altri sono dovuti scappare per salvarsi. L'identica sorte che tocca agli insegnanti e a tutte le categorie che possono essere anche solo sospettate di portare un pensiero diverso dal totalitarismo di Isis e compagni.

Pensiamoci bene, prima di decidere a tavolino che cosa è bene o male per milioni di persone, in Siria come in Iraq o in Libia. Molte volte il male minore è il meglio che c'è. A meno di non essere pronti a rispondere dei nostri errori, cosa che non pare la specialità dell'Occidente.
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Pensiamoci bene e lottiamo in tutti i modi affinché il futuro della Siria sia deciso dal popolo siriano e non da un governo di transizione fantoccio dell'occidente.

Better Earth

Il generale iraniano Qassem Soleimani si è recato a Mosca per riunirsi con Putin

General Solemani
Il comandante della Forza di "Al Quds", del Corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniana (CGRI), generale Qassem Soleimani, si è recato la scorsa settimana a Mosca per riunirsi con il prsidente russo, Vladimir Putin, ed alti ufficiali russi, ha indicato l'agenzia Fars News. "Il generale Soleimani è stato protagonista di un incontro al vertice con il presidente Vladimir Putin ed alti ufficiali dell'Esercito e delle forze di sicurezza russe, in una visita di tre giorni portata a termine la scorsa settimana con il fine di realizzare una verifica dgli accordi raggiunti nella riunione dello scorso mese di Novembre tra Putin e il leader supremo della Rivoluzione Islamica dell'Iran, l' "Ayatolá Sayyed Ali Jamenei", hanno indicato fonti bene informate alla Fars News".

Le stesse fonti hanno informato che il generale Soleimani ed anche il presidente Putin hanno discusso sugli ultimi avvenimenti in Siria, in Iraq, nello Yemen e nel Libano.

Secondo dette fonti, nel corso dell'incontro tra Putin ed i suoi generali di alto rango con il generale iraniano Soleimani, il presidente russo ha chiamato quest'ultimo "il mio amico Qassem". Pochi giorni dopo che la Russia aveva iniziato la sua campagna aerea contro i gruppi terroristi in Siria, vari media occidentali hanno affermato che il generale Soleimani aveva visitato Mosca per animare la Russia ad entrare nella guerra.

Il generale Soleimani aveva visitato Mosca il 24 di Luglio per riunirsi con il ministro della difesa russo, Serguei Shoigu e con il presidente Putin, avevano informato i media occidentali in Agosto.

Il riscatto del pilota russo dell'aereo Su-24 abbattuto dai caccia turchi sulla Siria, sembra certo che sia stato organizzato dal generale Soleimani, secondo diversi media.

Stock Down

L'Italia di Renzi è in guerra: stuprato l'art'11 della Costituzione per ragioni privatistiche

soldati italiani
La decisione del governo Renzi di inviare 450 soldati in Iraq sulla diga di Mossul è un atto di guerra in violazione brutale dell'articolo 11 della Costituzione, aggravato dalle ragioni privatistiche che lo motivano.

La società Trevi ha vinto l'appalto per la ristrutturazione della grande diga sull'Eufrate. E qui c'è già la prima menzogna della propaganda governativa, simile a quelle che si usano per giustificare le grandi opere in Italia. La diga infatti non è sull'orlo del crollo; tale affermazione, fatta per dare più valore morale all'invio di truppe, è stata smentita dallo stesso direttore dell'impianto che ha dichiarato che l'impianto opera in assoluta normalità. L'investimento di miliardi di euro serve ad un potenziamento dell'opera e la vittoria all'asta dell'azienda di Cesena fa parte della normale giostra dei grandi affari. All'interno dei quali rientrano anche le spese sulla sicurezza.

Sappiamo infatti che da tempo in Iraq, in tutto il Medio Oriente e in Afghanistan una delle attività più diffuse e ben remunerate è quella dei "contractors". Con questo termine si definisce l'evoluzione tecnologica ed organizzativa dei vecchi mercenari del secolo scorso. In questi paesi in guerra permanente i governi occidentali a partire dagli USA , che quella guerra hanno scatenato 25 anni fa, hanno scoperto di non avere truppe sufficienti a coprire tutti i punti di intervento. Così una parte delle attività militari e di sicurezza è stata privatizzata e affidata a multinazionali della sicurezza che impiegano decine di migliaia di persone e realizzano profitti miliardari. Ora Trevi potrà risparmiare per quella quota di spese, cosa che forse ha influito anche nel suo successo nel conseguire l'appalto, visto che esse saranno a carico dello stato italiano che invierà le proprie truppe con la funzione di contractors.

War Whore

L'Arabia Saudita ha appena spianato la strada per l'invasione della Siria e l'Iraq?

Arabia Saudita
Mentre il pubblico occidentale non ha ancora preso confidenza con il fatto che i più stretti alleati di Washington in Medio Oriente stanno finanziando, armando e consentendo agli estremisti sunniti (compreso l'ISIS) di lottare per il controllo della Siria e lavorare per destabilizzare l'Iraq, il massacro di San Bernardino è riuscito a richiamare l'attenzione dei più sul ruolo dell'Arabia Saudita nel promuovere l'estremismo.

Il fatto che Tashfeen Malik ha trascorso 25 anni in Arabia Saudita vivendo con un padre che, secondo i membri della famiglia che hanno parlato con Reuters, ha adottato una ideologia sempre più intransigente col passare del tempo, sottolinea il fatto che il sistema di credenze promosso dai sauditi è velenoso. Questo non è una critica dell'Islam. Si tratta di una critica del wahabismo e l'effetto che ha sulle menti di coloro che sono plagiati dalla cultura saudita.

Come scrive Charles Kenny per Politico, "per anni dall'11 settembre, Stati Uniti e funzionari occidentali hanno volutamente ignorato tutto questo sostegno ideologico dell'estremismo: il petrolio saudita era semplicemente troppo importante per l'economia globale, anche se molti di questi petrodollari sauditi sono stati spesi per promuovere la repressione interna e la crescita del fondamentalismo salafita all'estero. Lo Stato Islamico è un cugino ideologico dell'estremismo wahabita promosso dall'Arabia Saudita. Il paese ha speso più di 10 miliardi di dollari per promuoverlo in tutto il mondo attraverso organizzazioni caritative, come l'Assemblea Mondiale della Gioventù musulmana. Il paese continuerà ad esportare l'estremismo fintanto che praticherà le stesse politiche a casa".

E ancora dal New York Times, "Daesh nero, Daesh bianco. Il primo taglia gole, uccide, lapida, taglia le mani, distrugge il patrimonio comune dell'umanità e disprezza l'archeologia, le donne e i non musulmani. Il secondo è meglio vestito e più ordinato, ma fa le stesse cose. Lo Stato islamico; l'Arabia Saudita. Nella sua lotta contro il terrorismo, l'Occidente fa la guerra contro l'uno ma stringe la mano all'altro. Questo è un meccanismo di negazione, e la negazione ha un prezzo: preservare la famosa alleanza strategica con l' Arabia Saudita con il rischio di dimenticare che il regno si basa anche su un'alleanza con un clero religioso che produce, legittima, diffonde, predica e difende il Wahhabismo, la forma ultra-puritana dell'Islam di cui si nutre Daesh"

Stock Down

Il governo ucraino nel caos: Yatsenyuk ha i giorni contati

Yats
Raccontano che l'altra sera, durante una riunione del Consiglio nazionale delle Riforme, proprio davanti al presidente Poroshenko in persona, ad un certo punto sia scoppiata una lite furibonda tra Arsen Avakov, ministro dell'Interno di Kiev, e Mikheil Saakashvili, ex presidente georgiano e attuale governatore della regione di Odessa. "Via dal mio paese!", ha gridato Avakov a Saakashvili, lanciandogli successivamente un bicchiere d'acqua, peraltro pieno fino all'orlo, diretto addosso. La scena surreale è stata immortala da un video postato stamani sulla pagina Facebook di Avakov e testimonia il nervosismo che si respira in queste ore nei palazzi del potere di Kiev.

La discussione è nata da un'accusa lanciata da Avakov secondo il quale l'ex presidente georgiano è in contatto con un oligarca russo per la privatizzazione di un importante impianto chimico a Odessa. E' a quel punto che Saakashvili ha contrattaccato, affermando che Avakov finanzia gruppi paramilitari illegali. Così la situazione è degenerata, sfociando in una rissa che ha costretto un Poroshenko sbigottito a chiudere la seduta.

Per il presidente ucraino i prossimi sette giorni saranno cruciali. Sul tavolo non c'è solo la questione legata al debito di tre miliardi nei confronti della Russia, che Kiev non pare intenzionata a restituire, andando incontro al default (si saprà tutto il 20 dicembre), ma pure la questione di un cambio della guardia al governo del paese. Oggi una nota congiunta firmata proprio da Poroshenko, Yatsenyuk e Groisman (lo speaker della Rada) ha smentito tale ipotesi, anche se molti fattori fanno pensare che il leader del Fronte Popolare ha i giorni contati.

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Spiegel Online: Ecco come Daesh riesce ad ottenere l'accesso a internet

satellite antena
Il quotidiano tedesco Spiegel Online ha pubblicato un'inchiesta su come Daesh e altri gruppi islamisti armati riescano a utilizzare internet pur operando in aree come in Siria e in Iraq dove le infrastrutture legate alle telecomunicazioni sono state distrutte. Secondo l'inchiesta sarebbe la Turchia a fornire le reti satellitari assieme ad alcune aziende europee.

Gran parte dell'efficacia dello Stato Islamico e della sua propaganda deriva quasi integralmente dall'utilizzo pervasivo ed efficace di internet. Daesh infatti utilizza in modo molto efficiente il web per fare reclutamento attivo in tutto il mondo e ottenere finanziamenti, ma anche per documentare sul campo le proprie azioni militari. Spiegel si è giustamente chiesto come facciano i guerriglieri dell'Isis a utilizzare internet operando in zone dove le infrastrutture legate alle telecomunicazioni sono state largamente distrutte, e la risposta che da a questa domanda dovrebbe far riflettere in quanto gli analisti tedeschi indicano anche in compagnie di telecomunicazioni europee i responsabili che danno accesso ai terroristi alla rete web. Rimane poco chiaro in che modo questo avvenga ma Spiegel Online ha dichiarato di aver ottenuto dei documenti che mostrano come le compagnie interessate potrebbero, se solo lo volessero, tagliare fuori dall'oggi al domani la rete internet a tutti i membri dello Stato Islamico. Questo evidentemente non accade in quanto manca la reale volontà politica di farlo. Secondo l'articolo tutti coloro che hanno bisogno di collegarsi a internet in Siria e Iraq possono recarsi nella provincia di Hatay, un angolo di Turchia tra il confine siriano e il Mar Mediterraneo. Qui, nella città di Antakya, è possibile acquistare tutto il necessario per collegarsi alla rete. Sarebbero infatti stati installati migliaia di sistemi per garantire agli utenti di collegarsi a internet utilizzando il satellite, non a caso il settore dell'Internet satellitare ha fatto affari d'oro negli ultimi anni. Per collegarsi al satellite basta avere a disposizione un disco con trasmissione e ricezione, un antenna e un modem, poi si potrà navigare a grande velocità (22 Megabits al secondo). Per acquistare un kit di connessione bastano 500 dollari e molti li utilizzano per non rimanere isolati dal mondo in zone di guerra.

Jet4

Yemen: i ribelli Houthi hanno distrutto il quartier generale della coalizione filo-saudita

missile lunch
Nella giornata di domenica un missile di fabbricazione russa OTR-21 'Tochka' (SS-21 in parlance 'atlantica') lanciato dalle forze armate yemenite che si sono dichiarate per la Rivoluzione dei Comitati Popolari e contro l'ex-presidente fuggiasco Mansour Hadi -riportato ad Aden dalle baionette delle tirannie petrolifere del Golfo Persico- ha completamente distrutto il Quartier Generale degli invasori situato nell'area di Bab el Mandeb (Provincia di Taizz) eliminando un numero di uomini variabile tra i 146 e i 150, 2 batterie di missili intercettori 'Patriot', 3 elicotteri Hughes AH-64 e un parco di veicoli pari a circa 50 unità.

Tra le vittime dell'attacco balistico si contano anche il Colonnello Abdullah al-Sahayan, capo delle Forze Speciali saudite, e il suo collega emiratino Sultan al-Kitbi, ma anche 42 mercenari ('contractor' in neolingua imperialista) dell'infame compagnia un tempo nota come Blackwater e responsabile di numerosi crimini in Irak e Afghanistan.

La massiccia presenza di mercenari stranieri non deve sorprendere visto che gli stessi ranghi degli eserciti 'regolari' di Arabia Saudita, UAE, Bahrein, Qatar e altri simili potentati sono pieni zeppi di Somali, Sudanesi, Marocchini, Pachistani e altri disperati disposti "per piccol prezzo" (come avrebbe detto Machiavelli) a esercitare il mestiere delle armi sotto la bandiera dei 're fannulloni' del petrolio.

Ma, visti i tragici (o tragicomici, a seconda dei punti di vista) risultati dell'aggressione (a cui é seguita l'invasione) dello Yemen da parte delle forze del GCC, ormai l'Ex-Arabia Felix é percorsa da bande di professionisti della guerra con passaporti colombiani, inglesi, australiani e di numerose altre nazionalità.

Per oltre trent'anni, fin dai tempi della guerra Iran-Irak, i sovrani dell'Arabia Saudita, del Kuwait e degli altri emirati sunniti del Golfo hanno gettato miliardi e miliardi di petrodollari nelle tasche dei mercanti d'armi americani ed europei pensando che fosse possibile a suon di contratti multimilionari "comprarsi" delle forze armate efficienti.

Megaphone

Il Meglio del Web: "La Causa": Resistenze mediorientali contro il «caos creativo» di chi vuole un "grande Medioriente ogm, con la frantumazione di Iraq, Siria, Iran"

La Causa
Sabato a Roma convegno con relatori da Libano, Palestina, Bahrein, Siria. "Il terrorismo di Daesh/Isis, prodotto dell’imperialismo statunitense ed europeo. Davanti alla tragedia in Yemen, una parte del mondo, comprata dai petrodollari sauditi, ha chiuso gli occhi e si è mangiato la lingua »
di Marinella Correggia

«Nel silenzio del mondo e con la complicità dei paesi potenti, lo Yemen subisce da nove mesi un'aggressione guidata dalla monarchia wahabita, con intensi bombardamenti e un blocco navale, aereo e terrestre. La falsa paura dell'Iran è una scusa per uccidere la popolazione e distruggere le nostre infrastrutture...Chiediamo alle persone vive di aiutarci a fermare subito l'aggressione e l'assedio perpetrato da sauditi e alleati; e di cooperare affinché le parti politiche yemenite si trovino a un tavolo di dialogo senza ingerenze esterne»: per mancanza di visto da parte dell'Italia, due politici yemeniti dell'Alto Comitato rivoluzionario preso di mira dall'Arabia saudita hanno potuto mandare solo un messaggio scritto al convegno La causa - Il Medioriente fra resistenza alla guerra imperialista, caos e migrazioni, organizzato a Roma il 12 dicembre dall'associazione Amici del Libano in Italia e da diversi gruppi di movimento italiani, con relatori da Libano, Palestina, Bahrein, Siria. Il messaggio degli yemeniti Sameer al Abdaly e Tawfiq Ameen Almairi precisava anche: «I paesi arabi sono entrati in una sorta di caos creativo che ha l'obiettivo di smembrare l'area in staterelli etnici e oltranzisti, secondo i piani messi in atto da Daesh e al Qaeda che sono il contrario dell'islam. E davanti a questa tragedia, una parte del mondo, comprata dai petrodollari sauditi, ha chiuso gli occhi e si è mangiato la lingua».

Partendo dalla «bussola», la «causa madre», la causa palestinese, gli interventi degli ospiti hanno analizzato e condannato , come si legge anche nel comunicato finale, «il terrorismo di Daesh/Isis, prodotto dell'imperialismo statunitense ed europeo» e il parallelo «processo neocoloniale che viene messo in campo violentemente in Medioriente», invitando tutti a schierarsi «contro la guerra imperialista contro la Siria; contro il regime di apartheid israeliano e per il sostegno alla campagna Bds; per il sostegno alla lotta del popolo palestinese contro il colonialismo di insediamento sionista nella Palestina storica e la giudeizzazione di Gerusalemme, e per la riaffermazione piena del diritto al ritorno; per il sostegno alle forze di resistenza che combattono il sionismo e i terroristi di Daesh/Isis in Libano, Siria ed Iraq; per il sostegno alla pacifica opposizione del popolo del Bahrein; contro l'ingerenza straniera nello Yemen, per fermare il massacro quotidiano del popolo yemenita e l'aggressione al suo territorio da parte della coalizione saudita con l'appoggio logistico statunitense e sionista».

Nella sua introduzione, Hassane Hassi dell'associazione Amici del Libano in Italia ha richiamato la destabilizzazione in atto da tempo in tutta l'area a opera di forze esterne e dei loro alleati interni, in particolare le petro-monarchie del Golfo. In questi tempi di «califfato», mentre si sa bene «chi ha reclutato, chi ha fatto entrare, chi ha armato i terroristi, chi li paga», è più che mai attuale il piano «di un Grande Medioriente ogm, con la frantumazione di Iraq, Siria, Iran, Stati recalcitranti». Quanto alla Repubblica araba siriana, è un «baluardo contro l'entità sionista...se crolla la Siria, dimentichiamoci anche la Palestina».